Assocalciatori.it, il pallone racconta: Johann Cruijff. A 68 anni si è spenta una leggenda del calcio. Quella volta che giocò con il Milan, nel mundialito per club. “Era il 1981 – ricorda Francesco Romano, procuratore -, avevo 21 anni. Aveva carisma”. Il numero 14 olandese nei ricordi di Conte, Krol e Oriali; di Capello, Trapattoni e Zoff; Totti e Spalletti, Paolo Rossi e Allegri. E poi sui social tanti ex calciatori, Falsini: “E’ immortale”

Johan Cruyff, Holland
Johan Cruyff, Holland

Per Assocalciatori.it, con il grazie a Nicola Bosio, il ricordo dell’olandese volante, partendo dall’albinetano Francesco Romano, procuratore di vaglia

di Vanni Zagnoli

http://www.assocalciatori.it/news/il-pallone-racconta-johan-cruijff

La prima difficoltà, nel ricordare Hendrik Johannes, per tutti Johan, è di carattere ortografico. Perchè accanto alla grafia Cruijff si legge spesso Cruyff o anche altre versioni. Cruijff avrebbe compiuto 69 anni, è stato fra i migliori 5 calciatori nella storia mondiale, detto il Pelè bianco, da Gianni Brera.

In pochi lo ricordano ma c’è stato anche un Cruijff italiano, ovvero nel mundialito per club del 1981, con la maglia del Milan.

Era il 16 giugno di 35 anni e i rossoneri avevano appena festeggiato il ritorno in serie A, affrontarono gli olandesi del Feyenoord in amichevole a San Siro ed ebbero la possibilità di schierare quel fuoriclasse orange. Un tempo in cui non lasciò tracce del suo talento. A differenza, per esempio, del gol di tacco con cui due giorni prima Walter Alfredo Novellino, oggi allenatore del Palermo, segnò nel derby con il Monza e diede la matematica certezza della promozione. L’allenatore era Massimo Giacomini, alla sua seconda stagione milanista, si dimise il giorno dopo quel piccolo campionato del mondo per club.

Cruijff veniva dalla stagione negli Usa con i Washington Diplomats, scelta dettata da necessità economiche, dopo alcuni investimenti sbagliati, e dalla serie B spagnola, con il Deportivo Levante. Fu Rivera, allora vicepresidente rossonero, ad accogliere il fuoriclasse tre volte vincitore del Pallone d’oro. Quella volta il Feyenoord di Rotterdam schierava in difesa Ruud Krol, che con il Napoli aveva avvicinato lo scudetto, perso per l’autorete di Moreno Ferrario, al San Paolo, a 5 giornate dalla fine. E a centrocampo c’era Haan, che nel ’78 infilò Zoff da 30 metri.

Il Milan si presentò con: Piotti; Battistini, Maldera III (43′ Al. Minoia); W. De Vecchi, Tassotti, Baresi II; Buriani, Novellino, Antonelli, Cruijff (46′ Romano), Carotti.

Finì 0-0 e Cruijff si fece notare solo per un assist a beneficio di Antonelli, anticipato dal portiere.

Appena tre settimane prima, l’olandese era stato operato agli adduttori della gamba sinistra. Toccò a Francesco Romano sostituirlo. A 56 anni, il regista del primo scudetto del Napoli fa il procuratore, vive ad Albinea, in provincia di Reggio.

“A 21 anni – racconta (ed è nella foto in copertina) – solo vedere un campione di quel genere era un sogno. Avere in più il privilegio di entrare in campo al suo posto è una immagine che rimarrà per sempre nella mia scatola dei ricordi. Johan aveva carisma e personalità da vendere e  grande predisposizione al dialogo con noi giovani e questo era bellissimo”.

Quel giorno Romano fece come le prove delle emozioni vissute affiancando Diego Maradona.

“Cruijff era di una generazione precedente alla mia, un esempio inarrivabile per le sue doti da extraterrestre. Ricordo l’immagine del cambio con grande affetto. Emozioni che ho rivissuto nel documentario presentato da Federico Buffa”.

Su Sky non c’era l’immagine del cambio, trasmessa da Canale 5, che si affacciava così al grande calcio.

In questi giorni da tutto il mondo ricordano Cruijff, qui riportiamo una selezione dei commenti di ex calciatori italiani o della serie A.

