Il Gazzettino, atletica. Neanche Tamberi passa le qualificazioni. E’ la peggior Italia di sempre, salvo colpi di coda domani: 3 punti contro i 61 di Roma 1987. Tamberi teatralizza per alimentare il personaggio: “Adesso sento tutto il peso di questi mesi”

Gianmarco Tamberi sbaglia 6 salti (GLYN KIRK/AFP/Getty Images)

Vanni Zagnoli
Restano due giorni per evitare che Londra 2017 sia il peggior mondiale di sempre, per l’atletica italiana. Gianmarco Tamberi manca la finale dell’alto, la sua guasconeria spesso diventa fine a stessa, passa dall’euforia per un salto azzeccato alla disperazione per un errore. A un anno dal grave infortunio, ha fatto l’impossibile, spiace solo sentirlo dire: “Sono spesso in giornata negativa, anche stavolta”.
Come l’Italia, al solito. Dovremmo ricordare ogni giorno che, in 8 giornate, l’unico fra i primi 8 rimane l’ingegner Meucci, nella maratona. Oggi l’Italia femminile può centrare la finale della 4×400, ci sono in palio anche i 100 ostacoli e il giavellotto femminile, i 5000, il decathlon e le staffette veloci, il tutto senza azzurri.
Scorrendo la placing table a ritroso, ai 3 punti parziali, in Inghilterra, fanno da contraltare gli 11 di Pechino 2015, i 19 di Mosca ’13 e, sempre all’indietro, 22 e 25, 31 e 22. Una bella edizione dei mondiali di atletica, per l’Italia, fu a Tokyo, nel ’91, 39 punti grazie ai piazzamenti nelle finali, nonostante la lontananza imponesse, ancor prima della crisi economica, di non portare proprio tutti. La miglior Italia fu naturalmente a Roma, giusto 30 anni fa, con 61 punti.
E’ per questo che era importante vedere almeno fra i migliori 12 Alessia Trost, Tamberi e alcuni altri. Se Tortu ha 19 anni, Gimbo ha l’attenuante delle due operazioni, ma quando tornerà alla condizione dell’oro mondiale indoor? A 25 anni, ha tutto il tempo, è già il miglior saltatore in alto nella storia azzurra maschile, non si contenta del top stagionale. Il marchigiano sbaglia a 2,22, a 26 e anche ai 29. In 6 superano il 2,31 alla prima prova, così il nostro diventa 13°, a pari merito. Il terzo tentativo meritava e non solo, forse, per la bandierina tricolore appiccicata sulla spalla sinistra, che fa tanto personaggio, assieme alla barba per anni tagliata in metà faccia. Chiamare l’applauso serve a poco. “A 2,29 – ammette – avevo stupito me stesso, perché ero in una di quelle giornate in cui non stacco. Dopo quanto ho passato, meritavo un pizzico di fortuna. Improvvisamente sento addosso il peso degli allenamenti, la riabilitazione, la dieta. Non mi reggo in piedi”.
Lo aspettiamo a marzo, a Birmingham, ai mondiali indoor, e poi agli Europei di agosto, a Berlino. Per alimentare una tavola di piazzamenti da Italia.

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