Il Riformista, 2010. Il ritratto di Franco Bragagna, insegnante di geografia, storia e cultura sportiva a milioni di italiani: atletica, sci di fondo, olimpismo. “Non faccio sconti a nessuno”

Franco Bragagna, telecronista Rai
Franco Bragagna, telecronista Rai

Questo articolo, rarissimo, per me, di commento, uscì nell’autunno 2010, su Il Riformista, grazie a Massimiliano Gallo.

Vanni Zagnoli

Questo è un elogio di Franco Bragagna, 51 anni e 4 figli, padovano che lavora a Bolzano, nella sede del Trentino Alto Adige. E’ il miglior giornalista sportivo della Rai, peccato non si occupi di calcio, perciò non sarà mai popolare quanto Martellini e Pizzul o, adesso, Fabio Caressa di Sky. E’ competente, brioso, il suo entusiasmo è rapportato all’impresa, non si mette a strepitare come un ossesso qualsiasi. E’ cultura, ovvero geografia e storia, dizione e pronuncia perfetta, di tutti i cognomi stranieri. Declamati senza incertezze, altrochè dal “nome impronunciabile”. “Troppo comoda cavarsela così”, l’ha detto anche in diretta, lo scorso weekend.
Domenica sera è calato il sipario sui campionati europei di atletica leggera, Bragagna è stato il mattatore, lo è dalle Olimpiadi di Barcellona ’92, quando si rivelò, ma alla radio, affiancando Ettore Frangipane, stessa base operativa ma agli antipodi come personaggio. Franco è tecnica e tattica, previsione del tempo o della misura. All’imbocco del rettilineo la voce si impenna, se davvero c’è aria di primato o comunque di impresa sportiva di rilievo. E’ stakanovista del microfono, parla ore regalando qualche battuta. Quelle mai arrivano prima del racconto, sono un dippiù: cazzeggio circoscritto, prevale la disquisizione. Gli aneddoti sono finalizzati a far capire, arricchiscono l’appassionato e appagano chi segue solo l’evento dell’anno per la regina degli sport olimpici. Commenterebbe alla grande anche la Nazionale di calcio, lì sarà il vicedirettore Bruno Gentili a rilevare il pacato Marco Civoli.
Il taglio di Bragagna è internazionale, racconta le gesta di atleti e paesi che magari all’italiano medio interessano poco, spesso trascura gli azzurri che in gara non sono protagonisti. E’ mosso da fairplay e non fa sconti. “A nessuno”. A un convegno sul doping anni fa parlò della piaga nel ciclismo, era presente la campionessa olimpica Antonella Bellutti, che non la prese bene. Al Mondiale di Siviglia del ’99 vinse l’oro nel lungo Niurka Montalvo, cubana naturalizzata spagnola che all’ultimo salto superò Fiona May. Le riprese mostrarono la scarpa della padrona di casa al limite della striscia bianca, i giudici convalidarono perchè la plastica morbida era intatta. “Se non c’è segno non c’è fallo”, commentò il portavoce della Iaaf, Giorgio Reineri. Giusto, anche secondo Bragagna, il marito-allenatore di Fiona, Gianni Iapichino, non ha mai perdonato al commentatore di non essersi battuto per la revoca dell’oro all’avversaria: “Fiona fa l’atletica per arrivare a vincere, non per prendere fregature”.
Ecco, “sòle” al telespettatore Bragagna non ne rifila mai.

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