Enordest.it. La Juventus paga (giustamente). Ma il calcio va pulito

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Vanni Zagnoli

E’ successo di nuovo, il processo alla Juve, l’ennesimo, e stavolta non dovrebbe finire come pochi mesi fa, con il nulla di fatto.

Hanno un bel da parlare di ingiustizia Gianluca Ferrero, nuovo presidente, e l’ad Maurizio Scanavino, ex gruppo Gedi, dunque Repubblica, La Stampa e il Secolo xix, di Genova. Ci vuole coraggio a negare l’evidenza, a negare il dolo nelle plusvalenze gonfiate da Fabio Paratici, piasintein, come si dice in Emilia, concittadino dei fratelli Inzaghi, che nelle intercettazioni si vantava: “Scrivi 4 o scrivi 10 è uguale”.

La discesa dal carro dell’indagato ha toccato il culmine in questa settimana, Andrea Agnelli non avrà incarichi nelle aziende di famiglia, in 13 anni di presidenza ha portato 19 trofei, diversi però sono arrivati grazie ai trucchi contabili. Tipo Calisto Tanzi con la Parmalat e dunque il Parma e Sergio Cragnotti con la Cirio, ovvero la Lazio, solo che quelle società non ebbero penalizzazioni e neppure titoli levati a tavolino.

A Luciano Moggi era andata peggio, la Juve in serie B e penalizzata, all’inizio di 15 punti, il primo legale, Chiappero, a memoria, fu onesto: “Ci è andata bene, rischiavamo la serie C”.

Per me anche un avvocato dev’essere eticamente onesto, moggiopoli non è stata bella e Lucianone, mio amico personale, grazie a Libero, ha un bel da consegnare ad Agnelli una memoria difensiva per far riaprire calciopoli.

Io sono antijuventino sfegatato ma per Avvenire intervistai l’ex arbitro Paolo Bergamo e lo feci, in gergo, inginocchiato, ovvero dandogli credito, al punto che Gianfelice Facchetti si lamentò con Alberto Caprotti, capo dello sport per 20 anni: con il fratello Luca, il figlio di Giacinto è amico di Massimiliano Castellani, dal 2015 erede di Caprotti. Io gli avevo inviato la pagina con Bergamo, alter ego di Pairetto, che ha il figlio da anni arbitro in A.

Classe ’43, Bergamo scrisse un libro, senza rendersi conto che un passaggio evidenziava la sua disonestà intellettuale, ovvero scrisse a Gaetano Scirea per evidenziare che con lui a fischiare la Juventus otteneva più punti rispetto ad altri arbitraggi o squadre. Insomma, fu l’autoelogio della famosa sudditanza psicologica, che ha favorito la Juve e a scendere altre grandi, qualunquemente, direbbe il comico dauno, cioè foggiano, Antonio Albanese.

Io sono per gli indiani contro i cowboy, quindi eventualmente anche contro la nazionale se una cenerentola merita, come in parte la Nuova Zelanda, al mondiale in Sudafrica 2010.

Quindi, forse, quest’anno dopo 22 anni esulterò, poichè lo scudetto non dovrebbe finire a Torino o a Milano, come sempre.

Ce l’ho con tanti addetti stampa o comunque con tanti dirigenti che non mi fanno fare domande perchè le mie sono particolari, da grande testata, non da web, e nè in conferenza stampa nè nei dopo partita sono gradite.

La Juve mi impedisce di accedere alle conferenze stampa di vigilia o presentazione, mi dà la parola solo se la chiedo e dunque sono accreditato da altre società sportive, perchè Claudio Albanese, che ha firmato il comunicato stampa di difesa della Juventus, mi accusò di scorrettezza, pubblicando come interviste, ovvero domanda e risposta, virgolettato avuto collettivamente in mixed zone. Per Il Giornale, Libero, Il Gazzettino, magari altro. Dieci anni fa, chiamò proprio Mario Celi, capo dello sport de Il Giornale, perchè non mi facesse più scrivere di Juve: “Non fare finta esclusiva”.

Mica sono l’unico, caro capo di Luca Casazza, decisamente più umano.