ANTONIO CONTE. Il ct azzurro lo ricorda così. ”Ci lascia una persona che penso abbia segnato un’epoca a livello calcistico, sia come calciatore che allenatore. C’è grande dispiacere: per me è stato un fulmine a ciel sereno, avevo letto che le condizioni erano migliorate dopo l’operazione. Non ho avuto il piacere di conoscerlo, ma ha lasciato il segno e fatto la storia nel calcio mondiale”.

RUUD KROL. L’ex difensore centrale era stato fra i più vicini a Cruijff, all’Ajax e in nazionale. “Avrei voluto assomigliargli, ma essere come Johan non era possibile e non solo perchè giocava avanti e io in difesa. E’ stato lo sportivo più importante di Olanda, non solo per quello che ha fatto in campo. Non lo sentivo da due o tre mesi e quando mi hanno detto che era morto non volevo crederci, pensavo stesse meglio”.

Krol ricordo il suo arrivo ad Amsterdam, nel ’67. “Io avevo 18 anni, ero dilettante, Johan a 20 era già in prima squadra, mi incoraggiò e diventammo subito amici. Mi impressionò subito la sua accelerazione palla al piede, aveva un turbo. Ha inspirato generazioni intere di giocatori”.

Il mito di quell’Ajax rivoluzionario venne alimentato da Rinus Michels, scomparso nel 2005. “Instillò in noi la gioia del duro lavoro. Oggi i giocatori giovani parlano solo di soldi, al nostro tempo era diverso, al punto che neanche ci eravamo accorto di essere di classe mondiale”.

Il ricordo più bello di Krol è della semifinale mondiale del ’74, in Germania. “Giocammo contro il Brasile, l’azione fu mia poi di Resenbrink e Cruijff segnò in spaccata”.

I Paesi Bassi vinsero 2-0, contro il Brasile reduce da due mondiali di fila, si arresero in finale alla Germania.

GABRIELE ORIALI. Un incrocio significativo del calcio italiano con Cruijff fu in coppa dei Campionati, la finale persa dall’Inter contro l’Ajax nel 1972, con la sua doppietta. Lo marcava Gabriele Oriali, oggi team manager azzurro.

“Me lo trovai di fronte a 19 anni – spiega -, era all’apice e stava cambiando il calcio per sempre. Era immarcabile e segnò la nascita del calcio totale. Porterò sempre con me i ricordi di quei momenti, conservo la sua maglia numero 14. Speravo potesse vincere questa battaglia”.

DINO ZOFF. Il capitano del mondiale 1982 ricorda la doppietta subita con la nazionale nel novembre del 1974, con Fulvio Bernardini ct. “Ma anche la finale di Coppa Campioni persa nel 1973, a Belgrado con la Juve”. Segnò Rep e a fine partita Cruijff ricevette il trofeo dal presidente federale dell’epoca, Artemio Franchi, vestito con la maglia bianconera. “A fine anno vinse il Pallone d’oro, davanti a me”. Così l’unico portiere a sollevarlo è rimasto Jascin, russo.

“E’ stato un un grande in assoluto – ricorda Zoff, all’agenzia Ansa -, un campione sotto tutti gli aspetti, in campo e fuori. Ci ho giocato contro diverse volte, era un personaggio completissimo, un fuoriclasse. Aveva un bel passo, classe e personalità. Aveva fisico e segnava, si capiva da subito che talento che era. Lo affrontai anche agli esordi, quando ero al Napoli, negli ottavi di Coppa delle Fiere del 1970. Si capiva da subito il talento che aveva”.

Quella volta il Napoli vinse 1-0 al San Paolo, ma in Olanda aveva perso 4-0. Un ricordo accomuna entrambi. “Giocammo in una rappresentativa europea, assieme anche a Beckenbauer, ma ormai eravamo dei vecchietti…”.

FABIO CAPELLO. A Belgrado nel centrocampo della Juve c’era anche Capello. “E’ il miglior calciatore europeo di sempre – spiega -: aveva carisma, fantasia e velocità, era un leader: un olandese atipico, ordinato ma si divertiva a giocare”.

GIOVANNI TRAPATTONI. Quella Juve era allenata dal Trap, ma lo stesso tecnico, oggi commentatore Rai, l’aveva marcato nella finale di coppa dei Campioni del 1969, al Bernabeu, 4-1 all’Ajax con il Milan. “In spogliatoio – scrive nell’autobiografia -, pensavamo di incontrare una squadra di detersivi”.

