Enordest.it, sportsenators.it. Basket, le mie notti a tifare Denver. L’Nba raccontata ai non esperti

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Vanni Zagnoli

L’Nba è appena finita, mentre scrivo, ho seguito i playoff nottetempo, ai miei orari, con grande piacere, dal finire delle semifinali a queste 5 finali, quasi tutte, quasi tutto, magari accelerando la visione, grazie alla tecnologia.

Vince Denver, Colorado, è il primo anello. E’ come il primo scudetto, è come quando vinse lo scudetto il Verona, l’Hellas, che ho visto domenica trionfare, a Reggio, nella mia città.

I Nuggets, dunque, battono Miami 4-1: successo e sconfitta in Colorado, due vittorie in California e l’ultima di nuovo in casa, al primo dei tre matchpoint.

Sono felice, ogni volta che non vincono i soliti, in Nba per fortuna non è come in Italia, non è sempre Juventus o Inter o Milan. In Italia non vincevo lo scudetto dal 2001, dalla Roma di Fabio Capello e Vincenzo Montella bomber parttime, in Nba sono felice ogni volta che perdono i miti, i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers. E’ come quando perdono il Brasile e la Germania, il Real Madrid e il Liverpool e via andare, di sport in sport.

“Il basket è il più grande spettacolo del mondo”, dice Flavio Tranquillo, uno dei telecronisti cult, ormai da un terzo di secolo, a occhio, da quando faceva coppia con Federico Buffa, l’avvocato diventato re della narrazione.

Sono stato in vacanza a Miami, con mia moglie, Silvia Gilioli, giornalista, pubblicista, ma senza il mio argento vivo addosso. Una settimana, in inverno, appena prima di iniziare a darmi ai video, purtroppo in quei giorni non c’erano partite di Nba all’arena, è un grande rammarico.

Dunque, Denver vince come da pronostico, di fronte a 19mila spettatori. Per la regular season si spendevano almeno 700 euro, prezzi popolari, si diceva una volta, per gli ultimi, come diceva mio papà Vasco, possidente terriero ma indebitato, quando ero bambini, sempre per gli ultimi posti, dunque, apprendo da Flavio, su Skysport1, 900 euro.

La religione dell’Nba, qualcosa di unico. Amo il basket, forse ancora prima del calcio, amo anche il volley, lo sapete, le partite chiave.

Mi chiedo come finirebbe la sfida fra Olimpia Milano, favorita sulla Virtus Bologna, in Italia, con il 2-0, ma restano ancora potenzialmente 7 gare. Come chiedo di quanto si imporrebbero i gialloblù, stanotte in realtà in maglia bianca.

Ho visto, da tre settimane a questa parte, giocare a notti alterne, le semifinali ogni notte, una notte Miami, che ha battuto a fatica Boston, 4-3, e una notte Denver, che surclassa i Lakers, 4-0.

E’ andata bene, non vorrei mai rivedere la finale cult degli anni ’80, di quando ero bambino, appunto, a casa Zagnoli. Lakers-Celtics, Magic contro Bird, anche Abdul-Jabbar, contro i Celtics, i più titolati.

E’ un grande spettacolo, l’Nba, con ingaggi esagerati, pazzeschi, come quasi il calcio in Champions e ai mondiali.

Dobbiamo ringraziare Sky, sport, anche Francesco Bonfardeci, il re dei commentatori Davide Pessina, aostano, ex Torino, anni ’80, lungo non magro.

L’Nba è spettacolo, musica, cheerleaders, confusione, famiglie, pandemonio al Coliseum, come diceva Dan Peterson, è un evento, è la partita sullo sfondo, durante i timeout, timeout infiniti, anche di tre minuti. Fine frazioni lunghe, intervallo lungo, la partita inizia alle 2,30 italiane e finisce alle 5,15, mica male. Pensate in Italia, la sera, avvio alle 20,30, fine alle 23,15, che tensione.

Difesa, passaggi, assist, rimbalzi, errori, tiri da tre, da 2, schiacciate non troppe, sottomano, acrobazie, entrate in rovesciata, tecnica e tattica, zona improvvisa, palle a due, passaggi infiniti, in 24 secondi.

I campioni sono dunque in alto, a due mila metri e passa, con l’aria rarefatta e la pressione sanguigna che si alza, come in me quando sono in tensione.

Il basket è corsa e rincorsa, penetrazione e precisione da tre punti, appoggi al tiro e slanci, stoppate e parabole alte, aiuto dal tabellone e canestri sputati fuori, tiri liberi assorbiti dal canestro oppure respinti, rimbalzi lunghi e tocchi fuori, tocchi istintivi e tapin, tapeout e piroette, stacchi da fermi e grande fisicità, difesa asfissiante e soluzioni individuali, cambi di mano e colpi di mano.

Denver, dunque, con un Malone in panchina, con Jokic mvp, da non confondere con Jokic, della Fiorentina.

E’ un lungo serbo, che palleggia, mancino, tira da tre e penetra, soprattutto passa, attira su di sè e valorizza 2-3 linee di passaggio, quando l’assist è e dà spettacolo. Con Jamal Murray, canadese, papà giamaicano, un playmaker molto prolifico.

Jokic, dicevo, doma Adebayo, nigeriano, un bianco prevale su un nero, con la tecnica e 2 metri e 10 e passa. Ricorda Arvidas Sabonis, il grande lituano.

Nikola Jokic, che spettacolo. Anche Aaron Gordon, insospettabile ala, rimbalzi e persino canestri da tre. E poi Michael Porter junior e Caldwell-Pope, Bruce Brown e Christian Braun, non è un errore. Al Pepsi center, sì, meglio la non Coca Cola classica.

Negli Heat la stella è Jimmy Butler, discontinua, con il 37enne Kyle Lowry, infinito, e con Max Strus, uno normale, con Gabe Vincent, impreciso, e con Kevin Love. Anzi, come minutaggio Caleb Martin, che era partito forte, e Duncan Robinson, brillante sino alla scorsa settimana.

Rispetto alla serie A, si nota una enorme ricerca dell’assist, dell’azione infinita, comunque entro i 24 secondi, passaggi a smarcare, non è mai l’ultimo. All’anno prossimo.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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