
A Coverciano le sale sono impressionanti, per spazi e gigantografie. Campeggiano Cannavaro con la coppa del mondo del 2006 e Bearzot 1982, Zoff per il ’68 e per l’82, il ct giornalista Vittorio Pozzo per il ’38. Nel ’34 l’altro suo mondiale, magari non ci sono foto posterizzabili. La storia della nazionale è qua, nei corridoi e nelle aule fiorentine. “Sono entrato per la prima volta in questo centro sportivo – racconta Roberto Mancini -, a 14 anni, per l’under 17”.
Precoce in tutto, insomma, l’ex attaccante. Del resto a 16 anni era titolare in serie A in un buon Bologna, con 9 gol in 30 partite, allora la serie A era a 16 squadre. Non fosse stato per una notte trascorsa in Messico fuori dal ritiro, Mancini sarebbe stato probabilmente titolare al mondiale dell’86.
Quarant’anni dopo la sua prima entrata al campo Ferruccio Valcareggi, il Mancio è raggiante. «Allenare la nazionale è un orgoglio, l’aspirazione di tutti, io poi sono in panchina dall’inizio del millennio, era il momento giusto per staccarsi dai club, bisogna fare qualcosa per rilanciare la nazionale». Non qualificata per la Russia, ma fuori al primo turno nei due mondiali precedenti.
Una delle prime domande riguarda Pirlo e Balotelli. «L’Italia ha sempre avuto molti talenti, che nei momenti difficili portano al risultato tramite la qualità.
Parleremo e convocheremo Mario, vorremmo rivederlo come all’Europeo con Prandelli, del 2012, ma diversi giocatori possono essere utili». Su Pirlo, Roberto regala l’unico dribbling. «Come giocatore?». Servirebbe sempre quel tipo di regista. «Come dirigente abbiamo parlato con Alessandro Costacurta, vediamo”.
Il nuovo ct è stato emozionante da ala sinistra, di fantasia, in nazionale fu titolare solo a Euro ’88, segnò alla Germania e zittì la tribuna stampa, è sempre stato istintivo. «Ho avuto Bearzot, Vicini e Sacchi, credo di essere stato l’unico giocatore ad attraversare tutti e 3». In realtà era in compagnia almeno di Vialli, peraltro durato poco, con Arrigo. «Non fu un periodo fortunatissimo, non riuscimmo a vincere il mondiale, nè l’Europeo, con Azeglio Vicini, eppure l’avremmo meritato. Vrrei essere un ct perbene, che riporti l’Italia dove merita, sul tetto del mondo e d’Europa. Non vinciamo l’Europeo da mezzo secolo. E poi c’è la nuova Nations league. Vorrei ricostruire, insomma».
Nonostante le poche settimane a disposizione della nazionale, complessivamente, in ogni stagione. « Quattro mondiali si vincono anche senza allenare ogni giorno. Abbiamo sempre avuto bravi giocatori, in passato magari c’erano di tecnica impressionante».
Ventura è richiesto da 6 società, nonostante il flop. «L’assenza dalla Russia è un lutto enorme, succede, neanche è giusto accusare l’allenatore, capita un momento difficile, ci sono passate tante nazionali. Serve il rispetto dei club e dei giocatori, bisogna valutare chi non è al 100%, creeremo una rosa ampia, per far riposare, all’occorrenza. Quando non vinci con un club, si arrabbiano milioni di tifosi, con l’Italia si creano 50 milioni di infelici…».
Lippi e Trapattoni erano simboli della Juve, Mancini dell’Inter. «E’ difficile mettere tutti d’accordo. Spero di essere il ct di un trofeo importante, tramite il quale unire». Il dg Michele Uva spiega il biennale. «Con premi importanti in base al percorso, si prolunga in automatico con qualificazione».
Per Mancini, i temi si susseguono. «Voglio conoscere meglio alcuni giocatori, trovare velocemente una base. Le seconde squadre sono ottime, speriamo valorizzino giovani italiani. A loro chiedo dedizione e di tirare fuori i sogni che hanno nel cuore, sono molto importanti».
Il dibattito è sul bel gioco, sugli schemi osteggiati da Allegri. «Chi riesce a giocare bene ha più chances di vincere. Non è sempre possibile farlo, ma è raro che non piaccia chi arriva primo o che il migliore perda. Cerchiamo giocatori tecnici». Com’era Mancini.
Vanni Zagnoli
Da “Il Gazzettino”