“Era un altro tipo di attaccante, rispetto a Pelè – racconta -: rompeva ogni schema, non ci si capiva più molto. Era un giocatore universale, sulle orme di Di Stefano, non attaccava solo lì davanti ma andava a prendersi la palla lontana: era tutto e non era niente. Era l’antitesi della tradizione, da allenatore mi sono poi spesso dovuto confrontare con quel calcio: molto più difficile da affrontare, per chi lavora su ruoli, schemi e abitudini. Solo con Sacchi il calcio italiano ha virato verso la strada indicata da Cruijff”.

FRANCESCO TOTTI. Il capitano della Roma ha qualcosa in comune con Cruijff. “Sono giorni tristi per il mondo del calcio – scrive sul proprio sito -. Ci ha lasciati una delle sue leggende, con tecnica e creatività ha dato lustro a questo sport e fatto divertire il pubblico, sul campo e in panchina. Sarebbe stato un onore affrontarlo sul campo, vedendo le immagini e ascoltando i racconti di altri grandi campioni ho capito che è stato veramente un grande: un fuoriclasse che sapeva coniugare eleganza e qualità tecniche e caratteriali fuori dal comune”.

LUCIANO SPALLETTI. L’allenatore della Roma lo definisce un “campione nella vita e nello sport”. “E’ stato il vero cuore dell’Arancia Meccanica, ci ricordiamo quando l’Olanda di Cruijff era stata soprannominata così e lui ne era il cuore. Aveva la qualità di dettare un qualcosa che andava oltre le qualità del momento, è stato veramente un calciatore moderno, per la velocità. Ricordo una sua frase celebre: “Chiunque può giocare al calcio se gli dai 5 metri”. Lì mostrava le sue intenzioni, districandosi nello spazio stretto e muovendo la palla”.

L’analisi di Spalletti tocca la tattica. “Aveva le qualità del falso 9, giocava centravanti ma lo trovavi ala, veniva sotto la metà campo a prendere palla sui piedi e ribaltava l’azione in un attimo. Ci ha insegnato molto e noi gli dobbiamo essere grati”.

PAOLO ROSSI. Pablito oggi è commentatore per Mediaset Premium, all’Ansa ricorda Johan Cruijff così: “E’ l’emblema del calcio moderno, per me un vero modello, uno dei più grandi della storia del calcio. Nel 1974 portò l’Olanda quasi sul tetto del mondo, tanto che si ricorda più quella squadra che la Germania vincitrice del titolo. Era imprendibile, aveva velocità e tecnica, era completo e duttile. Giocava prima con il cervello e poi con i muscoli. Fa parte di una generazione di immortali”.

GIGI RIVA. Il numero 11 campione d’Italia con il Cagliari nel 1970 aveva avvicinato quei vertici di popolarità. “All’epoca era il più grande, nessuno riusciva a contenerlo, soprattutto quando partiva in velocità da centrocampo. Era anche molto altruista, faceva segnare tanto anche i compagni. Sul campo non ci siamo mai affrontati, negli anni ’80 lo conobbi al torneo di Viareggio, eravamo entrambi sulle tribune, a caccia di talenti”.

MASSIMILIANO ALLEGRI. L’allenatore della Juve lo ricorda su twitter. “Ha cambiato il gioco per sempre, da giocatore e da mister. Buon viaggio Johann Cruijff”.

I RICORDI DEI NON CAMPIONI, SU FACEBOOK E TWITTER. Centinaia i ricordi dei calciatori italiani su social. Ne ripartiamo uno a caso, di Gianluca Falsini, ex terzino sinistro anche di serie A, nel Parma e nel Verona.

“Ancora non ci credo – scrive su facebook -, è morto Johan Cruijff. Scusate, puà morire Daitarn3 o Babbo Natale? No, allora Cruijff non è morto davvero. Non può morire, è stato il Che Guevara del calcio moderno, un uomo coraggioso, illuminato e presuntuoso, ma ha ispirato il calcio di oggi in tante sue forme. Eppoi adorava il talento e tutte le sue sfaccettature Perderlo fisicamente si può accettare, ma perdere le sue idee è inimmaginabile. E’ e resterà per sempre immortale”.

 

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