Il Gazzettino, la crisi economica del calcio. Gli 85 milioni di passivo del Genoa, il ds Perinetti: “E’ criticità di sistema. La corsa allo straniero è per la facilità dei pagamenti”. Colombarini: “In serie C arrivano appena 600mila euro di diritti tv, contro i 2,5 milioni di budget per salvarsi. La nostra stagione costa 33 milioni”

Simone Colombarini con il papà Francesco (ilrestodelcarlino.it)

Lo sprofondo rosso del calcio italiano è suffragato da alcune cifre. L’indebitamento aggregato è di 3 miliardi e mezzo di euro, di cui 2 in serie A, con un incremento del 3,5% rispetto al 2016.
Il Milan, per esempio, deve restituire 303 milioni più interessi, entro ottobre. Il Genoa ha 85 milioni di passivo, da anni boccheggia ma resta vivo, in A.
“Non conosco il nostro indebitamento esatto – spiega il ds rossoblù Giorgio Perinetti, protagonista del doppio salto del Venezia, dalla serie D alla B -, di certo è consistente, il problema esiste. Occorre rimboccarsi le maniche, è comunque una criticità di sistema”.
L’analisi di Perinetti parte da lontano. “Da anni il sistema mostra acqua, per una serie di pregressi. Gli stadi sono vecchi, mancano le strutture dove far allenare i giovani. Grazie al patrimonio tecnico, continuiamo a competere con i maggiori campionati, le società però sono per la maggior parte dissestate: c’è la corsa allo straniero, per la facilitazione dei pagamenti all’estero, le commissioni per gli agenti sono peraltro vertiginose. Così è difficile creare un sistema virtuoso, senza presidente federale nè di Lega: come si fa a riequilibrare un sistema destabilizzato?”.
La Spal è tornata in serie A dopo 49 anni, grazie alla Vetroresina. “Veniamo da un solo anno di B e prima eravamo in Lega Pro – spiega Simone Colombarini, figlio del patron Francesco e proprietario della società di Ferrara e della multinazionale di laminati -. Quei numeri dello sbilancio del nostro calcio sono davvero da capogiro, noi abbiamo sempre cercato di dirigere la società come un’azienda. Si compiono investimenti che ragionevolmente si pensa di ammortizzare negli esercizi successivi. Quelle cifre fanno pensare, non credo che tutti i club abbiano un patrimonio tale da rientrare dal passivo in 3-4 esercizi. Peraltro quando si vendono giocatori a cifre da top player si fanno buone plusvalenze, partendo da investimenti comunque molto cospicui”.
Solo in questo decennio si è già verificata una cinquantina di fallimenti in serie C, tantopiù quando era divisa in C1 e C2, e fra ritardi nei pagamenti e illeciti sportivi sono stati comminati sono ben 280 punti di penalizzazione.
“C’è spregiudicatezza – sottolinea Colombarini junior – nell’iniziare certe avventure, se una proprietà non ha le spalle coperte. Nel calcio è facile fare debiti, se non si riesce a fronteggiarli con incassi e sponsor che non arrivavano, si creano perdite notevoli. Quando il passivo è schiacciante, sono sbagliate le valutazioni in avvio di campionato, occorrerebbero controlli più precisi”.
Da 110 club professionistici, siamo scesi a 98, resta un primato europeo.
“In serie A e B i fallimenti sono rarefatti. E’ in Lega Pro che i diritti tv sono insufficienti: gli incassi coprono il 25% del budget, è più facile rispettarlo nelle categorie superiori, in C occorre mettere fondi, per campionati di alto livello”.
La Spal è d’accordo sull’esigenza di ridurre il numero dei club nelle 3 leghe principali. “Per far dividere le risorse fra un numero più basso di società. Per mantenere 24-25 giocatori, gli oneri sociali sono molto alti: in serie C una rosa costare in media 2,5 milioni a stagione, senza puntare alla promozione, e in diritti televisivi arrivano appena 600-700mila euro. Serve più responsabilità da parte dei dirigenti, senza spendere quanto non c’è”.
In serie A occorrono oltre 30 milioni, per tentare di salvarsi. “Questa nostra stagione – conclude Colombarini junior – ne costerà 34. Siamo in linea con la spesa delle altre società che si battono per la permanenza, ovvero Crotone, Chievo, Benevento. E anche Verona”.
La mancata qualificazione al mondiale di Russia ha invece una ricaduta negativa sulla federazione. Mancano 1,2 milioni di dollari (985mila euro) come bonus di partecipazione, sarebbero saliti a 8 milioni (6,5) con il passaggio agli ottavi e a 16 per i quarti. Ora la Figc rischia ulteriori tagli dal Coni.
Si venderanno anche meno magliette azzurre: nel 2014 i ricavi sulle divise furono di 2,7 milioni, ovvero 4 volte in più dell’anno precedente, nonostante l’uscita in Brasile al primo turno. Fra gli sponsor, la Puma garantisce 18,7 milioni l’anno, adesso potrebbe rivedere il contratto verso il basso. Allo scorso mondiale arrivarono 7 milioni di incassi supplettivi per marchi dell’ultima ora. Diminuiranno anche le giocate. Insomma il calcio boccheggia, in ogni componente.
Vanni Zagnoli

Da “Il Gazzettino”

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