La morte di Borea. La mia intervista su Il Giornale (edizione Genova) della primavera 2013

boreaPaolo era un grande amico, negli ultimi 4 anni. Un personaggio che ho sempre apprezzato, anche quando non lo conoscevo.

Questa intervista è uscita nella primavera 2013, alla vigilia di un derby genovese, sull’edizione ligure de Il Giornale. Gli mandai la versione cartacea del giornale, da Genova lo chiamarono in tanti. Fu una gioia, per me, avergli dato questa gioia.

A 76 anni Paolo Borea segue sempre il calcio, come nei 32 da direttore, sportivo o generale. Nato a Ferrara, dal 1972 vive a Modena con la moglie Manuela e i figli Benedetta e Massimo, da 7 ha un nipotino, Riccardo, iscritto alla scuola di San Faustino, alla periferia emiliana. Faceva il giornalista, da anni è spesso ospite su È tv Antenna1, nel ’69 iniziò da dirigente al Prato, in serie C1, con Renzo Ulivieri tecnico del settore giovanile, poi 5 anni a Modena, portato in B al terzo tentativo. Dal ’77 all’80 fu a Parma e vinse la C1 nella seconda stagione, più lo scudetto allievi. Una stagione e mezza a Bologna e di nuovo fu campione d’Italia allievi.
«Con il portiere Ballotta – racconta -, Antonio Paganin e Roberto Mancini, poi insieme alla Sampdoria, e Marocchi, oggi opinionista Sky».
Nell’82 approdò a Genova.
«Sono rimasto per 15 anni, nel ’97 tornai a casa, al Modena, sino al 2000, disputando un playoff di C1. La chiusura a Terni, dal 2000 al ’03, con il capolavoro della cessione dell’attaccante Grabbi al Blackburn, per 10 milioni di euro».
Due anni fa il Genoa si aggiudicò la stracittadina della Lanterna spingendo la Sampdoria verso la serie B, stavolta può accadere il contrario?
«I rossoblù sono senz’altro messi molto male, si giocano un solo posto da salvezza assieme a Palermo e Siena, mentre il Pescara è fuori causa, e vincendo il derby potrebbero risucchiare qualche squadra che li precede. La Samp è avvantaggiata, in ottica salvezza le basta il pareggio, però stia all’occhio perchè è in fase calante, fatica terribilmente a segnare e il Grifone ha la carica della disperazione».
Chi sarà decisivo?
«Se gioca, Borriello. Non so perché ma prevedo Gastaldello a segno in mischia, di testa su calcio piazzato».
Mauro Icardi può emulare la carriera di Vialli?
«Mi piace, è un giovane molto valido e interessante. Gianluca però è stato un campione, non è facile raggiungere quei livelli, l’argentino ha tutto per poter diventare un campione, ma la strada è ancora lunga».
Apprezza Delio Rossi?
«Come personaggio e per come fa giocare le squadre, peraltro non penso che sia un allenatore da subentro, con lui si fa un progetto e si costruisce la squadra, da inizio stagione è in assoluto fra i migliori: ha idee e schemi, necessita esclusivamente di serenità ambientale».
Della sua Sampdoria chi è rimasto?
«Due colonne della segreteria, Pinuccia Sardella, che seguiva personalmente Paolo Mantovani e poi il figlio Enrico, e Filippo Spitaleri, in amministrazione nell’intera epoca Mantovani».
Quali derby ricorda più volentieri?
«Il mio primo, alla Samp, con Ulivieri in panchina, reduce dal terzo posto in B con la promozione. Era il novembre dell’82, finì 1-1, segnò Mancini e si fece male, pareggiò Giuliano Fiorini (scomparso nel 2005, ndr) sotto la gradinata sud e fece il gesto dell’ombrello ai tifosi blucerchiati. Nel ritorno della stagione successiva finì 0-0, il Genoa era in zona retrocessione e noi eravamo davvero forti».
L’arbitro Agnolin annullò 3 gol, alla Samp.
«Si diceva fosse simpatizzante del Grifo. Su colpo di testa dell’inglese Trevor Francis la palla finì sulla traversa, Casagrande sulla linea ribadì in porta e la rete parve a tutti regolare. Fu uno 0-0 molto discusso, a noi in fondo la partita interessava relativamente, all’uscita di Marassi ci accusarono di avere fatto la torta… E pensare che il presidente Paolo Mantovani aveva promesso un premio speciale per la vittoria e persino per ogni gol di scarto».
E tra le sconfitte?
«Il 2-1 del novembre ’90, nella stagione dello scudetto. Segnò il brasiliano Branco su punizione, fu la cartolina di Natale per i genoani, con Pagliuca che volava all’incrocio. Il Genoa arrivò quarto e si qualificò in coppa Uefa, con Osvaldo Bagnoli in panchina».
Quell’anno fu premiato dal direttore Marino Bartoletti con il Guerin d’oro, come miglior ds del campionato.
«La mia Sampdoria è sempre rimasta davanti al Genoa, in classifica o come categoria. Quella volta peraltro i rossoblù meritarono anche di vincere, in una cornice indimenticabile delle due curve, nello stadio appena ristrutturato per i mondiali. Sembrava di essere a teatro, i genoani prepararono un bandierone azzurro, come un mare in movimento in cui passavano le tre caravelle».
Lasciò nel ’97, poiché Enrico Mantovani preferiva gestire personalmente la Sampdoria. Da allora quanti derby ha visto?
«Nessuno, per scelta. Ho sempre pensato che chi lavora in una società sportiva deve poterlo fare in pace, mi fossi fatto vedere allo stadio sarebbe successo di tutto. Tornai solo con la Ternana, nel 2000-01, mi affacciai a seguire il riscaldamento delle squadre, come ho sempre fatto, e il pubblico mi chiamò sotto la curva, così mi arrivarono persino rose. Ancora mi chiedo come faccio essere ancora vivo, rischiai di morire di crepacuore».
E allora che opinione ha del nuovo ds Carlo Osti?
«È una bravissima persona, seria e limpida come poche, nel mondo del calcio».

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