L’amico Antonino Imborgia, ex ds del Parma, al quale ogni tanto mando i miei articoli di pertinenza gialloblù, mi chiede quando saranno i funerali di Paolo Borea. Ricordava la mia intervista recente. Sono a Pantelleria, stacco sì e no, ma mi era sfuggita la notizia, ieri pomeriggio.
Così la ritrovo sul sito della Gazzetta di Modena, per esempio.
E’ morto all’ospedale di Faenza Paolo Borea, dirigente sportivo che è stato, fra gli altri incarichi, diesse della Sampdoria dello scudetto con Boskov, Vialli e Mancini. Aveva 77 anni. Borea, ferrarese d’origine, abitava a Modena da decenni, ha avuto un malore sabato pomeriggio nella sua residenza estiva di Milano Marittima (Ravenna). Le sue condizioni sono via via peggiorate, fino al decesso, avvenuto all’ospedale di Faenza. Oltre che nella Sampdoria ha lavorato come direttore sportivo anche nella Spal, nel Bologna, nella Ternana e nel Modena.
Toninho Cerezo lo definì il più “grande direttore sportivo di sempre” e in effetti nella Samp della famiglia Mantovani, Paolo Borea realizzò un grande miracolo: la vittoria dello scudetto.
Antonino Imborgia, ex procuratore, quando ero bambino faceva lo stopper nella Reggiana, in serie B. Mi scrive: “Perdo un caro amico. Una persona per bene, figlia di un calcio che non c’è più, un vero signore di cui conserverò un grande ricordo”.
Sono d’accordo in pieno. Avevo sentito Paolo il mese scorso per Gazzettadiparma.it. Questo il testo di una delle sue ultime interviste, probabilmente. Borea era un grande amico, conosciuto a E’ Tv Antenna1 come ospite di Stefano Ferrari
http://www.gazzettadiparma.it/news/parma-serie-a/200396/Borea–memorie-crociate-e-blucerchiate.html
Vanni Zagnoli
Modena
A 77 anni, Paolo Borea segue sempre il calcio, come nei 32 da direttore, sportivo o generale. Nato a Ferrara, dal 1972 vive a Modena con la moglie Manuela e i figli Benedetta e Massimo: ha un nipotino di 7 anni, Riccardo, iscritto alla scuola di San Faustino, alla periferia geminiana. Faceva il giornalista, spesso è stato ospite su E’ tv Antenna1. Nel ’69 iniziò da dirigente al Prato, in serie C1, con Renzo Ulivieri tecnico del settore giovanile. Poi 5 anni a Modena, portato in B al terzo tentativo. Dal ’77 all’80 fu a Parma e vinse la C1 nella seconda stagione, più lo scudetto allievi semiprofessionisti, con Giorgio Visconti in panchina.
“Ai supplementari – ricorda – ci aggiudicammo a Gubbio la finale con la Turris. Spiccavano il centravanti Balugani e la mezzala Beatrizzotti, anche se poi non ebbero una grande carriera”.
Il primo allenatore del suo Parma fu Gianni Corelli, ferrarese scomparso nel 2008.
“Arrivava dal Crotone, la stagione crociata terminò in maniera mediocre, così ci affidammo a Graziano Landoni. Che però non legò con la squadra sul piano umano, eravamo lontani dalle prime due posizioni, allora valevano direttamente la promozione in B. In testa c’era il Como, chiamammo Cesare Maldini e autografò una rimonta clamorosa, con 20 punti nelle ultime 12 gare e all’epoca la vittoria valeva 2. Agganciammo la Triestina alla penultima giornata, nell’ultima vincemmo entrambe, noi in casa con il Padova, loro a Biella”.
E fu spareggio, a Vicenza.
“Passammo in vantaggio con Scarpa, pareggiò Panozzo, sull’1-1 andammo ai tempi supplementari ma avevamo esaurito i cambi e li affrontammo in 10. Però avevamo Carlo Ancelotti che valeva per 3-4 giocatori, faceva il centravanti arretrato, si giocava a cuneo, con Scarpa e Bonci larghi e lui che rientrava: decise la gara con due gran botte di destro, inserendosi da dietro. Finì 3-1, anche grazie all’apporto di Lucio Mongardi, ex Atalanta, e Marco Torresani, poi allenatore a lungo al Pavia”.
