Enordest.it. L’omeopatia. Vannizagnoli.it: “Migliora la vita”. La moglie: “Non mi pare, ti illudi”

(enordest.it)

https://www.enordest.it/2025/08/31/io-sono-per-la-medicina-ufficiale-mio-marito-per-lomeopatia/

Silvia Gilioli

E poi c’è l’omeopatia, è un bel dibattito, fra me e mio marito.

Io lavoro in ambito medico, dal 2000, partii da contabile e da segreteria e progressivamente con ruoli organizzativi. Non sono una dottoressa e neanche ho studiato per diventarlo, sono semplicemente ragioniera, ma essendo a stretto contatto con i sanitari ho aumentato la mia fiducia nel sistema, fiore all’occhiello del nostro Paese, salvo eccezioni.

Privato, dove lavoro io, e pubblico. Soprattutto a Reggio Emilia, dove viviamo, c’è eccellenza.

E allora ogni volta che ho un problema mi rivolgo a un medico, con fiducia.

Mio marito ha fatto un po’ e un po’. Una ventina d’anni fa decise di provare con l’omeopatia.

“Ho sempre sofferto – racconta – di ansia, di depressione, favorite dalla professione partita iva. Inizialmente mi rivolsi a un omeopata che forniva un rimedio generale di base e altri rimedi all’occorrenza, per esempio la nux vomica per i problemi di stomaco o il sulfur per l’intestino”.

Normalmente lui ama pubblicare i nomi, sempre, stavolta decido io e non li spendiamo.

“Mi seguiva uno psicoterapeuta di vaglia, una volta provai anche con l’antidepressivo, mi chiudeva lo stomaco, decisi di sospendere e probabilmente fu l’errore chiave. Avevo preso spesso l’induttore del sonno, Stilnox, poi Halcion, avendo l’abitudine di fare tardi per lavoro e poi di uscire. Programmavo la giornata successiva la notte, lo fanno in America, non è così salutare”.

Il discorso dei bioritmi è assolutamente fondamentale e lui li ha sempre trascurati. Comunque, dal 2016, all’incirca, non incontra più lo psicoterapeuta, in realtà sarebbe stato fondamentale seguire le sue indicazioni, non solo farsi ascoltare a mo’ di sfogo.

“Su consiglio di un giornalista – ricorda -, mi rivolsi a un altro omeopata, unicistico, che abbinava la melatonina alla sostanza. Ricordo che me ne prescrisse 5 milligrammi, nella notte di vigilia degli eventi più stressanti. Si risentì perchè gli dissi che non riuscivo a prendere appuntamento in fretta per vedere come andava la cura e allora rinunciò a seguirmi”.

Periodo di stop, cercando un altro omeopata. 

“E quei mesi sono anche insidiosi, nelle reazioni, ovvero psicofarmaci in particolare possono condizionare i comportamenti, soprattutto quando si lasciano all’improvviso”.

La svolta, relativa, arrivò nel 2018, a nostro ricordo, grazie alla moglie di un giornalista di Bologna, medico, in pronto soccorso ma pure omeopata.

“E lì sono arrivato a un luminare dell’omeopatia, con cattedre in giro per l’Europa. ‘E’ una sfida seguirla’, mi disse. E’ unicistico, ovvero sceglie una sostanza e va avanti con quella, cambiando magari le diluizioni”.

Anche qui non citiamo la sostanza.

“L’omeopatia non cura il sintomo, parte dal sintomo per far cambiare lo status della persona. Il problema per me è sempre stato il fai da te, ovvero a primavera mi sento meglio, abbasso magari il numero di gocce e così riprendo con vecchi circuiti mentali. Serve rigore, nell’aggiornare il medico, e nell’informarlo delle cose salienti. Non magari procedere a ondate”.

I rimedi vengono anche definiti medicina dolce, io sono sempre stata scettica.

“Ci sono situazioni in cui l’antibiotico è indispensabile, come il ricorso al medico di base o a uno specialista ma in generale si vive meglio. Anche solo un induttore del sonno dà effetti collaterali, come derealizzazione, aumento dell’ansia, soprattutto nel momento di lasciarli, ripeto, l’omeopatia cerca più di curare l’origine dei problemi. Poi è chiaro che non fa miracoli”.

Mio marito consiglia anche a me l’omeopatia, a inizio millennio mi convinse a provare, con il suo primo omeopata, per esempio notai eruzioni cutanee sulla schiena, al posto della terapia che usavo abitualmente, classica di molte donne, e ritornai a quanto usavo di solito.

