Professione Reporter. Voce roca, emozioni, non solo “a me gli occhi”: Alessandra De Stefano potrà cambiare Rai Sport

(professionereporter.eu)

https://www.professionereporter.eu/2021/11/voce-roca-emozioni-non-solo-a-me-gli-occhi-alessandra-de-stefano-potra-cambiare-rai-sport/

Vanni Zagnoli

Mi pare di sentirla, Alessandra De Stefano, l’ho sentita tante volte, in tv, collegata in audio dal traguardo. Ansimante, a caccia della prima impressione del vincitore o del piazzato o del deluso, nel ciclismo. Giro d’Italia, qualcosa al Tour de France, niente Vuelta, dal momento che la Rai non l’ha mai trasmessa. Vado a memoria e non controllo, di proposito.

Alessandra non ha mai smesso di pedalare, come da motto di Giorgio Squinzi, il patron della Mapei e poi del Sassuolo, che ha fatto la storia del ciclismo e dunque anche della giornalista napoletana.

Alessandra è direttrice di Raisport, io rifiuto di chiamarla direttora, anzi lo farei solo perchè suona ironico, quasi, a me i superiori, i direttori non sono mai stati simpatici, peraltro raramente mi ci hanno fatto parlare.

Alessandra parlava, tanto, anche con me, nel 2015, direi, a Parma, al premio sport e civiltà, mi regalò la sua storia, lei come tanti altri colleghi, grandi e piccoli, amici e meno, ma bastano 3 contestazioni di copyright in 3 mesi e il canale youtube è perso.

Anyway, Alessandra è, al vertice. Un bel traguardo, meritato. Alessandra non è una showgirl, non è una pinup, Alessandra è una donna, una giornalista, con una voce roca, unica. Alessandra è, testi ed emozioni, Alessandra è, la prima direttrice, Alessandra, è, diversa, non è solo a me gli occhi, a differenza di Paola Ferrari, lady De Benedetti, o di Sabrina Carlotta Gandolfi, ex signora Maurizio Losa ed ex valletta di Mike Bongiorno.

Occhio, il confine fra spettacolo e giornalismo è minimo, fra bellezza e sessismo, da parte mia, è minimo, la bellezza in tv è ormai quasi tutto, il resto non può essere contorno.

Alessandra è, una donna di cuore, che ha salvato, anni fa, dal tentativo di suicidio, annunciato, un corridore. Volutamente, ripeto, non apro google, vado a memoria, di proposito, e non voglio rimembrare magari il dramma di quell’ex.

Alessandra era vice, di Auro Bulbarelli, mantovano, figlio d’arte, di Rino, già direttore di Gazzetta e di Voce, di Mantova, oggi allo stadio Mapei, in Reggio Emilia, ho chiesto all’inviato Stefano de Agostini, de La Domenica sportiva, cosa farà l’ex direttore, persino più corpulento di me, in passato: “Non lo sappiamo”.

Alessandra era il dopo Giro, il dopo Tour, una conduttrice credibile, non una semplice Diletta Leotta, ovvero una bellissima che prepara giusto l’intervista, ma che non ha alcun background dello sport di cui parla o di giornalismo in generale. 

Alessandra è, stata polemica, un anno fa, per uno sciopero dei corridori al Giro, Alessandra ha, coraggio, non è la yeswoman fra yesman, in giro ne vedo tanti, fra i giovani.

Alessandra ha fatto una signora trasmissione olimpica, la sera, ogni sera, su Rai2, con Sara Simeoni e il giusto teatrino, ma soprattutto con una cosa che a me viene proibita, ovunque, ovvero tutti i familiari possibili dei medagliati collegati.

Alessandra è, sensibile, attenta ai giusti toni, Alessandra coniuga leggerezza e approfondimento, sentimenti e rigore, Alessandra ha i tempi giusti. Chissà, magari, la intervisterò per vannizagnoli.it, approfittando di questo pezzo, l’hanno fatto su Rairadio2, a fine Tokyo.

Alessandra ha un bel marito, francese, Philippe Bruynel, lo potete cercare su vannizagnoli.it. E’ la firma del ciclismo dell’equipe, parla un buon italiano, arrotato. L’ho intervistato a Modena, direi, due anni e mezzo fa, e fuori onda mi confessava la desolazione di Alessandra nell’avere perso la conduzione, con la direzione Auro. Essere vicedirettori va bene, ma credo che fa tv, come chi firma o va inviato, sia più felice che fare desk. Era stata promossa, però chi vive in tv – io su youtube, anche non mi inquadro molto – soffre poi di astinenza da video, la popolarità piace a tutti, salvo eccezioni.

Alessandra ha un pizzico di cadenza napoletana, il tono campano delle mie chiacchierate come Mimmo Carratelli, persa, e con Toni Iavarone, con Adolfo Mollichelli, grandi o ex de Il Mattino, e con Guglielmo Nappi, ex Rotopress, ora capo del Ilmessaggero.it.

