Ilmessaggero.it. Dal calcio alla pallanuoto, poche allenatrici in Italia: «È ora di fare squadra»

(ilmessaggero.it)

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di Vanni Zagnoli

Biondina, combattiva, metodica come uno scacchista. Tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 è stata segnata una pagina storica da Becky Hammon, la prima capo allenatrice in Nba, il sanca sanctorum dei maschi alfa. L’ex playmaker ha preso in mano i San Antonio Spurs dopo l’espulsione del capo allenatore, Gregg Popovich, contro i Lakers. Hanno vinto i Los Angeles Laker, campioni in carica, ma Becki – Rebecca Lynn Hammon – 43 anni, ha effettivamente sfondato il soffitto di cristallo. Dovrebbe essere totalmente irrilevante essere una coach, ma spesso non lo è per certe posizioni. Un buon auspicio per tutte.

In Italia le allenatrici si contano sulle dita di una mano. La più nota è Milena Bertolini, 54 anni, di Correggio, il paese di Luciano Ligabue, è ct della nazionale di calcio femminile dal 2017, artefice dello storico quarto di finale mondiale. Con lei il rendimento delle azzurre è lievitato, rispetto alla gestione di Antonio Cabrini, anche se la qualificazione a Euro 22 non è ancora certa. Milena è un personaggio a tutto tondo, tecnicamente preparatissima, di grande cultura, ospite fissa a 90° minuto. A soli 37 anni si è guadagnata lo scudetto a Verona, e poi altri due a Brescia. Di certo meritava l’investitura a ct molto prima.

PROSPETTIVE

«Nel 2023 spiega – arriveremo al professionismo femminile nello sport. Siamo una società democratica, non possiamo pensare di esserlo se per le donne non c’è la stessa possibilità». Al momento in serie A, le squadre femminili professionistiche sono 8: Juve e Milan, Sassuolo ed Empoli, Fiorentina e Inter, Roma e Verona. Il gap si misura anche nei contratti. Nel calcio femminile la coach più pagata è naturalmente Milena Bertolini seguita da Rita Guarino, scudettata da tre stagioni con la Juve. Laureata in psicologia, ha 49 anni, il viso scavato e tanta grinta. «Nel mondo del calcio – racconta – in Italia c’è un problema di genere ancora marcato». Basta solo tener presente che gli allenatori del calcio maschile quando si cimentano in A femminile vedono scendere di molto il compenso fino a duemila euro al mese.

Nel panorama va inserita anche Elisabetta Bavagnoli, per 7 stagioni centrocampista nella Lazio dove aveva anche iniziato ad allenare. Nel 1999 quando Carolina Morace guidava la Viterbese, una squadra maschile, come vice aveva proprio Betty Bavagnoli. Assieme hanno guidato anche l’Italia e il Canada. Con Milena Bertolini, sono anche le uniche con il patentino per allenare squadre maschili.

«A tutte le allenatrici di serie A – spiega Morace – hanno messo assistenti uomini, perché si pensa che un’allenatrice vada bene solo per il settore giovanile. Io ero l’unica ad avere un’assistente donna».

Bavagnoli pensa soprattutto alle atlete. «Non è possibile che chi svolge un’attività sportiva non venga tutelata nell’ipotesi in cui si infortuni o rimanga incinta. Su questo tema, siamo tutte unite». Morace e Bertolini sono anche nella Hall of Fame del nostro calcio, assieme alla romana Patrizia Panico, vice delle nazionali giovanili azzurre maschili.

Nel basket femminile l’unica in serie A1, invece, è Cinzia Zanotti, con il Geas Sesto San Giovanni, ora a metà classifica. Cagliaritana, 56 anni, guida le milanesi dal 2013. «Nello sport ci vorrebbero più donne negli staff, la nostra sensibilità potrebbe garantire qualcosa di diverso». Un tema che riprende chi festeggia i 50 anni nel volley, Simonetta Avalle, una veterana ora impegnata con le giovani. «Lo sport italiano – sostiene – è organizzato da dirigenti uomini a tutti i livelli e spesso non illuminati. Al momento, ai massimi livelli, non c’è alcuna allenatrice e le dirigenti sono pochissime». Un altro mito è Manuela Benelli, 57 anni, ravennate, regista dell’Olimpia Teodora, vincitrice anche di due coppe dei campioni. E poi ancora Simona Ghisellini, Francesca Vannini, Serena Avi e Monica Cresta che ora guida la nazionale under 17, dopo avere condotto l’under 20. Stesso discorso per la pallanuoto dove sono rimaste le tre allenatrici della scorsa stagione. Martina Miceli, romana, di gran lunga la più grintosa in vasca a motivare le ragazze. Vanta 9 scudetti da giocatrice e l’ultimo, da allenatrice, con Catania, più 5 coppe.

SPERANZE

È stata argento, a Rio, invece, la bolognese Aleksandra Cotti, che al momento allena a Firenze. Ilaria Colautti guida il Trieste. Da poco è diventata mamma di Enea. La gravidanza non le ha di certo impedito di ritornare in piscina dopo pochi mesi. Alle allenatrici manca però ancora la tutela contrattuale in caso di maternità. «Con il contratto sportivo non è ancora riconosciuto alcun benefit o tutela. Spero che questa parte rientri nelle proposte di regolarizzazione del nostro compenso» dicono in coro. Forse è davvero la priorità del 2021.

Da “Ilmessaggero.it”

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