Il Giornale. Pietro Leonardi indagato per concorso in bancarotta fraudolenta. Dalla clinica dov’è ricoverato rivela: “Non mi risulta nessuna indagine ma sono a disposizione della magistratura. Sto così così”.

La stesura integrale del pezzo concordato con Benny Casadei Lucchi, per Il Giornale

 

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Pietro Leonardi

Vanni Zagnoli

E venne il giorno anche di Pietro Leonardi, indagato per concorso in bancarotta fraudolenta. Eravamo stati facillimi profeti, per questo romano di Monterotondo, diplomato al conservatorio e selfmademan. Come l’ex presidente Tommaso Ghirardi, non è stato avvisato dell’indagine. “Non mi risulta niente – racconta dalla clinica toscana dov’è ricoverato da due settimane, dopo lo stop di fine gennaio alla Città di Parma -, ma sono a disposizione della Magistratura. Come vuoi che stia? Così così. Quando esco? Non aggiungo nulla”.

E così anche l’ex amministratore delegato del Parma rischia la sbarra per il crac, da mago delle plusvalenze aveva mantenuto la squadra nella prima metà della classifica per tre stagioni di fila, con Donadoni, quest’anno il flop è stato assoluto. Iniziò nel ’90 dalla serie D, salì le categorie (Savoia, Empoli, Reggiana, Udinese, con parentesi alla Cisco Roma) con dispotismo moggiano. “A Udine ancora mi fanno gli striscioni, ogni volta che torno”, obiettava ogni volta che gli facevamo notare la rinuncia a Guidolin. Al Tardini, in coppa Italia con la Juve e nel recupero con il Chievo (neve, non sciopero) la curva era zeppa di “Leonardi vattene” che l’hanno intristito. Se Taci avesse iniziato a pagare sarebbe ancora al suo posto e nessuna indagine sarebbe stata aperta, la soluzione Manenti era dei disperati. Neanche quell’inaffidabile brianzolo-pistoiese ha un soldo e allora si era sentito male per la seconda volta. Sino a dimettersi. Per dedizione e idee, resta da Champions league, ma per colmare il gap fra i crociati e le società più danarose esagerò nei tesseramenti, in quote diritti di immagine nei contratti e in incentivi all’esodo. Adesso dovrà risponderne in tribunale, con Ghirardi, non solo di fronte all’opinione pubblica.

La scorsa settimana erano stati portati via i computer da Collecchio, il suo però non c’era. Magari se l’è portato in ospedale o a casa. Ieri mattina la Gdf è passata al centro sportivo per un’ispezione, sequestrando documenti inerenti le indagini. Una pattuglia era in borghese, la seconda con auto d’ordinanza è rimasta per mezz’ora, a controllare libri contabili e prelevare schedari, in presenza del presidente Manenti. In vista dell’udienza prefallimentare del 19, le fiamme gialle hanno pure sequestrato documenti nelle sedi della Figc, a Roma, della Lega di Serie A, a Milano (dove sono rimasti oltre tre ore) e poi in uno studio di consulenza del lavoro, a Parma. Ieri, intanto, il procuratore ducale Rustico ha smentito che l’inchiesta vada a Bologna. “Rimane a Parma, nego collegamenti con la malavita – spiega -. Il nostro pool è andato a Bologna solo per una visita programmata”. Si parla però di contatti fra le proprietà che si sono succedute al Parma e faccendieri già attenzionati. In particolare Paolo Signifredi, già proprietario del Brescello, oggi fra i dilettanti, ex presidente del Carpi e pure ex gm del Catanzaro. Nel pomeriggio, sempre al campo fatto costruire dalla Parmalat, c’era uno spiegamento di forze rilevante. Inutile perchè Lucarelli e Tavecchio si sono visti all’hotel Daytona e poi in municipio con il sindaco. Facente funzione di presidente.

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