Il Gazzettino, atletica. Bolt lascia con il bronzo, lo stadio è per lui, non per l’oro di Gatlin, che però ha zittito il pubblico. Ma siamo sicuri che Bolt sia totalmente pulito? Anche giamaicani vennero squalificati

Gatlin si inchina a Bolt, ma è stato altrettanto grande

Vanni Zagnoli
Il re è nudo, ha perso da Justin Gatlin e anche da Christian Coleman. 9’92 per l’americano di 35 anni, fischiatissimo per la doppia squalifica per doping, e capace di zittire il pubblico con l’oro; argento per un centesimo all’altro statunitense di 21enne, fisico da football, che aveva il miglior tempo stagionale, di 9”82. Bolt è solo terzo, lento al tempo di reazione, regala 6 centesimi decisivi a Coleman e 3 a Gatlin, la rimonta non riesce e in effetti non era scontata. E’ la notte d’addio, guastata eppure gratificata dal bronzo. Restano 11 ori mondiali, più 8 olimpici.
Scarpa sinistra dorata, destra viola, avvinghia il 14° podio mondiale, come solo la connazionale Merlene Ottey, che poi prese la cittadinanza slovena. A 13 resta l’americana Allison Felix, in gara anche a Londra. Per 11 volte è sceso sotto i 9”80, per 31 sotto il 9”90, non nell’ultima gara individuale della carriera. Difficile che ci ripensi. Aveva solo il settimo tempo della stagione, 9”95, non lo migliora. Sulla maglia da riscaldamento ha scritto “forever faster”, per sempre il più veloce. Non stavolta, resta indurito, digrigna i denti come mai.
La storia inizia con una scarpa slacciata a Pechino, nella finale dei 100, sulla pista olimpica dei record e degli ori. Bolt è sempre stato genio e sbruffoneria, potenza e altezza (1,95 per 94 chili), forse diventerà mito anche per avere perso l’ultima gara. “Let it be”, lascia che sia, viene in mente il successo dei Beatles, visto che i mondiali sono in Inghilterra, festeggiano i due a stelle e strisce: Gatlin era già stato oro nel 2005, a Helsinki.
In semifinale Bolt parte meglio rispetto alla batteria, fa 9”98, a un centesimo da Coleman, universitario del Tennessee. Lo guarda in segno di sfida e si ferma di proposito, lasciandolo vincere. Il fulmine non perdeva un testa a testa dal Golden gala di Roma 2013, contro Justin Gatlin, la striscia vincente si ferma a 45 gare. Proprio Gatlin era passato dietro al sudafricano Simbine, primo in 10”05. Dirà, dopo l’oro: “Volevo vincere, nonostante la corsia penalizzante. Io stesso sono per Usain, mi ha ispirato nel ritorno”.
Gatlin piange, pensa ai 5 anni persi per doping. Prima della finale c’è la classica invasione di uno streaker, esibizionista subito bloccato, senza passaggio in tv.
Il lungo è ad alti livelli, l’oro va a Manyonga (Sudafrica, 8,48), 4 centimetri più dell’americano Lawson, poi l’altro sudafricano, Samaai, 8,33, su Menchov, russo.
Nel disco vince il lituano Andrius Gudzius con il personale, di 69,21, con 2 centimetri di margine sullo svedese, numero uno stagionale; bronzo all’americano Finley (68,03).
L’Etiopia fa doppietta sui 10mila femminili, con Ayana (30’16”32, miglior tempo dell’anno) e Tirunesh Dibaba, che vanta 5 ori mondiali, terza la keniota Tirop. La tedesca Schaker comanda l’eptathlon sulla belga Thiam dopo 4 eventi.
Sui 1500, passano alla finale di domani la campionessa olimpica Kipyegon, davanti alla britannica Muir e a Semenya, che punta alla doppietta, con gli 800. Quella di Bolt è sfumata. Insegue l’oro in staffetta. Poi, a 31 anni, avrà chiuso. Troppo presto.

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