Da Il Giornale, Claudio De Carli. La partita di Natale, del 1914, il racconto da leggere tutto d’un fiato

Claudio De Carli, una vita a Il Giornale

(v.z.) E’ un grande omaggio che ci fa la firma de Il Giornale Claudio De Carli, con il pezzo uscito in una pagina intera alla vigilia di Natale, appunto, nelle pagine disegnate da Benny Casadei Lucchi. Auguri a Claudio e alla redazione

di Claudio De Carli

“Uscite!”

“No, no. Uscite prima voi!”

“Noi non sparare. Voi non sparare…”

Confine franco-belga, fronte occidentale, zona di Ypres, Fiandre. Il 3 agosto 1914 la Germania dichiara guerra alla Francia, scatta il Piano Schlieffen, le truppe tedesche invadono il Belgio per aggirare le linee francesi e poi puntare dritte su Parigi. Ma dopo i primi scontri la battaglia cambia strategia, diventa guerra di trincea, la linea del fronte si estende dal Mare del Nord fino alla Svizzera. In soccorso dei francesi arriva il corpo di spedizione britannico della Bef, British Expeditionary Force, ora è stallo completo e il 24 dicembre del 1914 le linee anglo-tedesche a Ypres sono a 50 metri l’una dall’altra. Due eserciti nascosti nelle buche in attesa di ordini, così vicini da consentire ai tedeschi di sentire le voci dei soldati inglesi, i loro rumori, le grida degli ufficiali. Circa centomila fanti si preparano a trascorrere la notte di Vigilia, freddo polare, malinconia, devastante nostalgia di casa e tanta paura. Il giovane capitano inglese Bruce Bairnsfather di stazza ad un’unità della Royal Warwickshine cerca di non addormentarsi, teme il peggio, fucilate o congelamento, ma è sfinito e quando si risveglia è un mattino senza sole, grigio, non nevica ma non c’è neppure il rumore degli spari, le artiglierie tacciono, solo un grande silenzio, sembra tutto irreale. Si guarda attorno, anche gli altri soldati sono sorpresi, forse i tedeschi stanno preparando la solita carica, o forse sta per accadere qualcosa di impensabile, straordinario, addirittura magico.

Bruce si infila il caschetto, lentamente si alza per vedere la linea tedesca e rimane sorpreso. Durante la notte di vigilia hanno messo candele e altarini sugli alberi e lungo la trincea e qualcuno sta intonando una canzone di Natale, un suono che si alza di attimo in attimo fino a diventare un coro, adesso cantano tutti la melodia di Stille Nacht, sono bravi e intonati, ascoltarli è un piacere. Bruce pensa che magari in fondo, ma tanto in fondo, non sono neppure quelle canaglie che il suo comando dipinge. Intanto anche i suoi compagni si sono messi a cantare e adesso si sono ammorbiditi perfino i lineamenti dei loro volti stracciati dalla fatica e dalla tensione. I 50 metri della terra di mezzo sono sgombri dai caduti, l’aria è pulita, quando improvvisamente dalla linea tedesca, in un inglese quasi perfetto, si sente urlare: “Uscite!”

