Il Gazzettino, Treviso. Michele Dal Cin: “La mia vita fra Nigeria, Genova e Treviso”

Michele Dal Cin “scortato” in Nigeria dove ha fondato una scuola calcio

Vanni Zagnoli
Michele Dal Cin, 51 anni, abita in centro, a Vittorio Veneto, con la moglie Paola, che lavora alla locale associazione commercianti: ha 53 anni, è vittoriese, e gli ha dato due figli; Marco, 28 anni, in concessaria auto, e Sara, 22enne, che lavora alla Marcolin occhiali di Longarone.
Michele, lavora sempre alla Sampdoria?
“Sì, con grande piacere, per la 3^ stagione”.
La professione di scouting è totalizzante. Le resta tempo per hobby?
“La caccia”.
Alla Roberto Baggio, insomma…
“Oppure alla Giorgio Lugaresi, il presidente del Cesena. Mi fa piacere cacciare la beccaccia, per esempio, in Croazia”.
Quando sono affiorati i primi capelli bianchi?
“A 22-23 anni…”.
E quando toccò il massimo di chili?
“Forse adesso, a quota 137. Ma sono alto uno e 98…”.
Come mai?
“Sono spesso in macchina, con 90mila chilometri l’anno. E poi fra alberghi e ristoranti”.
Ha sempre la scuola calcio in Nigeria. Com’è il tragitto classico, quando va?
“In aereo, Venezia-Parigi-Lagos”.
Papà divenne famoso, un terzo di secolo fa, per avere portato in Friuli Zico, fra i 10 più grandi campioni della storia. L’ha conosciuto?
“Sono rimasto anche in campo. Mi mettevo in porta quando calciava, a 17 anni”.
Siete ancora in contatto?
“No, anche mio padre lo sente pochissimo. Si sono rivisti qualche mese fa, al Friuli, per una ricorrenza dell’Udinese”.
A Reggio Emilia, il vice pallone d’oro dell’86, Paulo Futre, sbarcò nel settembre del ’93. Lei arrivò dopo?
“No, prima. Quando papà entrò in società”.
Senza appunto Franco, manager dal ’76, al Clodiasottomarina, lei cos’avrebbe fatto? Il concessionario?
“Sarei arrivato lo stesso a vivere di calcio, magari non dai 27 anni, ovvero da quando comprammo la Reggiana assieme alla famiglia Fantinel, friulana”.
Sicuro?
“Pensi che a 11 anni la Benetton basket mi voleva a tutti i costi. Preferii fare il portiere, i risultati furono scarsi, ma la passione è rimasta, da dirigente”.
Il papà smise per la nefrite, a 22 anni. Lei?
“A 24. Disputai due anni di primavera all’Udinese, uno al Mestre in C2, con 5 presenze, e 10 partite a Pordenone, in C2. Chiusi a Monfalcone, in serie D, da titolare”.
Qual è il più grande vostro amico, nel calcio?
“Angelo Gregucci, tuttora nello staff di Roberto Mancini, allo Zenit San Pietroburgo, in Russia, e Salvatore Soviero, ex portiere di Venezia, Genoa e Cosenza, in B”.
Memorabile quando fece una battuta di dubbio gusto contro Alessandro Del Piero…
“Ogni tanto si lascia trasportare dalla partita. Come quando venne squalificato per un anno, dopo un Venezia-Messina”.
Ha condiviso con suo padre l’intero triennio lagunare?
“Lui era il presidente, io responsabile dell’area tecnica”.
La sua ultima volta allo stadio Omobono Tenni, invece?
“Ho lavorato con il presidente Ettore Setten e con il dg Giovanni Gardini, ora all’Inter, facendo lo scouting, con Manighetti, mancino ex Piacenza”.
E in Eccellenza l’ha visto?
“Solo in amichevole, 4 mesi contro la primavera del Vicenza”.
E il Montebelluna?
“Ha sempre avuto grande tradizione giovanile, lì sono nati e cresciuti Aldo Serena, commentatore Mediaset da una ventina d’anni, e Renato Buso, già a Sportitalia”.
