Cari amici emiliani, via, diciamo, visto che Marco Gibertini era noto, grazie alla tv, almeno da Parma a Modena.
Dunque, repetita juvant, no? Aggiungo solo un dettaglio. Se politici si sono esposti comprando una pagina a beneficio di Marcello Dell’Utri, in carcere a Parma per reati meno leggeri rispetto a quelli di cui è accusato Marco Gibertini, a me sorprende di essere stato l’unica voce vicina all’uomo.
Non gli farà piacere il parallelo con l’ex senatore, ricordo solo una cosa. Per anni in tanti reggiani facevano a gare per essere ospite da e con lui, io stesso.
Fa parte di quelle tecniche di comunicazione che io disprezzo. Oggi in tanto cerchiamo la tv, in tanto muoviamo gli amici, facciamo sapere che avremmo piacere andare ospiti e pure essere pagati. Io no, mi offro io. E lo dico. Che non significa andare gratis, ma dichiarare di avere tempo la tal volta e non la successiva. E’ desiderio di incidere, di non essere trattato con sufficienza, come un intruso, uno da irridere, ma dalla porta principale.
Ecco, dove sono ora, oggi, quanti lo sponsorizzavano? Quanti erano, a detta sua, suoi clienti?
Marco probabilmente faticherà, una volta saldato il suo debito con la giustizia, a riprendere qualcosa di giornalisticamente visibile
Si arrabbierà, di fronte a questo paragone. Rammento la vicenda di Bruno Sueri, esperto di ciclismo, reggiano, protagonista di un dramma molto più forte. Era all’epoca in cui iniziai a fare la professione, nel ’90. Ho visto Bruno forse una volta, con i capelli riccioli, è tornato a occuparsi di ciclismo.
In quel lungo viaggio a Roma, con Marco, a 22 anni, con la mia Vectra, replicavo la stessa musica dance, quasi.
Ecco, ho avuto collaborazioni sospese per la troppa voglia di fare. Da una redazione reggiana sono stato allontanato dopo 40 mesi in cui riposai 5 giorni, festivi compresi. Un giorno scrissi 10 articoli, di cui 8 firmati. Era il ’93, ho pagato con l’ergastolo giornalistico la voglia di strafare. Io volevo e faccio il giornalista, Marco a un certo punto ha cambiato vita.
Di fronte ai miei insuccessi (ne ho accumulati diversi, a fronte di collaborazioni ventennali), reagiva con un mix di dispiacere e ironia, ma non mi lasciava solo, quando avevo bisogno ed ero più giovane.
Oggi Marco ritroverà la famiglia, gli amici, lo andranno a trovare ai domiciliari, io non ho il coraggio. Se posso, lo intervisto, ma al telefono, per mail, tramite l’avvocato. Lui che all’inferno ci andava in Porsche, come ha scritto il dottor Dario Caselli su Stampa Reggiana, come vivrà ai domiciliari o prima in isolamento.
Ne parlavo stanotte con un amico gelataio. Quanti politici italiani rubano. Beh, il giro d’affari di Marco sono curioso di vederlo quantificato e vorrei vedere il risarcimento.
A Marco consiglio quanto mi dicono colleghi. “Fatti una risata, bevi un bicchiere di vino, la vita non è solo giornalismo. C’è altro”.
Ecco, Marco ai domiciliari magari guarda lo sport, scrive, chissà. Mi ricorda Moggi appena fermato. Faceva 419 telefonate al giorno, Marco forse 41 ma come si sentirà?
Anzi, un caro amico della pallamano la chiamava Gibertein tèsta gròsa. Mia madre, dalla tv, Gibertoùn.
Marco, almeno l’ironia ti torna indietro, dai…
Da oggi, se riesco, chiuderò ogni pezzo con una musica.
billy ocean
https://www.youtube.com/watch?v=0Jy4tMySp5o&index=64&list=WL
life is life, andavo al liceo.
De Gregori dice “Dov’eri tu, quando io…”