Basket. Flavio Tranquillo l’indomani del supplementare perso con la Lituania: “Sono disvalori appartenenza e tifo, ovvero subordinazione del pensiero al senso di antagonismo verso l’avversario. Valori sono indipendenza di giudizio e indagine critica”

Flavio Tranquillo nel dibattito nel Reggiano con Pierluigi Senatore (radio Bruno)
Flavio Tranquillo nel dibattito nel Reggiano con Pierluigi Senatore (radio Bruno) e Stefano Landi

Dal sito di Flavio Tranquillo.

http://www.flaviotranquillo.com/the-day-after/

(v.zagn.) Flavio racconta la differenza tra un telecronista tifoso e un telecronista appassionato ma anche critico.

 

di Flavio Tranquillo

Non le ho lette e non vado a cercarle. Ma le social critiche cui mi dicono perché avrei lodato “troppo” (???) la LItuania sono un primo, modesto ma importante risultato di un faticoso cammino. Senza cultura non c’è speranza, e la cultura è fatta di valori. Rispetto dell’avversario, indipendenza di giudizio, indagine critica sulle cose sono valori. Appartenenza, tifo (in senso di antagonismo verso l’avversario e subordinazione del proprio pensiero a esso) e cultura del risultato vs. cultura della prestazione sono disvalori. Io credo in questo, probabilmente sbagliando. E non ci sarà maniera di farmi ricredere. Se non piace, temo bisognerà fare a meno di ascoltare oppure sostituirmi. Sorry.

Tutt’altra cosa è l’analisi tecnica della gara, che sparare lì un minuto dopo la sirena è limitativo. La mattina dopo mi vengono in mente tantissime cose, ma la sostanza è che il potenziale degli azzurri è elevatissimo ma non sono una squadra compiuta, come è logico che sia. Sono un gruppo con una volontà fortissima di fare delle cose insieme ma con un’incapacità tecnica di farle in difesa e una tattica di farle in attacco, coperta fino a un certo punto da quello spaventoso potenziale. La Lituania è stata brava perché ha lavorato su queste idiosincrasie, l’Italia merita tantissimo rispetto. Non mi pare di essere salito su alcun carro, men che mai di dover quindi scendere. Sono andato a dire “grazie” ai giocatori dopo Spagna e Germania e ieri mi spiace non essere riuscito a salutarli perché meritavano un “grazie” ancor più forte. Hanno fatto uno spot straordinario per NOI del basket. La squadra nazionale è LORO, e sono loro che ora secondo me devono parlarsi per davvero, confrontandosi sulle cose importanti nello specifico, lontano dai riflettori ma per davvero.

Compiango culturalmente anche chi giudica allenatore, giocatori, partita, telecronista e ufficiali di campo a seconda del risultato. La cultura del colpevole “che deve stare zitto perché ha perso” è disastrosa, come quella del vincitore che ha licenza per dire qualsiasi sciocchezza perché “tanto ha vinto”. Tutt’altra cosa è invece andare bene dentro il discorso tecnico-tattico ed emotivo, che peraltro non è riconducibile solo all’allenatore. Di cui peraltro mi sono piaciuti poco gli accenni polemici sugli arbitri, non perché non possa avere una sua opinione (ci mancherebbe) e non perché non li condivido (e non li condivido nel merito minimamente). E’ che c’è una precisa responsabilità di chi, in quella posizione, dice certe cose. Credo che in quella posizione si dovrebbe fare uno sforzo per sapere che le parole sugli arbitri (senz’altro parte di un ragionamento più ampio) saranno le uniche che resteranno, stante la carenza culturale di cui sopra. E fare perciò uno sforzo almeno per contestualizzarle meglio, se non proprio per evitarle tout court. Io credo di percepire quanto ha lavorato lui, quanto ha lavorato il suo staff e quanto ci hanno investito fisicamente ed emotivamente tutti: tantissimo. Per questo vorrei genuinamente che in vetrina ci andassero queste cose, non gli arbitri che sono semplicemente una parte del Gioco e contribuiscono a decidere le partite assieme ad altri 999 fattori.

Aggiungo che nel lungo finale non c’è stata una buona e coerente distribuzione di palloni. Non (solo) per la personalità di Tizio, Caio e Sempronio, per il sistema di gioco e per le condizioni fisico-atletiche del momento. Ma anche perché a mio parere si è un po’ rimandato il problema pensando che tanto “si sarebbero poi messi a posto loro perché si vogliono bene”. E invece la disciplina si costruisce prima e non con i sentimenti, al pari del ball-movement. Non è solo e tanto una questione di allenatore, ma, ancora una volta, di parlarsi. Completo: “buona distribuzione di palloni” NON è uno a te e uno a me. Anzi. E’ un concetto complesso e faticoso. Molto più complesso e molto più faticoso da raggiungere. Buon viaggio agli azzurri (LORO) e buon basket a NOI.

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