Il Giornale, i 50 anni di Dario Hubner. “A 18 anni, lavoravo l’alluminio per le finestre. Mi rivedo in Boksic e Belotti. Il titolo di capocannoniere a Piacenza, a 34 anni: Toni mi ha battuto il record di più vecchio re del gol”

Dario Hubner con la maglia del Piacenza (piacenzasera.it)

http://www.ilgiornale.it/news/sport/hubner-50-anni-bisonte-gol-io-re-dei-bomber-i-catenacciari-1390749.html

Vanni Zagnoli
Mezzo secolo da bisonte, oggi. I riccioli e il pizzetto sono brizzolati, Hubner fa il casalingo e aspetta una panchina.
Dario, ma quel cognome da dove viene?
“Dal nonno paterno, tedesco, di Francoforte: si trasferì a Trieste, neanche l’ho conosciuto”.
E’ sposato con Rosa Cantoni, sorella di Federico, suo ex compagno.
“Al Chiari e al Rodengo, nel Bresciano, quando terminai la carriera ai massimi livelli. Conobbi mia moglie alla trattoria Rosetta, ma non era intitolata a lei: faceva la cameriera, a Capergnanica, nel Cremasco. Viviamo in una cascina ristrutturata, a Passarera: avevamo il bar Type, con l’altro mio cognato, Diego, 4 anni fa l’abbiamo dato in gestione”.
Nel 2015 comparve nel video “L’estate di Hubner”.
“Dei Toromeccanica, un gruppo giovane di Lecce, miei ammiratori”.
Da professionista ha girato 10 squadre. Partì dalla 1^ categoria, alla Muggesana, mentre faceva il carpentiere.
“A 18 anni lavoravo l’alluminio per le finestre. A Trieste si vendevano bene, riparano dalla bora: sino a metà degli anni ’80 c’erano solo quelle in legno”.

L’allenatore della svolta fu Guidolin, al Fano?
“Per i primi movimenti tattici, iniziava la zona, sino ad allora era stati allenamenti basati sulla corsa”.
Assieme a Igor Protti, è l’unico vincitore capocannoniere in serie A, B e C.
“Al Fano, in C1, mi bastarono 14 gol: si giocavano meno partite, rispetto a oggi”.
E perchè si segna tanto in A?
“Con i 3 punti, le squadre cercano di vincere, molte si sbilanciano. Un tempo, Brescia e Piacenza a San Siro stavano rintanate per 85’, adesso contro il Milan anche le provinciali fanno un’azione a testa”.
Lei quando diventò il “bisonte”?
“A Cesena. Furono i tifosi, per il modo in cui correvo, ingobbito. Per tanti divenni Tatanka, la traduzione in lingua sioux, basta guardare il film Balla con i lupi. Vinsi il titolo cannonieri in B con Maciste Bolchi”.
A Brescia giocò con Roberto Baggio…
“Che non era più al top. Mi rimase impresso Pirlo, già fenomenale a 20 anni, per il tocco di palla e l’intelligenza. E poi ricordo Filippo Galli, l’esempio: a 35 anni aveva un carattere allucinante, un computer; ecco perchè restò tanto al Milan”.
Lei a 34 anni passò al Piacenza, per 6 miliardi. Capocannoniere con 24 gol, assieme a Trezeguet.
“Il più anziano. Sino al 2015, a Toni, 38enne con il Verona. Il gol più bello fu il 3-0 proprio all’Hellas di Malesani, retrocesso. Ci salvammo e vinsi il titolo, scartando Ferron in contropiede”.
Passò fra i dilettanti e a 39 anni venne squalificato, per avere firmato un contratto in Eccellenza.
“Ero all’Orsa Iseo, sul lago. Un piccolo stipendio più un premietto, mi fermarono per una stagione, ridotta poi a mezza. Ignoranza mia, ero abituato al professionismo”.
Continuò a segnare sino ai 44 anni, quello è il vero primato. Ma da allenatore perchè non emerge?
“Sono stato due anni in Eccellenza, ora ho fatto il master, per migliorare. Sono fermo: fossi più personaggio, avrei maggiori chances, ma non ho mai voluto diventarlo”.
Chi è Dario, oggi?
“Uno normale, faccio vita tranquilla, giardinaggio: vado a prendere mio figlio Marco, 17 anni, che ha ripreso a giocare dopo un anno e mezzo, negli juniores”.
E chi è l’Hubner di oggi?
“Belotti, perchè ha voglia di lavorare sempre. Non amo chi si guarda allo specchio e va sul telefonino. Corre, dà e prende le botte. Ieri mi piacevano Elkjaer, Rummenigge e Skhuravy. L’ideale era Boksic, alla Lazio, per la velocità”.
Il più grande difensore?
“Nesta, pure alla Lazio. Anticipava, senza strattonare”.
Lei perchè non ha mai raggiunto una grande?
«Arrivai tardi al grande calcio, a 30 anni pensavano fossi finito. Nel 2002, Ancelotti mi portò in tournèe, avrei fatto la terza punta, ma il Milan non aveva giovani d’interesse, per il Piacenza. Ma già nel ’94 sarei arrivato all’Inter, se Delvecchio dal Venezia avesse accettato il Cesena”.
E la storia del fumare e bere?
“Cavolate. Bevevo grappa ogni tanto, dopo cena. E un’ora e mezza prima della partita una sigaretta per rilassarmi, nel sottopassaggio, al posto di massaggi o musica: adesso ne fumo 15 al giorno, sono 88 chili, ma ricomincio a giocare. A tennis”.

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