Il Gazzettino. Il recordman italiano del salto in alto Tamberi si raccontava alla vigilia del mondiale. “Amo il basket e Polonara è il mio giocatore preferito”.

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Gianmarco Tamberi

La prima stesura dell’intervista a Tamberi, uscita a ferragosto su Il Gazzettino del nordest. Avevo la speranza di proporla ad altre testate, poi avevo dimenticato di inserirla.

Vanni Zagnoli

“Salutami Marco Fassinotti”. Gianmarco Tamberi è il recordman italiano del salto in alto, con 2,37, terza misura stagionale al mondo. E’ da medaglia mondiale a Pechino: il via dei campionati è domenica, entrambi hanno le qualificazioni venerdì 28 e la finale l’ultimo giorno. Tamberi è un estroso e vive settimane di euforia, il torinese Marco Fassinotti è più meditativo, vive a Birmingham con un collega scozzese e si allena con un inglese-pakistano, articola le risposte e ammette di non essere poi così in confidenza con il neo primatista: “Ci siamo incontrati solo 4 volte, forse, in gara”.

Tamberi, sa di essere forse l’unico azzurro da podio, in Cina?

“No, perchè seguo solo la mia specialità, non mi chieda pronostici generali”.

Sta meglio dell’ucraino Bogdan Bondarenko, più volte vicino al 2,45 del cubano Sotomayor…

“Ha avuto problemi a un piede, lo capisco perchè anch’io per anni ho combattuto infortuni. E lo stesso Barshim viene da un’annata complicata, ma a Pechino si ritroverà”.

Solo in 6 in attività hanno fatto meglio di lei: un anno fa, Barshim (Qatar, 2,43), Bondarenko (Ucraina, 2,42), Ukhov (Russia, 2,41); con 2,40 Droiun (Canada) e Protsenko (Ucraina); in questa stagione Gouwei (Cina).

“Ai mondiali punto al meglio possibile, non alla medaglia a ogni costo. Il 2,40 peraltro è alla mia portata, l’ho già accarezzato”.

Perchè ha la barba rasata solo dalla parte destra?

«E’ il mio simbolo, dal 2011. Migliorai 10 centimetri in una gara in cui neanche stavo bene e da allora in competizione la mantengo così. Vado in bagno un’ora prima della pedana e mi rado, la lunghezza dipende dal momento: in Cina su metà faccia sarà lunga. Una volta gareggiai con i capelli verdi, un’altra li tinsi di blu”.

Se Papà Marco è stato primatista nazionale indoor (2,28, nell’83), il fratello Gianluca è attore tv, più che giavellottista…

“Anch’io sono quasi prestato all’atletica, perchè amo il basket. Giocai per 12 anni, da guardia, e sognavo l’Nba. Nei campetti organizzo gare di schiacciate e in salotto ho un bel canestro. Qui ad Ancona è nato Achille Polonara, vicecampione d’Italia con Reggio Emilia: gli auguro il podio agli Europei”.

Perchè passò all’alto?

“Senza allenarmi, saltavo 2 metri, vincevo le gare scolastiche e papà mi incitò a provare. Lo feci nel febbraio 2009, a 17 anni, e da allora con lui mi concentro sulla tecnica”.

Ora stacca con il piede sinistro più lontano dall’asticella, la rincorsa è passata da 9 a 11 passi.

“L’ho utilizzata solo 4 volte in stagione, va automatizzata e per questo sbaglio a misure basse”.

A chi si ispira, in pedana?

“A un ex primattore dell’Nba, Tracy McGrady. Giocava a Houston, con le palle: contro i campioni di San Antonio era sotto di 12 punti, ne segnò 13 punti in 35” e capovolse la partita”.

La pordenonese Alessia Trost era da medaglia?

“Come due anni fa, a Mosca. Mi dispiace un sacco che dia forfait. Siamo coetanei e iniziammo ai mondiali allievi di Bressanone, lei ha vinto tutto. E’ una campionessa umile e dai suoi atteggiamenti ho imparato tanto. Non rischiare per i mondiali è saggio, non vale la pena compromettere le olimpiadi, con quel guaio a un piede”.

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