Volley, bronzo mondiale per l’Italia, 3-0 agli Usa. Mazzanti ha il contratto sino a Parigi 2024, ma la federazione ha 3 grandi alternative

(fivb.org)

di Vanni Zagnoli

Il contraccolpo della semifinale persa dall’Italia con il Brasile è assorbito molto meglio del previsto. L’Italia è di bronzo, almeno, batte 3-0 gli Usa campioni olimpici, come in Nations league, e coglie la terza medaglia nella storia dei mondiali: oro nel 2002, con il secondo boom del volley italiano femminile (il primo fu dagli anni ’80, con la Teodora Ravenna primatista di successi di fila e vincitrice anche di un mondiale per club e di due coppe dei Campioni) e argento nel 2018, con Lucia Bosetti al posto della sorella Caterina in sestetto e Lubian in panchina, anzichè in campo per Chirichella, come nelle ultime 4 gare, solo nella prima l’ex capitana non era a disposizione per problemi agli addominali.

L’Italia è di bronzo eppure può essere stata l’ultima partita sulla sua panchina per Davide Mazzanti. Ha il contratto sino al 2024, a Parigi, il presidente federale Giuseppe Manfredi ieri aveva evidenziato qualche dissapore nel gruppo, oggi invece l’ha difeso. “Ne rifletteremo a bocce ferme, in consiglio, come sempre, non deciderò da solo, sugli eventuali correttivi da apportare. Al momento comunque non è in agenda il cambio di allenatore. Non dimentichiamo che il Brasile ci ha sempre battuto, escluso nella finale di Nations league”.

Quel successo, dopo l’oro europeo, ha illuso e reso le azzurre favorite, con l’obbligo di vincere, come dall’argento i 4 anni fa, quando la Serbia si impose al tiebreak, complice qualche errore di Sylla, la migliore l’altra sera in semifinale.

Mazzanti ha meritato la panchina azzurra per lo scudetto a Bergamo, vinto a 35 anni, per quello a Casalmaggiore, con la moglie Serena Ortolani, per il primo a Conegliano, con annessa finale di coppa dei Campioni. Dopo l’uscita al primo turno alle olimpiadi di Rio, con Marco Bonitta, venne nominato nel marzo 2017, negli ultimi mesi in cui era all’Imoco. Mancò le semifinali nell’Europeo di quell’anno, colse poi l’argento in World Grand prix e ai mondiali, il bronzo a Euro 2019 (e fu una delusione, con i soliti errori di Egonu), uscì ai quarti dell’olimpiade, male. Ha vinto gli Europei un anno fa, la Nations e adesso questo bronzo. Può non bastare, è in bilico perchè lo spogliatoio è diviso e Paola Egonu fa un po’ categoria a parte. Anche nelle interviste, decidendo di privilegiare la tv. Per carità, chiude da top scorer però continua a sbagliare troppo nelle occasioni chiave e oggi non lo era.

Se davvero il presidente federale Manfredi deciderà di cambiare ct, sceglierà fra Giovanni Guidetti, il modenese che avrebbe meritato la panchina azzurra già dopo l’addio di Massimo Barbolini, dopo i quarti di Londra 2012, ma ha un temperamento molto forte, difficilmente gestibile, peraltro solo stavolta con la Turchia ha deluso. Allenerà Egonu già nel Vakifbank Istanbul, vincitore di mondiale per club e Champions league, e proprio Paola potrebbe magari fermarsi per un anno, con la nazionale, saltando l’Europeo del 2023 che l’Italia organizzerà con Belgio, Estonia e Germania, ma di sicuro ci sarà, per Parigi ‘24.

La prima alternativa è un altro duro, Stefano Lavarini, ct della Polonia, portata ai quarti iridata dopo 60 anni e capace di raggiungere una incredibile semifinale olimpica con la Corea del Sud. Allena Novara, che un anno e mezzo fa fece scricchiolare l’impero di Conegliano, in Italia. Come Guidetti, sa portare le ragazze  sistematicamente molto oltre i propri limiti, cosa che a Mazzanti non riesce più, con l’Italia.

E poi c’è Daniele Santarelli, con la Serbia da quest’anno, subito in finale, raggiunta con il brivido sulle polacche. Guida Conegliano, è difficile che lasci così rapidamente il progetto serbo, con la nazionale più continua degli ultimi anni. Mazzanti fra l’altro è a contratto solo con la federazione, sino al 2024, al contrario di questi altri 3 grandi ct.

Oggi, intanto, a stemperare la delusione per la quinta occasione persa (due agli Europei, una al mondiale 2018 e soprattutto l’olimpiade, un anno fa), arriva il terzo posto, almeno a evitare la 3^ sconfitta. E lui svicola sull’argomento esonero, dopo la commozione: “Facciamo un po’ di festa, che ne abbiamo bisogno, e poi parliamo, vediamo”.

Dall’ace di Egonu, sul 5-3, gli Usa passano sul 9-13, con errore di Caterina Bosetti. 15-14, con la free ball di Orro, non passano più: ace di Bosetti, pipe di Egonu, 21-17; sino al primo tempo di Danesi per il 25-20.

Dall’11 pari, nel secondo parziale, l’Italia vola via con due muri di Egonu e uno di Bosetti, a dominare il parziale anche due aces, di Lubian e Danesi, che con il Brasile aveva sbagliato l’unica partita iridata. Il 25-15 è anche frutto della scelta del ct Karch Kiraly di impiegare la seconda alzatrice, Carlini: lui era il mito di Ravenna, 30 anni fa, e con il marchio Messaggero vinse tutto, prima di darsi al beach e vincere l’oro nel ’96, ad Atlanta, anno del debutto a cinque cerchi della sabbia.

Mazzanti insiste con le titolari, con Caterina Bosetti e non con Pietrini, anche nel terzo set, in cui le azzurre sono avanti 9-7 ma poi si attardano, complici le difficoltà in attacco di Lubian. Dal 15-19 sono le americane a bloccarsi, il pallonetto da seconda linea di Egonu dà il -1. Poi un errore al servizio, l’ace di Drews e il muro di Washington su Sylla significano 20-24, complice un errore arbitrale. L’Italia però non accetta i rischi di un prolungamento della partita, la rimette in sesto: mano out di Sylla, pallonetto di Egonu, un ace, il mano fuori di Paola e 24 pari. Un sussulto di Wilhite ma ancora Sylla, la fast fuori di Washington, sino al muro di Anna Danesi su Robinson, 27-25. E’ giusto che l’ultimo punto sia della più continua della nazionale, a un passo dalla seconda laurea.

Resta l’immagine dell’abbraccio di Monica De Gennaro, la veterana della compagnia, 35 anni, a Egonu. Lacrime per entrambe, dopo la semifinale avevano colpito quelle di Alessia Gennari, la meno impiegata. “Ci vorrebbe una bacinella, per raccogliere le lacrime di tutti”, sorride Mazzanti. 

Ma se anche non arrivasse a Parigi 2024, di sicuro troverebbe una nazionale all’estero per il prossimo mondiale, nel 2026 sarà in Giappone e a 32 squadre. Dipenderà anche da lui.

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