E allora pubblicai interviste a Marchisio, a Verona, a Chiellini, a Cesena.

A Trieste, primo scudetto dell’èra Antonio Conte alla Juve, in campo neutro con il Cagliari, del Cagliari, all’ultima giornata. Arriva il barbuto Albanese: “Anche nella festa sarò attento. Niente esclusive fasulle”.

Fasulle saranno le plusvalenze, caro manager della comunicazione che guadagnerà non so quanti, fasulli alcuni trofei dell’èra Agnelli e anche di Moggi, a prescindere dei pronunciamenti del tribunale sportivo, della tribunale civile. Io rispondo alla mia coscienza e, fra l’altro, non pronunciavo domande critiche nè facevo video, all’epoca, era proprio il principio. “Noi siamo la Juve e decidiamo a chi concedere un’intervista, niente furbate”.

Insomma ero un po’ come Moggi e Agnelli, non Paratici, perchè Fabio, piacentino, amico di Fulvio Pea, come me, non è il diavolo, faceva perchè era imbeccato da Agnelli.

Per essere competitiva in Europa, la Juve aveva bisogno di questi sotterfugi. Certo, il Psg fa peggio, non rispetta il fairplay, però se non hai i soldi per comprare Ronaldo non lo prendi, idem, prima, Higuain.

Perchè allora è giusto che rubi anche il Chievo, che poi è stato retrocesso in serie B e anche fatto fallire.

Perchè un paese di 8mila abitanti in serie A di certo non piace al presidente della Lazio Claudio Lotito che, intercettato, mi pare, non voleva in serie A nè il Carpi, 70mila abitanti, nè il Frosinone, che ora sta per salire, per la terza volta nella storia e nell’ultimo decennio.

Agnelli Andrea, scriverebbe Antonio Damascelli, pugliese, padron Tony, firma de Il Giornale, anche della pagina delle lettere, non voleva neanche l’Atalanta in Champions.

Neppure io, allora, voglio più la Juve nel calcio italiano, invece stranamente sono il giornalista passato dall’essere re dei freelance a re degli evitati. Perchè, al contrario di alcuni, faccio il giornalista, non l’addetto stampa aggiunto.

Cosa penseranno gli juventini, i vip Ezio Greggio ma anche i giornalisti amici, de Il Gazzettino, i De-de, cioè Claudio de Min e Adriano de Grandis? Che anche altre società fanno plusvalenze fittizie, ma che paga solo la Juve. 

“C’è accanimento contro i bianconeri”, mi dice Claudio Pea, mestrino provocante, come me, da molto prima di me.

Io non tengo tanto o particolarmente il Toro, al contrario di Gian Paolo Ormezzano, altra leggenda del giornalismo, Tuttosport e La Stampa, ma anche ci leggevamo su Famiglia Cristiana, ma sono anti potenti da quando avevo 15 anni.

Tenevo la Juve, su consiglio di papà Vasco, stessa ansia e depressione mia, ammiratore di Giampiero Boniperti da calciatore, detto Marisa, per irriderlo, insomma gli davano della donna e succedeva anche a noi Zagnoli, sicuramente a Vanni.

Dall’86, dunque, dalla rincorsa della Roma di Sven Goran Eriksson, svedese poi scudettato con la Lazio, mi auguro che non vincano lo scudetto la Juve, il Milan e l’Inter, come ai mondiali che non vincano i più forti, ovvero Brasile e Germania e via così, in tutti gli sport o quasi.

Ma ho grande rispetto nei confronti di tutti gli juventini che ho ascoltato, raccontato, visto, parlo di calciatori e tecnici, diciamo che preferisco non vincere facile.

E faccio notare che in Europa, dove la famiglia Agnelli conta un pizzico di meno, la Juve ha vinto pochino, rispetto al Milan ma anche all’Inter, una coppa dei Campioni macchiata di sangue, a Bruxelles, con un rigore largamente inesistente, lucrato da Boniek, il bello di notte, contro il Liverpool, e poi ai rigori con l’Ajax, a Roma, in casa.

Sono valutazioni giornalistiche, non da tifoso nè da antitifoso, ma con il maggior possibile distacco, al punto che in Europa ho sempre tenuto per la Vecchia Signora.

