Volley. Mauro Berruto si congratula per la qualificazione olimpica. “Essere ct non è un lavoro ma un privilegio di emozioni e sensazioni”.

Mauro Berruto ha mantenuto una discreta Italia a livelli eccellenti per un lustro
Mauro Berruto ha mantenuto una discreta Italia a livelli eccellenti per un lustro

(s.occhiuto) L’uomo Mauro Berruto dimostra ancora una volta di essere un acuto osservatore dello sport che viene colto nelle sue complesse e variegate dinamiche introspettive-relazionali. Purtroppo il campo ha sancito l’incontrovertibile responso, ossia un’interruzione del suo mandato di tecnico, che ha però consentito alla nazionale di conseguire la qualificazione olimpica.

(v.zagn.) Al posto suo avrei tenuto botta, onestamente. Con Juantorena credo avrebbe migliorato anche lui.

Dal blog di Mauro Berruto, mauroberruto.com

http://www.mauroberruto.com/2015/09/sogni-olimpici/

Chi fa il lavoro che per tanti anni ho fatto io sa che non sta facendo un lavoro: sta vivendo una passione, un privilegio, una benedizione. Sa che si sta nutrendo di emozioni, nel bene e nel male. Sa che quelle emozioni sono ciò che lo tengono vivo, ciò che lo tengono compatto ma sa anche che, quelle emozioni, le ha ricevute in prestito.
Chi fa il lavoro che per tanti anni ho fatto io sa che c’è un prima e c’è un dopo e con onestà ringrazia ogni giorno per ciò che ha trovato e lavora ogni giorno per ciò che prima o poi lascerà.
Dovrebbe essere così: ciò che facciamo, mentre lo facciamo, ha senso se quando non lo faremo più avrà lasciato il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato. Dovrebbe essere così in politica, in economia, nel mondo dell’arte, del business e, naturalmente, in quello dello sport.
Sono orgoglioso di avere, per cinque anni, vissuto il privilegio più grande che potessi immaginare. Sono orgoglioso in particolare di una passeggiata solitaria dentro al villaggio olimpico che si stava svuotando, la notte dopo la conquista della medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Londra. In quelle ore di solitudine, poco dopo quel podio, avevo pensato che non ci fosse nulla di più importante per me che tornare, quattro anni dopo, a vivere quella meraviglia. Ma, di nuovo, avevo pensato che non ci fosse nulla, nulla al mondo, che desideravo di più che tornarci con la squadra nazionale del mio Paese.
In quelle ore, camminando per le strade di quel mondo perfetto che si stava smontando, avevo messo a fuoco ciò che avrei poi chiamato “Progetto Rio2016”: un cambio generazionale radicale, collegiali invernali dove ho visto decine e decine di atleti, spesso provenienti da settori giovanili, dalla serie B o dalla serie A2, che avessero un’età compatibile con l’appuntamento del 2016.
Penso ai quattordici atleti che questa notte hanno timbrato il loro passaporto con il visto per Rio e sono orgoglioso di averne fatti esordire undici in maglia azzurra. Dei quattordici di questa notte di Tokyo, tredici non erano a Londra, poco più di tre anni fa. E allora penso a quei collegiali all’Acqua Acetosa, a cui tanti guardavano con sorrisi ironici, e vedo Matteo Piano, Simone Giannelli, Jacopo Massari, Oleg Antonov, Simone Anzani, usciti proprio da quella esperienza, abbracciarsi in campo, oggi. Vedo Pippo Lanza e Luca Vettori e penso alle serate passate a discutere sul loro percorso con il Club Italia. Vedo uno staff cambiato e fortemente voluto, tutto lì in mezzo al campo stretto a toccare con mano il sogno più grande che chi vive di sport può disegnare nella sua mente, di solitoincominciando a farlo da bambino. Per chi fa questo lavoro non c’è gioia più grande, lo so bene. Conosco quello che stanno provando perché ho avuto la fortuna di provarlo.
I miei ricordi, le decisioni, le gioie, le felicità, la rabbia, i dubbi, le notti senza dormire, le vittorie, le sconfitte, il
senso di responsabilità e quello del dovere: mi tengo tutto, come il più prezioso dei tesori. Rifarei tutto. Compresa, delle mille decisioni prese, l’ultima. Perché alla fine, grazie al cielo, non c’è nessun risultato sportivo che possa prescindere dal rispetto delle regole, dei valori, delle persone. Mi tengo stretto tutto questo, che è stata la mia vita per cinque anni, insieme all’onore e alla gioia immensa di aver fatto parte di un movimento sportivo che per l’undicesima volta consecutiva porta la sua squadra nazionale ai Giochi Olimpici.
Mi complimento di cuore con tutti coloro che hanno raggiunto questo risultato, sono orgoglioso di tutti coloro che sono laggiù a Tokyo a festeggiare e sono felice per tutti coloro, atleti e staff, che vivranno questo sogno olimpico. Sono felice per i milioni di tifosi della nostra squadra nazionale che, a prescindere da allenatori, atleti e dirigenti che la compongono, è stata, è, e sarà un patrimonio di proprietà loro e dello sport del nostro Paese.

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