Il Giornale. Giuliana Salce, l’ex campionessa di marcia (17 record mondiali) passata a lavori umili: “Da 5 anni e mezzo lavoro come spazzina. Dopo la morte di Pantani denunciai il mio doping nel ciclismo, imposto da un dirigente federale”.

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Vanni Zagnoli

Macinava record mondiali (17), nella marcia, si dopò a carriera finita, per correre in bici. Giuliana Salce è stata un’ottima marciatrice, negli anni ’80, nel 2011 rivelò la sua storia, anche per essere aiutata sul piano economico, ma ancora fa la netturbina.

“Da 5 anni e mezzo – racconta – sono operatrice ecologica, a Roma: 3 anni part-time, dalle 6 e mezza alle 11,50, all’ama, azienda municipale ambiente, poi turni da 6 ore. Da un mese e mezzo sono ferma, per l’operazione dopo una caduta”. Effettua la raccolta differenziata, per 700 euro al mese, da due anni sono 1100.

Giuliana fu la prima azzurra specialista della marcia, con 5 titoli nazionali, più 7 indoor. “L’apice fu nell’83, con record del mondo nella 5 km, a L’Aquila. E due anni più tardi l’oro mondiale sui 3mila indoor, a Parigi. Infine un argento europeo e mondiale, sempre al coperto. E in totale stabilii 17 primati mondiali: 5 in pista e 12 al coperto, su 5 distanze”.

Salce è sempre stata problematica, da ragazza combattè bulimia e anoressia, quei risultati l’hanno comunque portata nella hall of fame dell’atletica leggera italiana.

Nel ’99, a 43 anni, passò al ciclismo, master, senza peraltro ottenere i risultati dell’azzurra Maria Canins, ex fondista.

“Fu la morte di Marco Pantani a farmi svoltare, nel 2004 mi autodenunciai: per 4 mesi un consigliere della federciclismo, braccio destro di Giancarlo Cerruti, presidente dell’epoca, mi fece assumere epo e gh. Decideva sostanze, dosi e tempistica delle iniezioni. La resistenza si moltiplicò e la forza lievitò, a scapito della massa grassa”.

Il doping causò un tumore alla tiroide e un’infezione alla gamba destra, dove si iniettava il dopante. E’ stata in tv una ventina di volte, a raccontare i suoi drammi, temendo ritorsioni scrisse un memoriale all’avvocato Arturo Perugini. Fu Ivano Fanini (Amore e Vita, ciclismo), a farla deporre ai Nas di Firenze. Era il giugno di 11 anni e l’operazione Oil for drug segnalò 146 persone, con 8 arresti, compresi due medici.

Dal 2004 al ’10, Salce vive di lavori umili (pulizie da privati) e di benevolenza: “Una radio mi fece recapitare per due volte pacchi di generi alimentari, dalla croce rossa”.

Le offrirono anche di fare l’attacchina, dei manifesti del Golden gala, di Roma.

Oggi il figlio Barnaba, 25 anni, coltiva sogni sportivi, è campione laziale di pugilato, pesi welter, mentre Francesca, 34 anni, è ricercatrice di scienze motorie a Lisbona. Il compagno Cesare Presutti (di professione perito) le è stato al fianco, anche nella battaglia contro la depressione. “Devo scusarmi con i familiari, per avere accettato di doparmi a 46 anni”.

A 60, Giuliana si batte contro il doping giovanile. “Nelle palestre fanno le punture di gh nelle cosce e anche gli integratori possono essere nocivi, quando servono per tagliare gli anabolizzanti”.

Scrisse “Dalla vita in giù” con Bradipolibri. Seguirà un corso di atletica per bambini, in una scuola di Ostia, va a testimoniare che il doping crea dipendenza. “Già nell’87, assieme ad altri azzurri di vaglia, ci dissociammo dalle pratiche di autoemotrasfusione”.

 

 

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