Assocalciatori.it. Il pallone racconta: Gianni Comandini, doppietta nel derby del 2000 e l’addio al calcio a soli 28 anni: “Colpa del mal di schiena, il Milan mi pagò 20 miliardi di lire”

 

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Gianni Comandini

Dal sito dell’assocalciatori, la storia di Gianni Comandini

http://www.assocalciatori.it/area-news/2015/il-pallone-racconta-gianni-comandini/

 

Fece doppietta nel suo primo derby milanese, come solo Paolo Rossi. “Ma lui ha avuto una carriera molto diversa. È diventato campione del mondo e capocannoniere di Spagna ‘82, io ho smesso a 28 anni”. Come Marco Van Basten. È la parabola di Gianni Comandini, cominciata a Montevarchi, in C1, e poi con la Serie B a Cesena. Nell’estate ‘98 la acquistò il Vicenza, lasciandola per un’altra stagione in Romagna.
“Segnai 20 gol con Edy Reja in panchina, autografando l’ultima promozione biancorossa. E lì Cristian Bucchi diventò il mio miglior amico, nel calcio”.
C’era il serbo-slovacco Almir Gegic, poi capo della banda degli “zingari”, perno delle scommesse.
“Non parlava l’italiano, se ne stava per conto suo, onestamente mi ha sorpreso vederlo nell’inchiesta”.
Nel 2000 divenne campione d’Europa Under 21, da seconda punta, accanto a Nicola Ventola.
“Vincemmo il titolo in Slovacchia, con Marco Tardelli CT, poi ritrovato in quel famoso derby. C’erano Andrea Pirlo e Gianluca Zambrotta, Rino Gattuso e Simone Perrotta, poi campioni del mondo, e anche Massimo Ambrosini, adesso fra i commentatori di Skysport. Alle Olimpiadi di Sydney 2000 ci fermammo ai quarti, eliminati dalla Spagna”.
Al Milan costò 20 miliardi di lire…
“Il passaggio mi sbalestrò, era un altro mondo e su di me si crearono grandi attese. Mi presentai in agosto, con il bellissimo gol del 3-1 alla Dinamo Zagabria, nel preliminare di Champions league. In ottobre, al ritorno dall’Australia, accusai i primi sintomi di lombalgia”.
Doveva essere la riserva di Oliver Bierhoff, eppure non si sentiva inferiore neanche a Shevchenko, poi Pallone d’oro. Fu accantonato per una discussione con Alberto Zaccheroni, romagnolo come lei…
“Per una quisquiglia, un calendario benefico. Il mister sosteneva che fossero cose da campioni, mentre io avrei dovuto pensare a giocare. Oggi lo capisco, allora di meno”.
Subentrò Cesare Maldini, assieme al vice Mauro Tassotti. La schierò nella stracittadina di ritorno, mandando in tribuna Bierhoff.
“Giocai solo 13 partite nel Milan, complice l’infortunio a metà stagione, e gli unici gol arrivarono in quel 6-0. Fu un derby assurdo, perché il primo tempo terminò 3-0 ma la nostra supremazia non fu schiacciante. Entrambe le squadre vivevano una stagione negativa, il pronostico era per i nerazzurri”.
Al presidente Silvio Berlusconi non era simpatico?
“Mi avrà parlato 2-3 volte in tutto l’anno, il suo atteggiamento era normale. Erano i giornalisti a raccontarmi la sua delusione: lo comprendo, era abituato ad avere campioni come Van Basten, con la maglia numero 9, io ero poco più che un ragazzino”.
Oggi che fa?
“Ho trasformato il teatro Verdi di Cesena in un ristorante-discoteca. Simpatizzo per i bianconeri di Mimmo Di Carlo, spero ancora nel miracolo della salvezza, dopo le tre promozioni conquistate con Pierpaolo Bisoli, di cui due in A. E ogni anno mi concedo 4 mesi di vacanza nei paradisi del surf, in giro per il mondo”.

Vanni Zagnoli

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