“Zagnoli, chiamami solo per cose serie”. Quel caposervizio, ora in pensione, ebbe uno striscione allo stadio dove i tifosi lo invitavano a pagare i debiti

Faccio attenzione a quanto scrivo sul blog. Io che amo nomi e cognomi faccio attenzione. C’è un bravo collega, Cristiano Tassinari, che ha fatto un libro raccontando quel che io non posso raccontare. Perchè qualche collega, caposervizio, è pronto a giudicarmi non per quanto ho fatto in carriera, ma per questi pezzi. E allora non faccio i nomi.

Dunque, una dozzina d’anni fa, a occhio, c’era un grande collega, caporedattore, forse. Un personaggio anche di spettacolo, che ebbe anche la sua ribalta televisiva, diciamo una volta l’anno o una settimana l’anno, via. Di fronte alle mie telefonate – centellinate perchè era uno di quei capiredattori suscettibili – era risentito. Chessò, proponevo Scala o Malesani per Parma – Juve, mi diceva: “Scusa, ma tu Scala vai a farlo a casa sua? Dove lo becchi”?

Boh, sembra che fosse proibito farlo al telefono. Poi gli ho scritto quando è andato in pensione, su facebook, perchè non sopportavo la sua arroganza. Mi rispose che oggi come allora non avevo capito che il suo era un bel modo per dirmi che non aveva bisogno dei miei pezzi.

Anni dopo, un caro collega, amico, mi disse che allo stadio i tifosi gli avevano dedicato uno striscione. Lo invitavano a pagare i debiti, in dialetto.

Glielo segnalai in privato, gliene andava a lui.

Oggi parlavo con un’amica, in difficoltà economica.

Quando mi alzo, mi guardo allo specchio e dico: “Io più di così non potevo fare, ho la coscienza a posto”.

Lei più di così non poteva fare. Aspetta un lavoro, per lei e il compagno.

Cos’è mancato per avere un contratto? Semplice, la faccia di quel caposervizio o caporedattore ora in pensione. Cioè il lacchè nei confronti dei potenti e l’arroganza nei confronti dei sottoposti.

I potenti a 360 gradi. L’editore, il direttore, il vicedirettore. I personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo. Gli agenti, tutto. Così si fa.

Il brillante dove ho da guadagnarci, l’arrogante con chi non mi porta non un miglioramento del prodotto editoriale – almeno un completamente – ma un miglioramento della mia visibilità, dell’attenzione su di me in riunione. Se il pezzo mi serve per aumentare attenzione su di me, sulla nostra testata o sulla mia carriera, te lo pubblico, altrimenti non mi serve.

Allora quel pensionato che mi diceva “Zagnoli, chiamami solo per cose serie”, di fronte al mio “Com’è quella storia dello striscione?”, ovviamente era risentito. “Non ricominciare”.

Allora funziona che in tv vanno bene gli insulti, tutto, il coglionismo, l’arroganza, i teatrini, lo stupidismo. Le parolacce. Invece per un pezzo così ci sono i critici pronti lì a evidenziarlo, a mostrarlo per dire che hanno ragione a non farmi scrivere.

A puntate, racconterò altre storie del genere. Sono tante, vissute sulla mia pelle.

 

Leave a reply