Assocalciatori.it. Mondiali Antirazzismo Conclusa la manifestazione di Castelfranco Emilia. AIC premiata per il lavoro fatto nella valorizzazione del calcio femminile.

bra“Diamo un calcio a questo calcio”, è stato il convegno più importante dei mondiali antirazzisti Uisp, conclusi domenica a Castelfranco Emilia, nel Modenese.

A fare da prologo al dibattito c’è stata la presentazione del libro di Lamberto Gherpelli sul doping nella storia del calcio, “Qualcuno corre troppo”, diffusa anche su una webradio. Una platea di giovani calciatori ha ascoltato le ricostruzioni dello scrittore emiliano, che spiegava anche gli ultimi casi di doping, come quello di Andreoni, difensore della Reggiana, in Lega Pro.

E poi il convegno, nella piazza antirazzista, con l’intervento di Damiano Tommasi, presidente dell’Aic: “Gli aspetti economici del calcio – spiega – rappresentano il binario sbagliato per prendere decisioni. Gestire lo sport solo con riferimento al modello aziendale fa perdere di vista gli aspetti fondamentali di rispetto, passione e di integrazione. Ora non basta fare qualcosa di positivo, occorre di più ancora: bisogna essere vigili, escludere chi vuole vivere lo sport in maniera sbagliata”.

Alla fine l’intervento di Tommasi viene applaudito dalle centinaia di spettatori.

“Non so quanto tempo ci vorrà, occorre però un cambiamento di mentalità, per evitare di rincorrere periodicamente scandali che rovinano la percezione dei valori. Basterebbe riportare tutto sul campo: non fa preferenze, in questo senso è inclemente, lì o si è capaci di fare meglio dell’avverario o altrimenti si viene esclusi. C’è invece chi vuole cambiare questa regola e imporre quella del mercato, che cozza con qualsiasi regola dello sport”.

Tommasi spiega meglio ancora: “Mi auguro che il professionismo della carriera calcistica sia altrettanto vincolante per i dirigenti. Oggi il calciatore deve difendersi dai tanti che vogliono fare business attraverso le combine, così pure i dirigenti seri devono guardarsi dal modo di fare sport in maniera non limpida”.

A proposito di integrazione, invece, il presidente dell’Aic sottolinea come “In tante occasioni lo stadio sia momento di episodi sgradevoli. In spogliatoio, invece, l’integrazione è sempre buona, si vive il calcio in maniera inclusiva. E ai mondiali antirazzisti c’è stato il contributo anche delle ragazze. Occorre sapere di essere sulla strada buona, non siamo tentati di cambiarla perchè non si arriva al traguardo”.

La scorsa settimana Tommasi ha vissuto una bella avventura, il preliminare di Europa league con la Fiorita, quartiere di San Marino.

“Lì ero tesserato come extracomunitario e allora mio figlio chiede: “Papà, chi sono gli stranieri?”, mentre occhieggia l’album delle figurine. E allora si rende conto che noi stessi siamo stranieri, nei confronti di loro. Anche per questo devono essere considerati come una risorsa”.

Il monito finale di Tommasi è preciso: “Bisogna amare il calcio nonostante le difficoltà, ritrovando la ricchezza di questo fenomeno sociale. E i mondiali antirazzisti vanno esportati come esperienza itinerante, all’estero o magari nel resto della penisola”.

Sul palco c’era Massimo Paganin, vicentino, ex difensore di Inter e Bologna: “Nel momento in cui un giocatore ha passione per il calcio, è impensabile che possa fare quello che non si dovrebbe, ovvero vendere le partite. Se siamo arrivati a questo punto è perché si sono persi i valori morali e il senso di responsabilità”.

Dall’ex azzurra Katia Serra, responsabile femminile dell’Aic, arriva un appello a superare le discriminazioni: “Per le donne, ci sono ancora problemi di accesso alla pratica sportiva e stereotipi da superare nel calcio. Serve l’impegno di tutti per abbattere i pregiudizi. Denigrare un bambino perché viene superato da una bambina significa trasmettergli un preconcetto sbagliato”.

Sul palco c’è Luca Di Bartolomei, giornalista e responsabile sport del Pd. E’ il figlio di Agostino, ex capitano della Roma, scomparso 21 anni. “C’è un potere narrativo nel calcio e in una palla che rotola – dice -, a prescindere dal livello professionistico o sociale di una qualsiasi partita. Dagli anni ’80 ad oggi, il calcio ha visto un incremento delle barriere tra giocatori e tifosi, nè questa distanza è stata colmata nel tempo, da un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi. Da questo obiettivo occorre ripartire per rifondare il calcio”.

“Come tutte le attività umane siamo noi a veicolare i valori – sostiene Renzo Ulivieri, presidente dell’Assoallenatori -, positivi o negativi. Il controllo dei principi di correttezza non dovrebbe essere una responsabilità specifica del Coni ma coinvolgere le istituzioni e la politica in maniera diretta, senza deleghe”.

 

 

L’Uisp ha presentato l’esperienza del Calciastorie attraverso gli interventi dei ragazzi di Sassuolo. “Rapportiamo direttamente alle storie dei calciatori di serie A – sottolinea Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo – e degli altri sportivi, per recuperare i valori dell’integrazione attraverso i loro racconti di vita. La responsabilità di allenatori ed educatori è molto alta, dai campi di serie A sino a quelli di periferia”.

L’europarlamentare Cecile Kyenge spiega il ruolo della politica. “E’ necessario un approccio al mondo del calcio che valorizzi le differenze. Nulla come il calcio permette di far interagire culture diverse, attraverso un linguaggio universale. C’è già uno strumento che va in questa direzione, sono i mondiali antirazzisti”.

“Se il calcio è il riflesso della società – conclude Vincenzo Manco, presidente Uisp –, non siamo messi bene. Facciamo 5 proposte: riconquistare le radici popolari del calcio, riequilibrare le risorse a disposizione; affermare la trasparenza come metodo condiviso, sancire una nuova definizione di sport, ferma al 1942, data di costituzione del Coni. E il governo chieda la verifica dei risultati raggiunti dai vari soggetti sportivi coinvolti”.

Vanni Zagnoli

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