VANNI ZAGNOLI
Il Sassuolo in zona playoff, nella sua prima volta in serie B, è l’ultima favola del calcio italiano. E’ stato promosso al secondo campionato di C1, mentre sino a quattro anni orsono faticava a sopravvivere in C2. Salvezze ai playout, un ripescaggio, dopo tante presenze fra i dilettanti, per una squadra che era dietro a Fiorenzuola e Brescello e si era battuta anche con Fidenza, Collecchio e Reggiolo.
La svolta con l’ingresso nella proprietà della Mapei, che ha entusiasma il paese modenese di 40mila abitanti.
Giorgio Squinzi è milanese, tifoso rossonero, in questo mercato di riparazione prenderà magari un campione dal Milan?
“Non abbiamo nessun sogno – risponde il patron neroverde, 65 anni -, manteniamo i piedi per terra, andiamo avanti per la nostra strada. Dopo la promozione abbiamo potenziato la squadra in maniera intelligente, senza modelli da seguire. Per questo mercato non ho stanziato un budget particolare, i dirigenti Nereo Bonato e Giovanni Rossi stanno valorando, attendo le loro proposte”.
Se pensa a Parma che cosa le sovviene?
“Ho seguito con simpatia la squadra gialloblù che vinceva in Europa, offrendo buon calcio, espressione di una terra ad alta tradizione sportiva. Inoltre sono state tante volte al teatro Regio, da grande appassionato di lirica: ho visto di tutto, dal Rigoletto alla Traviata”.
Come immagina la partita del Tardini?
“Spero che il Sassuolo la giochi alla morte, come si dice, davvero sino in fondo, poichè ultimamente ha subito qualche gol di troppo nel finale. Peccato per il rinvio della gara con il Brescia, dello scorso weekend, altrimenti davvero questa sfida poteva valere il titolo d’inverno”.
Come ha fatto a portare il Sassuolo così in alto?
“Con la programmazione, la squadra è un bel mix fra esperienza e gioventù. Abbiamo il problema dello stadio, al Ricci non è possibile giocare, poichè ha soli 4mila posti (il minimo inderogabile è di 7500, per la B, ndr), pensavamo di trasferirci a Reggio, allo stadio Giglio, come due anni fa, per fortuna poi si è creato un buon feeling con Modena e lo stadio Alberto Braglia”.
Una delle stelle della promozione è stato Filippo Pensalfini, 31 anni, che sfiorò la B a Brescello.
“Apprezzo la squadra nel complesso, peraltro non la seguo in maniera quotidiana, ho molti impegni di lavoro”.
Ha scelto lei Andrea Mandorlini al posto di Massimiliano Allegri, che si sta confermando al Cagliari?
“Non entro nelle questioni tecniche, abbiamo una struttura molto valida. Fondamentale anche la preparazione atletica, curata dal nostro centro di ricerca, a Castellanza, con il professor Aldo Sassi”.
Sino al 2002 la Mapei dominò nel ciclismo, conquistando ben 654 vittorie: per tre volte, primo, secondo e terzo posto, nella Parigi Roubaix. Perché ha lasciato?
“Dal ciclismo per il momento ci siamo disimpegnati, come squadra, però siamo stati lo sponsor principale ai Mondiali di Varese e lo saremo anche quest’anno, nell’edizione di Mendrisio. Il problema doping era evidente, ancora la piaga non è stata debellata, si pensi ai casi emersi anche dopo l’ultimo Giro d’Italia e il Tour de France. Peraltro la squadra di calcio costa un quinto, forse un quarto, rispetto ai professionisti della bicicletta che vincevano sempre”.
Perchè la Mapei ha deciso di impegnarsi nel pallone?
“Siamo presenti in 24 paesi del mondo, in cui accompagniamo le piastrelle italiane. Il legame con Sassuolo è forte, perché è da lì che partono. Non mettiamo limiti alla provvidenza: eravamo lo sponsor della nazionale al mondiale di Germania; vogliamo vincere, non competere”.
L’obiettivo è la serie A?
“Aspiravamo a un campionato positivo, senza rischi di retrocessione. L’impianto di squadra non è stato cambiato, in 3 anni ci ha permesso di scalare due categorie. Peccato per le occasioni che abbiamo perso in trasferta, di questo non credo riusciremo a salire”.
Da “Gazzetta di Parma”