Il Gazzettino. Arriva il gps anche in serie A. L’ex staffettista Simionato: “Evita il sovrallenamento”. Pincolini: “E’ meglio perfezionare le tecniche di allenamento”. Sanguin (rugby): “I dati vanno interpretati e funziona solo all’aperto”.

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Serie A, giocatori in campo con Gps incorporato: via libera

Vanni Zagnoli

Arriva anche in serie A il gps, il sistema per rilevare la distanza percorsa, la velocità e la frequenza cardiaca. “A patto, però – obietta Michele Uva, direttore generale della Figc – che i dati non vengano utilizzati durante le partite”. Il divieto però rischia di essere facilmente aggirabile, girando i dati magari in tribuna, in uno skybox, e poi facendoli arrivare all’allenatore. Che così può essere agevolato nei cambi dal computer, in base ai riscontri giunti dal satellite. All’occhio del coach si abbina la tecnologia.

“I gps monitorano il giocatore – spiega l’ex velocista Carlo Simionato, medaglia d’argento in staffetta 4×100, nel 1983, ai primi mondiali di Helsinki con Tilli, Pavoni e il compianto Mennea -: la fatica compiuta, i metri percorsi e tutto quanto si può dedurre. Si evita così di mandare l’atleta in sovrallenamento”.

Ravennate, 54 anni, da un decennio Simionato è preparatore atletico nel calcio, adesso figura nello staff dell’allenatore Atzori, nel Siena, tornato in Lega Pro. “Parecchi colleghi usano il gps, i dati però non sempre sono veritieri, dunque la valutazione individuale è fondamentale. Resta una buona invenzione, del romagnolo Mirco Marcolini, ingegnere informatico che lavora con Coverciano. Neanche si riesce a utilizzarli in partita, bisognerebbe avere un monitoraggio con computer, quasi telemetrico. Peraltro attraverso la match analisi, con l’interfaccia delle telecamere, arrivano dati quasi in tempo reale”.

Per Simionato non dovrebbero essere dannosi per la salute. “Esattamente come i cardiofrequenzimetri”.

Più scettico sull’utilità è Vincenzo Pincolini, storico preparatore di Arrigo Sacchi, anche in nazionale. “Sono un controllo in più, adesso però c’è fin troppa attenzione sui gps – spiega da Parma -, invece dovrebbe essere sugli allenamenti, perchè attualmente sul piano fisico subiamo, in Europa. Servirebbe la stessa attenzione nelle sedute. Quei dati vanno interpretati, sono controllabili anche con altre tecnologie”.

La situazione è peggiorata da fine anni ’90. “Non è un problema di tecnologie, occorre aumentare il livello fisico, soprattutto nei giovani. Quindici anni fa si parlava molto di più di metologie d’allenamento, adesso si pensa troppo al controllo”.

Da due anni Giovanni Sanguin, padovano, è preparatore atletico dell’Italia del rugby, in partenza per la coppa del mondo. “Il gps  – spiega – offre una fotografia della partita. Valuta il chilometraggio, da 4 a 7, guarda la velocità di punta (2-3 metri al secondo) e le decelerazioni, sui placcaggi e le cadute. I dati vanno comparati con l’analisi video, servono per allenare globalmente, non individualmente. Il gps dà il senso della direzione del training, ma non sempre è attendibile. Quando abbiamo quasi battuto la Scozia i dati erano negativi, viceversa quando siamo stati battuti di brutto, semplicemente perchè si correva tanto”.

L’Italia lo usa sempre, anche durante le gare.

“A meno che non piova, come a Cardiff, e dunque si perda il segnale, con la chiusura del tetto sopra lo stadio del Galles. E ormai lo utilizzano tutte le nazionali”.

E in futuro potrebbe toccare anche il basket, disciplina indoor dove si corre comunque un po’ meno.

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