Il Secolo XIX, Barcellona-Atletico Madrid 2-1. L’espulsione di Torres è troppo severa, il Barça recupera con la doppietta di Suarez e i cross di Dani Alves. Il tikitaka ipnotico soffre l’antigioco di Simeone, ispirato alla prima Argentina e al vecchio Uruguay. Sta a Luis Enrique come Castori all’Eusebio

L'espulsione di Fernando Torres è troppo fiscale. (Photo by David Ramos/Getty Images)
L’espulsione di Fernando Torres è troppo fiscale.
(Photo by David Ramos/Getty Images)

VANNI ZAGNOLI
IL BELLO DEL CALCIO è quando una squadra manifestamente inferiore ferma i ricchissimi e talentuosi. Al Camp Nou, sabato il Real Madrid aveva trionfato in rimonta, ma ha un budget analogo ai blaugrana. Ieri l’Atletico era in vantaggio sino al 63’, perde solo per 2-1, nonostante l’uomo in meno per un’ora, recupero compreso.
Gli strafavoriti, detentori del trofeo e del mondiale per club, si prendono un bello spavento e ancora la qualificazione è in bilico. Merito del simeonismo, cioè l’arte di arrangiarsi, difendere e ripartire rapidamente, congelare il gioco e azzeccare la giocata giusta.

Fa tutto Fernando Torres, al 25’ viene liberato da Koke, sfuggito a Piquè, uscitogli incontro fuori tempo. Neanche Busquets chiude, Dani Alves è in ritardo sulla diagonale e il Nino infila con precisione l’11° gol della carriera al Barça. Fece doppietta 10 anni fa, quando la seconda squadra di Madrid si impose qui l’ultima volta, per 3-1. I colchoneros sono squadra materasso solo nel nome, si oppongono con gagliardia tipica di Diego Pablo Simeone, ispirato alla vecchia Argentina di Passarella, campione del mondo del ’78 con Menotti in panchina.

Anzi, sembra l’antico Uruguay, re dell’antigioco con il Penarol. In Italia, la sfida è come fra il castorismo del Carpi e l’essere Eusebio (Di Francesco) del Sassuolo. Squadra corta regina dell’anticalcio – ma in senso nobile – contro l’arabescato di Rakitic e compagni e in questo periodo Magnanelli e soci sono altrettanto efficaci.

Ter Stegen devia il sinistro affilatissimo di Griezmann, il problema è che Torres commette due falli sulla trequarti catalana: la prima ammonizione è sacrosanta, la seconda al 35’ su Busquets onestamente è evitabile, tantopiù in una sfida così equilibrata e importante. L’arbitro Brych non usa il buon senso, poco dopo evita il cartellino giallo allo stesso Busquets e allora Simeone non può accettarlo. Viene in mente quando Mourinho con il Chelsea e il Real se la prendeva per i favori al Barcellona: “Sarà merito dell’Unicef?”.
Il secondo tempo è palpitante, Filipe Luiz avvicina il raddoppio, Neymar (il migliore) coglie la traversa da fuori, Oblak para su Suarez. Si procede così, con la sensazione che da un istante all’altro arrivi il pareggio, il possesso ipnotico non è poi così poetico, è il tikitaka fine a se stesso. In Champions, in casa il Barca coglierà l’11^ vittoria di fila e la 15^ su 16, resta fermo a una sconfitta interna (con il Bayern Monaco) in 38 partite.

Il pari giunge al 63’, Messi allarga per Dani Alves, dimenticato da Filipe, il sinistro di Jordi Alba trova Suarez (nella foto in copertina) piazzato per il 44° gol stagionale. Rafinha per Rakitic sintetizza le intenzioni di Luis Enrique. Al 73’ il sorpasso su errore di Godin, traversone del solito Dani Alves e Suarez fa doppietta. Lucas rischia l’espulsione, l’Atletico raggiunge i 7 cartellini ma con l’1-0 si qualificherà per la semifinale.

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