Ilmessaggero.it. Vincenzo Guerini dopo 3 anni da barista torna nel calcio: sarà dt del Catania

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di Vanni Zagnoli

Il Catania è salvo, ha una nuova proprietà, dopo 16 anni si chiude l’era di Antonino Pulvirenti, il presidente che riportò la serie A dopo 22 stagioni, nel 2005-06, e a 7 salvezze di fila, in A. Nel 2013-14 la retrocessione in B e poi quella in C, per la sequenza di partite comprate, proprio per evitare il doppio salto all’indietro. Pulvirenti era rimasto come proprietario, il tribunale ha decretato il fallimento della holding Uda Finaria che controllava le sue attività ed era proprietaria della società rossoazzurra per il 95%. La settimana scorsa è stata aperta in tribunale la busta della Sigi SpA, unica l’unica a partecipare al bando di vendita del club, evitando che fallisse. La cordata di imprenditori comprende 6 privati e 5 gruppi etnei, è rappresentata da Fabio Pagliara, segretario generale della Fidal, federazione di atletica leggera, e l’allenatore Maurizio Pellegrino che da mesi lavorava per evitare il fallimento del Catania, allenato nell’ultima parte dell’ultima stagione in serie A. La spa rileva le azioni, il titolo sportivo e il centro per gli allenamenti gioiello, il Torre del Grifo, potrebbe coinvolgere come dirigente anche Massimo Mauro, l’ex ala destra, da anni commentatore sportivo.

Come dirigente del settore giovanile e direttore tecnico entrerà Vincenzo Guerini, che da 3 anni faceva il barista.

Mister, è contento?
“Non c’è niente di ufficiale – racconta l’ex terzino sinistro, che nel ’74 a 21 anni debuttò in nazionale, salvo lasciare il calcio per le conseguenze di un incidente stradale, la stagione successiva -, mi sono fatto trascinare dall’entusiasmo, rilasciando una dichiarazione. La società ha problemi molto più seri, deve correre a costruire il cda, dare le deleghe, iscriversi in serie C, aspettiamo. Intanto sta facendo un mezzo miracolo”.

Come ha vissuto queste stagioni dietro al bancone, dopo essere stato in panchina dal ’79 al 2006 e poi avere fatto il dirigente della Fiorentina?
“Male. Abito ad Acicastello, sino a una settimana fa gestivo il bar ad Acireale, per non avere sempre la testa nel calcio avevo fatto questa scelta. Era per non pensare sempre al pallone, dopo l’uscita da Firenze, nel 2016. L’ho fatto per 3 anni, basta e avanza, a 67 non devo fare carriera in nessun campo. Non tornassi al Catania, smetto proprio di lavorare, resto un semplice tifoso”.

Com’era la vita da barista, con la moglie Ginetta?
“L’ho conosciuta nel 2001, quando allenai proprio il Catania. Mi alzavo la mattina per aprire, oppure facevo il turno di sera, avevamo anche dipendenti, la struttura è abbastanza grande. Mi mettevo poi all’ipad a vedere le partite, alla cassa, restavo sempre attaccato al telefonino, fra Sky, Dazn e Rai. Era stato brusco il distacco, da Firenze. Le mie figlie sono rimaste a Brescia, io ormai sono stabilmente qua, nel Catanese”.

Da club manager viola a gestore di un’attività con il pubblico che passo è?
“E’ stato un triennio intenso, certo non avevo la stessa passione che mi ha accompagnato nel calcio. Di buono c’era il rapporto con le persone, positive, non è stato affascinante come allenare o fare il dirigente. Del resto non avevo più soluzioni all’interno del calcio, ho dovuto fare altro: il telefono non squillava più, da parte di addetti ai lavori”.

E adesso, con il Catania?
“L’interesse era inaspettato. Soprattutto mi occuperei di ricostruzione del settore giovanile, farei crescere allenatori, mettendo al servizio la mia esperienza. Ripeto, non devo fare carriera, vorrei solo lasciare un buon ricordo”.

E’ il momento dei non giovani. A 70 anni, Gigi Delneri sarà direttore tecnico del Brescia, in serie B.
“Bisogna lasciare i lavori più faticosi e importanti ai giovani, però possiamo essere utili anche per loro. La nostra esperienza può essere sfruttata da altri, l’importante è non fare i fenomeni, non siamo più in grado di allenare, alla nostra età…”.

Ventura a 72 anni si gioca un posto nei playoff, con la Salernitana, in serie B, mentre a 74 Mircea Lucescu aveva firmato per la Dynamo Kiev. Ha dovuto desistere solo perchè i tifosi non gli perdonavano i 12 anni allo Shakhtar Donetsk…
“Ognuno ha il proprio carattere. Io nel 2011 avevo deciso che non volevo più fare l’allenatore, anche per questioni personali. Il campo mi mancava ma stava cambiando molto, il rapporto con i giocatori, anche da dirigente alla Fiorentina vidi che era mutato il modo di rapportarmi ai giocatori. Adesso è più difficile, non riuscivo ad adattarmi, non capivo”.

Che cosa?
“A me piaceva condurre a livello di gruppo, avere un rapporto diretto, trovarsi a cena insieme, parlare. L’invasioni dei procuratori ha complicato tutto, senza dimenticare la differenza di età. Adesso, inoltre, escluso giusto gli under 16, sono tutti tatuati, pensano al tatuaggio migliore, anzichè alla vita da atleta, del resto è la società che cambia”.

L’ex Bruno Bolchi, 80 anni, evidenzia anche staff sovrabbondanti. 
“Già, ora l’allenatore è circondato da 5, persino persone, non sarei mai stato in grado di condurlo. Tre erano sufficienti, ora non sai chi comanda. E’ cambiata la vita, il mondo va avanti”.

E Maurizio Sarri, che sino al 1999 lavorava in banca?
“Gli farei un monumento. Se sei stato un calciatore, hai un vantaggio all’inizio, poi però contano le idee, il lavoro, la determinazione, lui è l’emblema di questo. Fra Napoli, Chelsea e Juve dimostra il sacrificio, la passione per la panchina. A chi lo critica perchè non gioca bene dico: “Dategli tempo, porco Giuda”, non è normale attaccarlo così. Intanto ha vinto lo scudetto e resta in corsa per la Champions”.

Da “Ilmessaggero.it”

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