Ad Alessandra chiedo di non programmare solo ciclismo, su Raisport, come anche da prima di Auro Bulbarelli, chiedo di usare appieno entrambi i canali sul satellite, uno magari con le dirette e basta e l’altro con gli amarcord, quando non ci sono dirette.

Ad Alessandra chiedo di rinunciare al video, non come Massimo De Luca che, parole di una grande firma di Raisport, aveva come primo obiettivo, da direttore, mettersi in conduzione de La Domenica Sportiva.

Alessandra dovrebbe provare a rendere lo sport in Rai ai livelli di Sky, sport. 

Minimo in differita, se il palinsesto fosse zeppo, ogni anno vorrei le finali scudetto di pallamano, anche femminile, e di hockey su prato, di tutti gli sport, ma in maniera scientifica, non un tanto al braccio, cioè allo sponsor che paga o all’amicizia con i personaggi giusti.

Non è questione di servizio pubblico, è questione di scelte, di giornalismo, di etica.

Alessandra deve creare una struttura che valorizzi al meglio le storie delle regioni, delle redazioni regionali. Per alcuni anni ho costruito le mie fortune leggendo giornali regionali, occhieggando storie esclusive che le agenzie ignoravano, senza internet, Alessandra deve pensare meglio le dirette tv, evitare le dirette inutili, dei primi turni anche di grandi eventi, e invece portare persino su Rai1 le finali scudetto o di Champions degli sport più importanti.

Prendiamo il volley. 2017, direi, gli Europei di entrambi i generi su Rai1, addirittura. Follia, le gare scontate, del girone eliminatorio, i 3-0 su Bielorussia e dintorni sono da Raisport, la gara 5 di una semifinale scudetto è da Rai3. 

Il Vday delle finali di Champions, a Verona, primo maggio – c’ero ma senza accredito e mi impedirono persino di entrare nel parcheggio -, era da Rai1, non da Raisport, con Conegliano e poi Trento.

Il mondiale di hockey pista è da Raisport, da sempre, almeno dai quarti di finale in poi, con o senza un Federico Calcagno a perorarne la causa.

Ad Alessandra suggerisco di valutare bene le voci della radio, alcune sono da tv, non solo Francesco Repice, il re dello strepito, almeno va valorizzata, la radio, in tv. Ci sono spunti, narrazioni, opinionisti. Alle olimpiadi, solo purtroppo alle olimpiadi, c’è Daniele Masala, da quando ha smesso ed è un lusso.

Alessandra deve portare in tv il mito di Tutto il calcio minuto per minuto, i parenti d’arte. Alessandra farà attenzione agli anniversari dei miti, non solo ai compleanni di Gigi Riva, per esempio.

Ci sono favole che meritano di andare oltre la propria provincia o regione. 

Alessandra deve far raccontare il Casteldisangro e non per compiacere il presidente Gabriele Gravina, che arriva di là.

Mi piacerebbe fare nomi, stavolta faccio sconti, ma fra le voci e i volti c’è grande rivalità, talvolta, Alessandra deve farli coesistere.

Alessandra deve scegliere le migliori voci tecniche possibili, calmierando Andrea Lucchetta che si mette a cantare su Rai2, durante la finale olimpica del beach volley, e magari vivacizzando spalle smorte.

Alessandra ha un obbligo, raccontare storie, personaggi, i miti di tutto lo sport, perlomeno italiano.

Onestamente, fra una grande storia americana di alta cultura, di antirazzismo, di integrazione, di leggende, io preferisco una leggenda nostra della tal disciplina, un Franco Chionchio per la pallamano e Pino Marzella per l’hockey a rotelle.

Va creata una cultura, anche dell’hockey prato, un pizzico, almeno da lasciare su youtube, se non su Raisport. Hockey prato per esempio, quasi paradossale.

Lo sport non è solo Juve, Milan e Inter, è l’umanità delle medaglie olimpiche, soprattutto quanto i riflettori si spengono.

Alessandra ha una buona redazione, ci sono giovani di talento, 50enni troppo scolastici, nei testi, nelle domande, Alessandra ha bisogno di coraggio, per valorizzare i migliori.

Alessandra, un consiglio. Faccio di Franco Bragagna la prima voce, la prima firma, il primo commentatore di quante più cose possibili. E’ onniscente, garantisco io.

De Stefano, a me ricorda Demetrio, quando chiamavo persino la cultura, de Il Corriere della Sera, da collaboratore, escludo che siano parenti.

A De Stefano auguro la direzione più lunga della storia, di Raisport, il record è di Giovanni Bruno, dal ’99 al 2003, adesso è in pensione ma resta visibile su Sk. Lei ha 55 anni, può reggere sino a quasi 60. Ho aperto google solo per questi ultimi due dati, si può fare buon giornalismo anche andando a memoria.

Da “Professionereporter.eu”

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