Enordest.it. Mia moglie ama le fiction televisive. Se la tv è rilassante

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Vanni Zagnoli

Da anni vedo mia moglie, Silvia Gilioli, giornalista, pubblicista, contabile di professione, da quasi 30 anni, seguire parecchie fiction televisive. Ha 49 anni, è un’italiana media, sul piano della passione per i programmi tv, certo ama tanto il genere.

A me non dispiace ma è raro che ne segua, per quanto ce ne siano tantissime di interessanti. Rammento la fiction su Gigi Meroni, la farfalla granata, su Pietro Mennea, da giornalista sportivo, il mese scorso almeno 3 puntate su Aldo Moro. Ne ho vista una, sullo statista ucciso dalle Brigate rosse, le altre sere forse c’era basket, forse il mondiale.

Ricordo Silvia osservare Lorenzo il Magnifico, lei sceglie fra Rai1 e Canale5, alcune le guarda in differita, su Raiplay e l’equivalente di Mediaset.

Da un paio d’anni segue su Rai1, il pomeriggio, in realtà appunto quando rientra dal lavoro o la sera la fiction delle 16, a memoria mi sfugge il nome, di proposito non lo cerco. Ci sono signore con abiti verdi, l’ambientazione è forse nel primo dopoguerra, c’è bellezza.

Il genere è di successo, la narrazione è seducente, esattamente come la maggioranza delle attrice e degli attori. Le fiction sono in sintonia con la stampa rosa, i rotocalchi, i femminili, intesi come periodici.

Mia moglie ama molto i film, le trame, le storie. Io preferisco la ricostruzione storica precisa, scrupolosa, quelle poche che seguo vorrei fossero veritiere, senza invenzioni, un romanzere gratuito.

Il genere è di successo, dicevo, fra sentimenti e ideologie, tra buoni propositi e insegnamenti, fra etica ed estetica, tra amore e guerre. Titolo breve, grandi ascolti, una o più puntate, storia o politica, società o costume, famiglie o lavoro, personalità e personaggi più leggeri.

Ogni tanto mi affaccio, in soggiorno, dal mio letto, dove scrivo e ho due tv, una spesso resta spenta, sulla principale guardo in genere Skysport24 e se mi va accendo l’altra per vedere se c’è altro sport, oppure altri canali, ma come eccezione.

Mi affaccio, dicevo, da mia moglie, a sedere sul divano e a seguire gli Olivetti, delle macchine da scrivere, o altri temi che hanno fatto la storia d’Italia o magari del mondo, Africa o America latina, navi o naufragi.

Da un decennio si chiamano fiction, appunto sono poche puntate, anni fa furoreggiavano le soap opera, come Un posto al sole, tuttora in voga, appena sposati, a san Silvestro del ’94, seguivamo insieme Dynasty, non Dallas. Tempo fa si parlava di telefilm, negli anni ’80 rammento San Francisco o qualcosa del genere, con Michael Douglas, non ancora celebre per Basic Instinct. 

La serie tv che ricordo sempre con maggiore piacere era La Squadra, proseguita forse per 8 stagioni, da fine anni ’90, meravigliosa, parlava di polizia, il giovedì sera, direi.

Ciascuno ha la propria fiction preferita, comunque diversa rispetto ai film veri e propri, di cui si legge tanto nelle pagine degli spettacoli e tv.

Venezia è la città della mostra, del cinema, la fiction è un genere ibrido, magari si può fermare più volte, per la pubblicità, e lì posso dialogare con mia moglie, senza farle perdere passaggi o alleggerimenti.

Film vecchi passano su tante tv, regionali, provinciali, la fiction però piace e si affianca, dicevo, ai telefilm. Il successo sta, magari, nel cortometraggio, il cult di Rai1 delle 16 preferito da Silvia Gilioli dura 40 minuti.

Sottolineo proprio il vantaggio di vederla sulla rete, resta lì, a portata per almeno due mesi, talvolta molto più a lungo.

Alcune produzioni sono molto costose, uno dei generi più gettonati resta la mafia, le storie intricate, con temi anche di attualità, di insegnamento, ovvero evitare il sessismo, il razzismo, favorire l’integrazione.

La fiction televisiva è un genere che sarà sempre di successo, nonostante teoricamente sia di categoria inferiore rispetto ai film da competizione.

L’effetto è rilassante, rasserenante, certo favorisce la vita sedentaria, non scherzo, ma questo vale per chi guarda tanta tv e non fa attività fisica e ha un lavoro fisico.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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