Il derby di Genova. Il racconto di colore e dei tifosi, per la mia seconda volta a Marassi. La prima non si giocò per diluvio. Il treno, il taxi, il dopo

derby genoa-sampdoria I colori dello stadio Ferraris prima dell’inizio del derby

Questa è la versione originaria del racconto del derby che avevo preparato per Il Secolo XIX. Grazie a Paolo Giampieri per l’opportunità, l’interpretazione è stata molto personalistica, la redazione è intervenuta a riscrivere il pezzo secondo i criteri più liguri e meno originali. Comunque è stato un enorme piacere, per me, essere considerato.

VANNI ZAGNOLI
Genova. “Chi guarda Genova sappia che Genova si vede solo dal mare, quindi non stia lì ad aspettare. Che quei gerani della gioventù…”. Venire apposta da un’altra regione, per assaporare il derby più coreografico al mondo riporta a Ivano Fossati, genovese agnostico di calcio, teoretico e poetico, chissà dove con il figlio Claudio, da quando non canta più.“Genova per noi” è nei doriani Fabio Fazio e Maurizio Crozza, Bruno Lauzi scomparso un decennio fa e Baccini, non importa il nome, genoano.
In Emilia salgono ogni anno i Figgi do Zena, ai mondiali antirazzisti, a Marassi li cerchiamo noi, ma lo striscione non si vede, per un derby seguito nel mondo da Milito e da Vialli, da Mancini e Aguilera. I libri su Sampdoria e Genoa sono anche nelle librerie fuori regione, buon segno. “Genoa, Genoa”, quando sale il coro è da brividi, per chi mai ha visto un derby dal vivo, l’unica volta era stato rinviato per diluvio, un anno e mezzo fa. “Genoa, Genoa”.
Il treno marcia verso Brignole in un pomeriggio caldo, per essere fine ottobre, soleggiato, da Milano. Taxi, le squadre sono già in campo, perchè anticipiamo l’uscita, alla stazione sbagliata. Antistadio, accredito, tutto. “Genoa, Genoa”. Ah, pardon, è in casa la Sampdoria. Formidabile quel ’92, semifinale Uefa e finale di Champions, Liguria al potere, non operaio. “Genova, Genova”, correggiamo così, via. E’ la festa della Liguria, aspettando Entella e Spezia magari insieme, perchè qui è l’apoteosi del calcio. Chissà se all’Acquario seguono il derby, se i pesci si interessano al pallone, se la religione è anche loro. Il sabato del villaggio. “Un sabato italiano”, canterebbe Sergio Caputo. E’ in casa la Samp e allora tantopiù al gol di Muriel sovrasta il tifo. Sino al pareggio, perchè lì si scatenano quelli di “You’ll never walk alone”. Impressionanti, neanche fossero a Liverpool o ad Amsterdam, 24 anni fa. “Canto, discanto”, torna in mente un Fossati d’antan.
Dalla gradinata blucerchiata si alzano cori intrascrivibili, forse per ripicca dello striscione “Siete 4 sciacqualettighe”. Serve mezz’ora per decrittarlo, dalla tribuna stampa, nonostante gli occhiali. Di fianco campeggia lo striscione di Sestri Ponente. Gli fa eco, in Nord, “Bogliasco stressati”.
In panchina l’insegnante di lettere Alberto Corradi si dimena molto più che all’algerghiero di Finale Ligure, Marco Giampy (come da sua mail…) è più compassato. La delusione sono i distinti, servivano 60 euro, a migliaia restano a casa per protesta con Ferrero, convinto di avere fatto conoscere la Samp nel mondo, dunque oltre Recco e Chiavari… Mai il Luigi Ferraris così vuoto, per un derby non inutile. Utile è, naturalmente, la vendita di tutte le bandierine blucerchiate, con incasso per i terremotati.
La scena più da derby è all’inizio, Puggioni è l’idolo della Nord, dalla Sud gli tirano di tutto. Si acquietano con l’autogol di Izzo e con la parata di Perin. Un po’ in sordina, invece, l’uscita della Pro Recco campione d’Europa, a un quarto d’ora dalla fine. Il coinvolgimento per il calcio è tale che offuscare la pallanuoto. Che non fa pagare il biglietto. Al contrario dell’esoso Ferrero. La nota più stonata all’uscita in barella di Muriel: “Devi m…”. Quand’anche fosse scena, non si urla mai. E non è, dal momento che esce. Ah, il dopopartita è tutto nei selfie con il presidente doriano e con Rino Gaetano. Il cielo è sempre più blu.

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