Il Secolo XIX. Oggi Osvaldo Bagnoli compie 80 anni: “Verona è la mia città, ho allenato l’Hellas per 9 anni. Un errore essere passato all’Inter dal Genoa, colpa di 2-3 disturbatori”.

Osvaldo Bagnoli
Osvaldo Bagnoli

Vanni Zagnoli

Compie 80 anni Osvaldo Bagnoli, l’allenatore mito, del miglior Genoa del dopoguerra, quarto nel 1990-91 e in semifinale di coppa Uefa l’anno successivo. Per il “mago della Bovisa” sono mesi di festeggiamenti continui, iniziati con il trentennale dello scudetto con il Verona.

“E proprio lo scorso sabato – racconta al telefono, dalla sua Verona – sono venuti giù quasi tutti i giocatori, compresi Briegel ed Elkajer: il tedesco ha fatto 7 ore di macchina. Mi hanno fatto una sorpresa, accordandosi con mia moglie Rosanna. Neanche me l’aspettavo, a cena qui ai “Tri Ori”. Il gruppo unito, come nell’85: del resto i risultati si fanno con l’ordine che parte dagli stessi giocatori, non serve fare i duri, imporlo da fuori. La pensavo così e mi sono preso soddisfazioni”.

Anche a Genova, raccogliendo l’eredità di Franco Scoglio…

“Ho un buon ricordo, di quei due anni. In squadra però c’era qualcuno che non si comportava bene: chi non si dice, neanche 23 anni dopo. Non andai via perchè mi cercava l’Inter ma perchè non stavo più bene in quello spogliatoio”.

Altrimenti avrebbe compiuto un ciclo simil Hellas?

“E’ possibile. Verona è la mia città, qui ho allenato per 9 anni, sarei rimasto volentieri in rossoblù. Ma la tifoseria vedeva alcuni giocatori meglio di me, perciò era stato meglio che me ne fossi andato io. Peccato lì si mangiava anche bene, nel ristorante di Pegli, assieme alla squadra e ai giovani”.

Chi ricorda più volentieri?

“Beh, con la memoria un po’ fatico, soprattutto mi è rimasto impresso quel che non mi piaceva. Ma in fondo lo dissi anche allora”.

Fu un errore passare all’Inter?

“Sicuramente. Tantopiù che al secondo anno il presidente Pellegrini mi esonerò nonostante un buon secondo posto, in una società che da 4 anni non vinceva”.

L’apice rossoblù fu in Europa, con il colpo a Wembley nei quarti?

“Siamo stati la prima italiana a vincere in casa del Liverpool, dispiace per la successiva eliminazione con l’Ajax, poi vincitore contro il Torino. Sono soddisfazioni, quando vai all’estero e fai buone partite”.

Passiamo in rassegna i genoani dell’epoca: c’erano Collovati a fine carriera, Panucci all’inizio e naturalmente Gianluca Signorini.

“Tengo a spendere parole per il capitano, un buon capitano e un buon giocatore. Purtroppo gli è successo quel che sappiamo, è uno dei ricordi più struggenti”.

Il destino è stato atroce anche nei confronti di Paolo Ponzo e di Andrea Fortunato, all’epoca giovanissimi.

“Solo si allenavano con noi, li ricordo vagamente. Ma tanti erano buoni giocatori: Gennarino Ruotolo era un ragazzo capace, nel Genoa ci stava davvero bene. E gli altri re delle fasce, Eranio pure a destra, Branco a sinistra: oh, il brasiliano era un grande giocatore, un nazionale… Senza dimenticare il presidente Spinelli, con cui c’era grande stima reciproca”.

Come spiega il 14° posto in campionato, nella 2^ stagione?

“Incisero anche quei 2-3 antipatici… A Verona, invece, il gruppo funzionava da solo, è in quei casi che un allenatore si realizza. Non mi piaceva mandare via qualcuno, per questo levai il disturbo”.

In tanti hanno recepito i suoi insegnamenti e sono diventati tecnici: Torrente inanellò due promozioni con il Gubbio, Scazzola ha portato la Pro Vercelli in B e alla salvezza; lo stesso Ruotolo, Bortolazzi è stato il vice di Donadoni, al Parma.

“Rammento in particolare Bortolazzi, veronese. L’avevo valorizzato già nell’Hellas, come regista”.

Torna più a Genova?

“Venni 2-3 volte, in macchina con l’amico Paolo Goretti, già osservatore dei rossoblù, a vedere giovani e a seguire allenamenti. Ho conosciuto Gasperini, mi piace perchè fa giocare la squadra, brillante e da corsa. Sono fuori da oltre vent’anni, non vedo lo scopo di star lì a seguire il calcio con grande attenzione, però anche a me colpisce quel Perotti, mezzala argentina”.

E l’esclusione dall’Europa league?

“E’ un torto fatto alla squadra, non essere ammessi a disputare quanto avevano meritato sul campo”.

Bagnoli, si era ritirato troppo presto?

“Dopo l’esonero di Milano, cominciai a stare a casa con la famiglia. Ne avevo subito solo un altro, al debutto, in C, alla Solbiatese, nel ‘74. Sono rimasto con le figlie”.

Francesca, 52 anni, trasferita a Milano, e la non vedente Monica, di 49.

“La primogenita mi ha reso nonno, di Camillo, 18enne che recita in commedie, e Tina, 15 anni. Per 2-3 stagioni fui richiesto, ma non presi in considerazione proposte. Ora vado al mare, a Cesenatico, come sempre, da molti anni. E lì incontro tanti ex, compagni e giocatori allenati”.

 

Related Posts

Leave a reply