Ma dalla Signora, proprio, mi aspetto il fairplay massimo, non solo a parole, lo stile Juve è essere limpidi, nei bilanci, in campo, i tifosi, in tribuna. 

Io posso fare il dito medio a un addetto stampa che non mi accredita, ma Agnelli non può insultare Antonio Conte, che magari ora tornerà, nè l’allenatore rispondergli con il dito medio, magari è successo il contrario, volutamente non controllo.

Mi levo il cappello davanti ai campioni della Juve, alle belle persone della Juve e ne ho viste e sentite tante, con whatsapp ho un rapporto personale con tante, ma dalla Juve mi aspetto il miglior gioco possibile, al mondo, come il grande Milan di Berlusconi.

A me non interessa vincere rubando. “La Juve ha rubato un po’, come al solito, il solito rigorino”, disse Giorgio Squinzi, milanista, allora presidente degli industriali, oltrechè patron del Sassuolo, la mia squadra, di casa, dove sono stato anche ieri.

Dalla Juve non accetto il calcio ruminato di Allegri, oggi andrò al rugby ma è un altro sport, dalla Juve vorrei spettacolo, in campo, di sicuro, e, ripeto, trasparenza, fuori.

Io sono di parte e se non lo sono.

Sono di parte anche in politica, la mia città è rossa da sempre, vorrei fare in tempo a vedere un governo di centrodestra, come a livello nazionale.

L’Italia è spezzata, oggi, fra antijuventini e juventini, fra destra e sinistra, io sono manicheo nello sport, contro l’Olimpia Milano, straricca, con Armani, e contro tutti quanti rubano o chi mi fa fesso a casa mia, con gli affitti e i lavori.

Capisco bene che la fiscalità in Spagna favorisce i club iberici e magari anche altrove il governo finisce con l’avvantaggiare società indebitatissime – il record è in Inghilterra -, però se la Juve furfanteggia, nelle scritture, anche private, vince scudetti a raffica che magari non porterebbe a casa, senza Cristiano Ronaldo e compagnia briscola, come diceva il mio amico Luca Taddei. Con cui firmai per anni su Il Messaggero.

Parliamo del nulla, delle mie malefatte, non parliamo della quarta industria del paese.

Certo, tanti club hanno arraffato soldi, tanti presidenti li ho intervistati e anzi ne scriverò presto anche enordest.it, ma la Juve più di tutte.

Anche grazie agli arbitri, al gol di Turone, ai rigorini prima del Var.

Ricordate, a Firenze dicevano nell’82 e anche in estate, davanti a me, a teatro. “Meglio secondi che ladri”.

Meglio fuori dall’Europa per i 15 punti di penalizzazione, ma credo scenderanno a 7, fra secondo e terzo grado di giudizi, meglio l’Europa dell’Udinese o del Torino o persino della Salernitana, magari, che un’Europa farlocca.

Certo, ovviamente, andiamo a vedere bene tutti i bilanci dei grandi club del mondo.

Perchè magari hanno ragione a Torino e allora dovranno pagare anche i rivali. E anche altri sport. E anche magari le aziende fuori dal calcio. E anche gli sceicchi del Manchester City e soprattutto del Paris Saint Germain.

Detto questo sogno di incontrare Michel Platini, per davvero, e anche di porre domande ad Andrea Agnelli, sulla famiglia celebrata da padron Tony Damascelli, ufficio stampa italiano di Michele Platini. Che non meritava di perdere la poltrona Uefa perchè è decisamente più pulito di Blatter.

Al prossimo veleno, un abbraccio.

hanno rivolto alla squadra bianconera, che hanno incontrato alla Continassa, quartier generale bianconero, prima dell’allenamento, alla vigilia della partita casalinga con l’Atalanta. Un discorso di una decina di minuti. “Noi difenderemo il club nelle sedi opportune sedi e voi sul campo facendo punti. Oggi, più che mai, voi rappresentate milioni di tifosi in tutto il mondo”, hanno aggiunto i vertici del club bianconero parlando ai giocatori.

La versione integrale del pezzo pubblicato su “Enordest.it”

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