La stagione successiva, però, finì con la retrocessione.
“Fu determinante la cessione di Ancelotti alla Roma, per un miliardo e mezzo di lire. Lo voleva tutta Italia, fra le 16 squadre di serie A solo l’Ascoli non lo chiese e per me, come ds crociato, ricevere la telefonata della Juve rappresentò una grande emozione. Il presidente della Roma Dino Viola fu il più insistente di tutti, l’allenatore Liedholm venne più volte al Tardini a seguirlo, lo volle a tutti i costi”.
La contropartita non fu esaltante…
“Giunsero il portiere Alessandro Zaninelli, poi protagonista anche in A, il mediano povigliese Bruno Caneo, a lungo vice di Giampiero Gasperini in panchina, e Walter Casaroli, ex Como. Maldini restò ma venne esonerato, senza avere grandi colpe, perchè quel Parma non era forte quanto pensavamo: aveva molti giovani che poi si sarebbero affermati. Subentrò Tom Rosati, fece bene ma non riuscì a raddrizzare la barca”.
Anche lei se ne andò.
“Era giusto che pagassi pure io. Di quel triennio ricordo l’umanità fantastica del presidente Ernesto Ceresini, ero spesso da lui a pranzo e a cena, negli anni mantenemmo rapporti straordinari”.
Nel suo Parma, come osservatore, c’era Bruno Mora, in A per 3 stagioni con la Sampdoria: chiuse la carriera nel Parma, cominciò ad allenare qui ma si spense a 49 anni, per un tumore allo stomaco.
“Ho sempre ritenuto fondamentale seguire le squadre primavera. Bruno era amabile e simpatico, sapeva di essere stato un grande campione”.
Lei poi andò al Bologna, per una stagione e mezzo, e fu di nuovo campione d’Italia allievi.
“Con il portiere Marco Ballotta, poi vincitore di coppe nel Parma, Roberto Mancini, che portai con me alla Sampdoria, e Giancarlo Marocchi, oggi opinionista Sky”.
Nell’82 approdò a Genova.
“Dove rimasi per 15 anni. Nel ’97 tornai a casa, al Modena, sino al 2000, disputando un playoff di C1. La chiusura a Terni, dal 2000 al ’03, con il capolavoro della cessione dell’attaccante Grabbi al Blackburn, per 10 milioni di euro”.
Il borgotarese Eugenio Bersellini arrivò alla Sampdoria nell’84, e conquistò la coppa Italia.
“Fu il primo trofeo della storia blucerchiata, vincemmo a San Siro con il Milan per 1-0, gol di Souness, scozzese ex Liverpool, stracampione: una mezzala così in serie A non esiste. Al ritorno facemmo 2-1 a Marassi, stracolmo”.
Nel ’91 vinse lo scudetto e fu premiato con il Guerin d’oro, come miglior ds del campionato.
“La mia Samp è sempre rimasta davanti al Genoa, in classifica o come categoria, e per i tifosi era già molto”.
Lasciò nel ’97, poichè Enrico Mantovani preferiva gestire personalmente la Sampdoria. Da allora quante è tornato allo stadio Luigi Ferraris?
“Poche. Ho sempre pensato che chi lavora in una società sportiva deve poterlo fare in pace, mi fossi fatto vedere allo stadio sarebbe successo di tutto. Ritornai solo con la Ternana, nel 2000-01, mi affacciai a seguire il riscaldamento delle squadre, come ho sempre fatto, e il pubblico mi chiamò sotto la curva, così mi arrivarono persino rose”.
Tra i doppi ex delle società più gemellate della serie A, spiccano Fausto Salsano (5 gol in 61 partite con il Parma, fra l’82 e l’84 e poi per 11 stagioni nella Sampdoria) e Fausto Pari: 5 reti in 64 partite dall’81 all’83 e poi 9 anni in blucerchiato.
“Salsano era in comproprietà con il Parma e rimase lì. A Genova portai Pari, pagandolo 250 milioni di lire, nell’83-’84. La stagione successiva al presidente Ceresini portai via anche Fausto Salsano e ovviamente ci rimase male”.