“I rimedi unicistici sul lungo periodo producono cambiamenti di rilievo, certo occorre costanza, puntualità anche lì, perchè sono medicinali veri e propri e sempre più italiani li usano”.

Quando c’è un’urgenza, una situazione particolare, l’omeopata non interviene subito.

“Essendo forse il migliore d’Italia è molto richiesto, la velocità di risposta dipende anche dai suoi carichi di lavoro. E poi c’è il ricevimento telefonico quotidiano, con lui o i colleghi”.

Se l’omeopatia fosse davvero quel che crede mio marito, sostituirebbe completamente i farmaci.

“E’ fondamentale il timing di assunzione, ovvero almeno mezz’ora prima di un pasto e almeno mezz’ora più tardi. Distanziarle sufficientemente, nell’arco della giornata, quando sono due. Lo stesso omeopata dice: ‘Non abbia paura di assumere anche farmaci’. Pensa al gastroprotettore, al betabloccante, magari per ridurre le pulsazioni”.

Il dibattito sarà infinito, fra la medicina tradizionale e l’omeopatia.

“A me ha migliorato parecchio la vita, mi sento di consigliarla a tanti. In tanti la deridono. Rammento un inquilino domenicano che fece uso di droghe, a lungo, e poi usava tanto ansiolitico e anche magari gocce per dormire e antiipertensivi: rideva, vedendo la mia boccetta nella tracolla, peccato che mi avesse più volte picchiato… Certo da sola l’omeopatia non basta, serve anche forza di volontà, molto individuale”.

Penso agli sbalzi di peso, di mio marito.

“Vertiginosi. Al punto da arrivare al diabete, adesso va abbastanza meglio, da quel punto di vista, ma ricordo quando l’omeopata mi disse: ‘Se lei avesse osservato con puntualità le somministrazioni, sarebbe andata diversamente’. Già mi capitò di saltare qualche somministrazione di giorno e di prenderne troppo tardi, a ridosso del tentativo di dormire”.

E si potrebbe continuare a lungo, tra i medici che combattono l’omeopatia, come il dottor Burioni, e quanti la accettano. 

“L’una può non escludere l’altra. Adesso i rimedi omeopatici si possono pure scaricare dalle spese sanitarie, idem se ricordo bene le visite mediche. Un passo avanti è stato compiuto. Rammento quando il medico di base forse 20 anni fa mi disse: ‘Deve fare una scelta di campo, fra medicina e omeopatia’. Negli anni mi sono spostato il più possibile verso l’omeopatia. Poi c’è il lavoro personale che è fondamentale”.

Concludendo, no al fai da te, e questo lo sappiamo. Io, inoltre, stento a credere che una sola sostanza possa bastare.

“Esistono quelle ad hoc per eventi particolari, per esempio l’assorbimento più veloce di un trauma osseo, per un’aggressione o una caduta. Per la febbre, per esempio, l’omeopata consiglia di aumentare la frequenza di somministrazione, anche ogni 2 ore, e poi abbassarla di un’ora al giorno nei successivi, sino a ritornare alla doppia assunzione quotidiana, sempre della medesima sostanza. Certo ci possono essere virus particolari. Di recente ho scoperto persino l’anestesia dentaria omeopatica, ma non nell’ambulatorio dove andiamo entrambi”.

Ci sono pro e contro in entrambe le situazioni, fondamentale alla fine è accettare le cure e confrontarsi, sempre. Soprattutto, non rimandare.

“L’anno scorso per 6 mesi non ho informato l’omeopata, senza farmi vivo neppure per la visita di controllo. Quando poi avevo bisogno ho dovuto aspettare un mese e mezzo la riprogrammazione e, per la prima volta forse in 7 anni, mi ha cambiato il principio attivo”.

L’ultima notazione che ci concediamo sono le spese. Le sostanze costano relativamente poco, fra i 10 e 30 euro. “Esistono i granuli, i globuli e le gocce. Alcune sostanze più particolari vengono composte solo all’estero, in particolare in Austria, Remedia le ha tutte. Poi ci possono essere diluzioni uniche, per esempio globulini che finiscono in una soluzione idroalcolica al 20%, come quella che sto prendendo io ora”.

La Francia, in particolare, è all’avanguardia nell’omeopatia. “In Europa, anche all’est, negli Usa e persino a Dubai ci sono corsi importanti. Ovviamente è più difficile che faccia presa in Asia e in Africa. Boiron e Cemon sono le case omeopatiche più diffuse”.

Credete a me, fidatevi della medicina ufficiale.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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