Dal ’95 Dal Cin significa anche Africa.
“O meglio, Nigeria. Partimmo con l’acquisto di Sunday Oliseh, poi anche alla Juve di Ancelotti, alla vigilia del mondiale di Usa ’94. La nazionale si preparò a Reggio Emilia per 20 giorni. E da lì scoprimmo il difensore Jero Shakpoke, in A con la Roma, purtroppo si infortunò gravemente a un ginocchio, mortificando l’allora presidente Franco Sensi”.
Altri colpi?
“L’attaccante dalle capriole Oba Oba Martins, che dall’Inter è finito in Usa, Ayodele Makinwa, salvo in A con il Modena, poi titolare part-time alla Lazio e all’Atalanta. Marshall Mbre, ceduto al Genoa e poi con la cartilagine completamente ceduta, al ginocchio, ora responsabile della nostra scuola a Lagos”.
Quante volte, in un anno, si sobbarca le 6 ore di volo (più la pausa) per il paese africano?
“Quattro. Sono 5700 chilometri. A fine luglio il periodo delle piogge è il peggiore”.
Vede tanta povertà, laggiù?
“La differenza rispetto ai ricchi, una minoranza, è enorme. La gente si sveglia la mattina e si inventa qualcosa per trovare da mangiare”.
E’ mai stato rapinato?
“Due volte. Fra i campi e l’albergo sono 10 km, servono 3-4 ore, con un traffico incredibile. In quegli ingorghi, può capitare di tutto, del resto Lagos è fra le 5 città più insidiose al mondo”.
Mamme e sorelle degli aspiranti calciatori si offrono mai fisicamente a lei o al suo staff, perchè procurino un provino al talento di famiglia, in maniera da cambiare la storia economica, magari anche dei parenti?
“No, anche perchè mantengono grande dignità”.
Non la considerano un messia, per le strade?
“In parte. Il dolore più grande è importare solo 2-3 ragazzi l’anno, non di più”.
Partecipa alla tratta mondiale dei baby campioni?
“No, facciamo salire in Europa solo maggiorenni”.
Che squadra tengono i Dal Cin?
“Io simpatizzo per il Milan, a papà piaceva la Juve”.
Il calcio è davvero un mondo di farabutti?
“Mancano le persone di una volta, che non tradivano la parola nè la stretta di mano”.
Come lavora alla Sampdoria, protagonista di stagioni eccellenti, da Mihajlovic a Giampaolo?
“Siamo un gruppo eccezionale, capeggiato dal ds Carlo Osti, mio compaesano, e da Riccardo Pecini, responsabile dell’area scouting, ex Monaco, del principato. Mi confronto con il serbo Vasiliev, con l’ex esterno del Cosenza Moscardi e con Gianfranco Luporini, già secondo dell’allenatore isontino Giorgio Rumignani. Responsabile organizzativo è Fabio Papagni”.
Mica si prenderà il merito delle plusvalenze blucerchiate, dal ceco Schich allo slovacco Skrjniar, finito all’Inter…
“Va suddiviso con i suddetti”.
Dà mai consigli al re della tattica Marco Giampaolo?
“Il mister è particolarmente preparato, ma non l’ho mai fatto, in carriera. Sono intervenuto solo a difesa di Carlo Ancelotti, dopo il 4-1 di Pescara, 20 anni fa, con la Reggiana. Aveva, credo 4 punti in 7 partite e papà voleva esonerarlo, per dare una svolta, in serie B. Minacciai le dimissioni, gli diede una chances e venimmo premiati da un gol di Rizzolo allo scadere, al Giglio. Lì iniziò, nel ’95, la traiettoria del grande allenatore emiliano”.

 

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