Ilmessaggero.it. Ferrara torna in B, fu in A per 16 anni di seguito, con l’argentino Massei come capitano. Il 10° posto del basket, i due fallimenti. L’Emilia Romagna capitale del calcio professionistico, con 3 squadre in A, 3 in B e 5 in Lega Pro

Edy Reja alla Spal

Edy Reja centrocampista della Spal, mezzo secolo fa

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Vanni Zagnoli
Ferrara
“C’è una squadra sola al comando, la sua maglia è biancoceleste”. Parafrasiamo il racconto di Fausto Coppi di Mario Ferretti, per la leggenda del ciclismo.
La casacca biancoceleste è la tinta della storia per la Spal, società polisportiva Ars et Labor e a Ferrara è festa per la serie B ritrovata dopo 23 stagioni. Retrocedette con Gb Fabbri, scomparso un anno fa. Era l’allenatore ferrarese, di Chiesuol del Fosso, più noto d’Italia, secondo con il Real Vicenza nel ’77. Autografò l’ultima promozione in B, con la proprietà Donigaglia, il colosso della cooperativa sbriciolato da debiti e sotterfugi.
Ritrova il calcio che conta questo lembo d’Emilia al confine con il Veneto, fra i lidi e il Rovigotto, intervallato dal fiume Po.
“Grazie anche alla solidità dei 38 anni di Marcello Cottafava, difensore già bandiera della Triestina, e al centrocampista Luca Mora, parmigiano ex Alessandria: è il più bravo secondo i tifosi”.
La voce è di Enrico Testa, curatore di 90° minuto, ieri in fibrillazione per la squadra degli Este, duchi di 800 anni fa.
Ferrara è anche la città di Massimo Callegari, volto di Mediaset Premium, e ha tifosi in tutta Italia, gente che se ne innamorò nel dopoguerra, con quei 16 campionati di fila in serie A, sequenza battuta dal Parma fra il 1990 e il 2008, con 18 avventure in sequenza.
All’epoca un primattore era Edoardo Reja, oggi allenatore in ritiro con l’Atalanta: “Restai per un lustro – detta al telefono -. Ero arrivato a 17 anni e per me la Spal fu davvero come una madre”.
Il 70enne goriziano era centrocampista, a fine carriera tornò tra i lidi per creare le scarpette Reja, proprio, e il commercio andò benino.
Molto bene andò anche a Fabio Capello, 70enne autopensionato. “Anch’io sono stato in biancoceleste per un quinquennio – conferma -, comprese le giovanili. Ho seguito il primato in Lega Pro con attenzione, la squadra era finita tra i dilettanti e la serie B è il minimo. Per la città e la storia, la proprietà e i giocatori. E naturalmente per l’allenatore”.
Leonardo Semplici, di nome e pure di fatto, 49enne toscano di nascita e militanza, sui campi e nelle panchine. Predica un calcio redditizio, con una buona difesa, a dare soddisfazione al pubblico dello stadio Paolo Mazza, dedicato al presidente di quell’eroico dopoguerra, al vertice per 29 anni.
Per celebrare la salita con tre giornate di anticipo è bastato l’1-1 interno con l’Arezzo, il vantaggio è a firma di Gianmarco Zigoni, figlio di Gianfranco, 73enne passato anche dalla Roma, con 12 gol in un biennio, dal ’70. Andava in panchina con la pelliccia, fu un mito dello stadio Bentegodi, idolatrato dal pubblico dell’Hellas, quando il Chievo era ancora da venire.
Zigoni è centravanti alto e potente (all’Avellino autografò il gol della promozione in B, con Rastelli in panchina), manca però dell’estro dell’eccentrico padre.
L’entusiasmo è tornato con la famiglia Colombarini e la presidenza Mattioli, a cancellare i debiti accumulati da Donigaglia e finiti sul groppone dei Pagliuso, già falliti con il Cosenza, nello scorso decennio.
Dal 2008 imperava il bresciano Cesare Butelli, ex Lumezzane. “Grazie ai pannelli del fotovoltaico creo un business che autofinanzierà la Spal”. Aveva abbindolato anche noi, quell’uomo forgiato dalle maratone. E’ il classico ammaliatore, venditore di fumo che a Ferrara portò il secondo fallimento. Vissuto anche dal basket, nel 2011, con cessione del titolo alla Fortitudo Bologna, dopo un bel 10° posto in A.
Adesso le certezze sono tetragone, con il business agricolo e del vetroresina dei Colombarini, da Portomaggiore.
E pensare che nel 1960, la Spal si issata al 5° posto in serie A, prodigioso per una città di 133mila abitanti, dalla provincia ampia ma di soli 355mila residenti. Faceva venire in mente il secondo posto della Triestina nel ’48 e il 4° dell’Udinese nel ’57, sino al quarto dell’Ascoli nell’80, che però non diede diritto all’Europa.
Sono storie di provincia, di un calcio antico e moderno, di sentimenti e suggestione, che faceva lacrimare di gioia. Come quando giocava Oscar Massei, interno argentino per 9 stagioni spallino, con 52 gol.
Quaggiù riassaporeranno almeno il derby con il Modena, ammesso che i canarini evitino il ritorno in Lega Pro, dopo 16 anni, inseguendo le sfide elettrizzanti con il Bologna, mentre Sassuolo e Carpi sono sempre state molto sotto la Spal, a parte nell’ultimo decennio.
“Forza Spal, forza Spal, forza Spal”, urlano i sostenitori spallini. Gente passionale e rispettosa al tempo stesso, di origine contadina o cresciuta con la pesca, ricca il giusto e alquanto umile. Che alimenta la regione più calcistica d’Italia. Il Piacenza e il Parma sono neopromosse in Lega Pro, dove la Reggiana è dal 1999. Il Sassuolo lotta per la prima Europa, il Carpi per la sopravvivenza, il Bologna è già tranquillo. Il Modena era arrivato anche in A, per due stagioni, e il Rimini l’aveva accarezzata e adesso è in Lega Pro. Mancano solo Forlì e Ravenna, arpionate alla serie D. Ah, dimenticavamo il Cesena da playoff, in B. E adesso c’è anche la Spal, a far sventolare le bandiere del passato: l’ex portiere Pierobon, in attività al Cittadella sino a 45 anni, il ds Mauro Gibellini, ex centravanti. E da lassù sorriderà anche il centrocampista Tiziano Manfrin, scomparso 4 anni fa.
La promozione è costata 3 milioni e 700mila euro. “Lo sponsor – spiega il presidente Walter Mattioli – è proprio la Vetroresina dei Colombarini. In B vogliamo salvarci, non le dico in quanti anni vorremmo raggiungere la A”.

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