Già, e chi si fida. Esci, ti arriva una scarica di pallottole e neppure sei un eroe di guerra ma solo uno stordito che c’è cascato, per fortuna quando lo racconteranno non c’è bisogno che ti nascondi. “Uscite!” Si sente ancora e allora qualcuno risponde: “Uscite prima voi” attimi di silenzio poi all’improvviso dalla trincea inglese esce e si mette a rotolare verso quella tedesca un pallone. Pallone…? Bè, stracci ma mica male, chissà cosa c’è dentro a quel lenzuolo che li avvolge ma mette voglia di prenderlo a calci. Figurarsi se i tedeschi stanno li a pensarci, prima ne esce uno, poi tre, poi una decina e lo calciano verso la linea degli inglesi, non vedevano l’ora di farla fuori con una partita regolare, senza porte, senza linee, senza tempo e soprattutto senza arbitro. Gli inglesi rispondono, scavalcano la trincea, scatenati, freschi, sembrano usciti dallo spogliatoio e ributtano la palla dall’altra parte. Poi ne escono altri dieci, venti, trenta, quando dalla liena tedesca ne partono un’altra ventina diventa partita vera. Gli inglesi in kaki, i tedeschi in grigio, anfibio contro anfibio, senza meta, senza scopo, takle, spinte, casino, urla, risa, felicità improvvisa e una palla che rotola nella terra di mezzo che il gelo ha reso dura e pungente e ora è teatro di sogni. Chi cade è travolto ma si rialza subito, il capitano Bruce ha voglia di entrare nella mischia, una voglia irrefrenabile, non sa come la prenderanno al comando ma dai, come si fa a star li a guardare, quando si avvicina un soldato tedesco con una fiaschetta di rum, bevono, si abbracciano, il tedesco parla inglese, e anche bene, ha fatto il cameriere a Londra all’Hotel Cecil poi però è scoppiata la guerra. Ma ci vuole tornare perché ha lasciato lì la fidanzata e anche la sua motocicletta. Gli mostra una foto di lei, è molto bella, poi anche quella di sua sorella e il capitano Bruce si innamora subito e riceve la promessa che come sarà finita questa guerra è invitato in Germania per conoscerla. Posso sposarla? Quando? E il tedesco: molto presto, adesso vi battiamo e finisce tutto. E gli regala il suo caschetto, Bruce non ha niente, si strappa un bottone dal cappotto e ricambia commosso. Ma cosa intendeva quando diceva adesso vi battiamo e finisce tutto? Parlava della partita? E allora si butta nella mischia.

A neppure un chilometro di distanza si sentono i colpi di artiglieria, Papa Benedetto XV ha chiesto di sottoscrivere una tregua almeno per Natale, niente da fare, non ha avuto seguito neppure una lettera aperta di Suffragette alle donne di Austria e Germania, si combatte ovunque, non qui a Ypes, qui si gioca a pallone, si fraternizza e chi non è in campo scambia regali con il nemico, sigarette, cibo, whiskey. 

Quella notte stessa, la notte del giorno di Natale, Bruce scrive alla sorella e gli racconta tutto. Quella lettera è la prima  testimonianza di quanto è accaduto fra il 24 e il 25 dicembre 1914 e la partita di calcio fra inglesi e tedeschi che naturalmente telegrafano trionfanti al comando dichiarando di aver vinto 3-2: “ Credo che alla fine fossero quaranta contro settanta, forse di più, scrive alla sorella, quando ho incrociato nuovamente quel tedesco, questa volta sul campo, mi ha detto guarda che bello, ma perché non possiamo fare la pace, farla fuori a pallone e poi tornarcene a casa?.

I due comandi non l’hanno presa benissimo, zero assoluto sulla partita, come se non ci fosse mai stata. Neppure sui giornali escono notizie, una censura politicamente scorretta rotta solo dal The New York Times nel giorno di Capodanno. A quel punto, a notizia uscita, si accodano anche i giornali inglesi, il Daily Mirror e il Daily Sketch pubblicano le lettere dei soldati al fronte e le foto della partita, il Mirror titola “L’assurdità e la tragedia”. Ma non si riferisce alla sconfitta per 3-2. In Germania ancora prudenza, in Francia escono pezzi sui giornali in cui si ricorda che fraternizzare con il nemico è considerato tradimento e in tempo di guerra non è una bella cosa. Da noi, che al momento siamo neutrali, la prima a uscire è La Stampa, poi il Corriere della Sera e sulla Nazione c’è perfino un ampio reportage dell’incontro di calcio.

Ma il ricordo di quella partita ha poi raggiunto vette impensabili, commemorazioni, mostre, piece teatrali, romanzi. La Uefa, su iniziativa di Michel Platini, a Ploegsteer vicino Ypres ha fatto erigere un monumento e non è il solo. Nel video Pipes of Peace di Paul McCartney ci sono riferimenti espliciti, film, Silent Night opera in due atti ha vinto il premio Pulitzer. Una tregua non concordata, innescata da soldati sfiniti che si sparano a distanza di 50 metri senza crederci, senza voce, lontano da tutto, e poi il Natale e una palla che rotola nella terra di mezzo. L’evento è ricordato come la partita di Natale, cent’anni fa, ieri, save the date.  

Da “Il Giornale”

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