Il Giornale. Sebastien Frey lascia il calcio a 35 anni. L’ex portiere dichiara: “Sono cresciuto come uomo e come calciatore ma ora smetto. Porterò con me ogni squadra in cui ho giocato”.

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Sebastien Frey

Vanni Zagnoli

Teoricamente avrebbe potuto battere ogni record di longevità, come Buffon, invece Sebastien Frey lascia il calcio. A 35 anni e con 594 partite giocate. “E’ arrivato il momento di dirvi grazie – annuncia su instagram il portiere francese -, sono cresciuto come uomo e come calciatore, porterò nel cuore ogni squadra in cui ho giocato”.

Sette, di tre nazioni: Francia, Italia e Turchia. Da ragazzino faceva l’attaccante, nonostante fossero portieri anche il nonno Andrè, ex nazionale, e il padre Raymond.

Seba si rivelò nel Cannes, a 18 anni, e all’Inter arrivò nel ’98, su segnalazione di Walter Zenga. Giocò 7 partite di campionato e poi andò in prestito al Verona di Prandelli, per un campionato eccellente, chiuso al 9° posto, miglior piazzamento gialloblù dall’87. Tornò all’Inter, dove Lippi si fece da parte dopo la prima giornata, arrivò Tardelli e perse quel famoso derby con il Milan per 6-0. Frey mostrava già esplosività fra i pali, Cuper però gli preferì Toldo, complessivamente non superiore. E allora Frey trovò la consacrazione in provincia, al Parma, dove vinse l’ultimo degli 8 trofei crociati, la coppa Italia del 2002, con Gedeone Carmignani in panchina, ex portiere. Due anni con Prandelli, che poi se lo portò alla Fiorentina, di cui è stato baluardo per 6 stagioni. Toccò il diapason nell’ottavo di finale di Champions league con il Bayern di Monaco, con le malefatte dell’arbitro norvegese Ovrebo a penalizzare i viola. Nel 2011 il passaggio al Genoa, per un biennio a livelli inferiori, le ultime due stagioni sono state in Turchia, al Bursaspor.

Frey avrebbe meritato di essere titolare anche nella Francia, invece disputò una sola grande manifestazione, gli Europei del 2008, e da riserva. Persino in under 21 venne sacrificato, forse penalizzato dall’essere espatriato appena maggiorenne. Si consolò con le automobili, una Ferrari Enzo a tiratura limitata e una Mini personalizzata, mentre alla moglie Roberta regalò una Cadillac rosa, decisamente kitsch. Seba ostentava spesso quei capelli biondo ossigenati e sparati e in base allo stereotipo che i portieri sono tutti un po’ pazzi voleva comprarsi una tigre: “Ma poi ho rinunciato». Trovò allora la sua dimensione nella religione, il buddismo, abbracciato grazie a Roberto Baggio: significativa la dedica della sua autobiografia, a Manuela Prandelli, la moglie dell’ex ct, scomparsa nel 2007. Resterà nella storia come il terzo straniero con più presenze in serie A (446), dopo Javier Zanetti (Inter) e Altafini (Milan, Napoli e Juve). Ora seguirà più da vicino il fratello minore Nicholas, difensore e capitano del Chievo.

 

 

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