Assieme prendeste Apolloni, dalla Pistoiese.
“Ma lo lasciai a Parma perchè avevamo Vierchowod, fu solo un affare di mercato. Rammento le trattative fra Ceresini e Paolo Mantovani: “Presidente, faccia lei”, diceva il signor Ernesto. Il numero uno della Sampdoria era generoso e brillante, andava sempre al di là delle aspettative del venditore, i rapporti fra le due società erano eccezionali”.
Al punto che anche Sandro Melli passò alla Samp, nel ’94, limitandosi però a un gol in 8 gare, in 5 mesi.
“Fu la trattativa più lunga della mia carriera. Non volevo spendere nulla e lo chiesi in prestito al collega Pastorello del Parma, me lo negò. All’ultimo giorno di mercato non aveva trovato collocazioni, dunque me lo cedette con semplice diritto di riscatto. L’appuntamento fu per l’indomani in sede, alla Sampdoria: abitavo in zona mare, partii in anticipo, la strada però era intasata, sarei arrivato tardi. Là c’era già Enrico Mantovani, che pregai di accogliere Pastorello. Entrai che il collega era già andato via, ma con 6 miliardi di lire, perchè il presidente preferì prendere Melli subito, per quella cifra, e fu un cattivo affare”.
L’anno dopo però rimediò…
“Mi chiamò Ariedo Braida perchè voleva Melli al Milan, mi offrì Ruud Gullit e un miliardo e mezzo in aggiunta. L’olandese però a Genova non fece bene quanto la prima volta. Il Parma si sarebbe poi ripreso Sandro per per 3 miliardi e così recuperai un’altra parte dell’esborso imprevisto. Solo per l’ucraino Mychajlichenko e per il centravanti Pino Lorenzo ci avevo rimesso”.
Al club crociato cedette anche Enrico Chiesa.
“Alla famiglia Tanzi, per 25 miliardi, e il ds era Riccardo Sogliano”.
Il gemellaggio fra le tifoserie è suggellato dai colori blucerchiati dell’us Astra, società sportiva giovanile.
“Nella penultima gara interna ho apprezzato la bella festa del pubblico, prima e durante la partita”.
Il Parma aveva meritato l’Europa?
“Sì, ha un’ottima squadra, molto bene allenata. Donadoni è un bravo tecnico, fa giocare bene e mi chiedo perchè il Milan non l’abbia preso: occorrerebbe valutare bene il materiale umano, il Parma aveva buoni giocatori e in inverno ha coniugato spettacolo e risultati. I crociati sembravano un po’ in fase calante, sono risaliti in tempo. Peraltro è un’ottima società, espressione di grande proprietà. Le polemiche uscite dagli spogliatoi sono rare: Ghirardi è un ottimo presidente e ha investito con passione, è garanzia di continuità”.
Tantopiù con i 25 milioni in 10 anni che arriveranno al Parma…
“Consolidano la società. Perdipiù l’ad Leonardi è un grande conoscitore del calcio”.
Il sesto posto si può cancellare negando la licenza Uefa?
“Non è giusto, per quanto ha fatto per tutto l’anno. Magari qualche partita non era andata bene, prima del rilancio finale, non so però tante squadre abbiano espresso lo spettacolo dei gialloblù: penso solo la Roma, qualche sprazzo del Napoli, la Fiorentina e proprio il Torino. La Juve è una corazzata ma non è così divertente, dunque l’Europa league è un giusto premio”.
D’accordo, ma la burocrazia?
“Spero che quei cavilli sui 300mila euro di Irpef pagata in ritardo non vanifichino il risultato del campo, sarebbe ingiusto perchè il verdetto del prato è sempre sovrano. Sposo il pensiero dell’ad Pietro Leonardi e di Tommaso Ghirardi, ascoltati su Tvparma e Radioparma. Confidiamo nel ricorso al Tas di Losanna, dopo i 4 step sinora negativi, certo dispiace vedere partire subito Parolo per la Lazio e forse altri big. Alla fine sono convinto che il presidente rimarrà e sarà voglioso di riprendersi l’Europa sul terreno di gioco”.