Enordest.it. Se nel calcio i presidenti tolgono la parola alla stampa

(enordest.it)

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Vanni Zagnoli

Il presidente Aurelio de Laurentiis sceglie i giornalisti di Sky: “Mi sono accordato con il direttore, Ferri, mi ha chiesto se mi va bene Di Marzio. Ugolini è laziale”.

Interrompe l’intervista di Politano alla tv ufficiale, per l’Italia, della Champions league. Si permette di uscire allo scoperto, secondo una prassi molto italiana, di società, di presidenti, di dirigenti che impongono alle testate giornalistiche di vertice il loro giornalista preferito.

La spinta che poi dà al cameraman è gravissima, va oltre le 4 giornate per la testata di D’Aversa, licenziato dal Lecce, al francese del Verona Henry. Meriterebbe 4 mesi di squalifica, come lo stesso D’Aversa, che però ha l’attenuante della provocazione.

De Laurentiis aveva un Napoli quasi perfetto, che poteva duettare con l’Inter per alcune stagioni, come migliore squadra d’Italia, con Spalletti, l’ha distrutto. Dovrebbe levarsi dalla direzione della squadra, restare proprietario e basta, affidarsi di più a un dg. Sta facendo peggio di Massimo Cellino, è un peccato enorme.

Ussi è intervenuta. Non solo in Campania, dovrebbe intervenire anche l’ordine dei giornalisti. Non solo contro De Laurentiis e il Napoli ma sanzionare i club che mettono alla berlina giornalisti, in particolare precari, e anche le testate che danno ascolto ai presidenti.

Federico Ferri aveva già avallato la richiesta sicuramente di Andrea Agnelli di ricusare Daniele Adani da Sky perchè arcicritico con Massimiliano Allegri. E’ il sistema da ripensare, la cosa andrebbe persino affrontata a livello parlamentare, di governo. Perchè da troppi anni i direttori si schierano dalla parte delle società sportive, di chi pretende di scegliersi gli interlocutori. Editori, direttori, capiredattori dovrebbero impuntarsi per difendere il giornalista in questione. Solo la redazione, persino i collaboratori, l’assemblea di chi lavora giornalisticamente al prodotto – persino i tecnici – dovrebbero giudicare l’operato di un collega. Se poi è navigato come Massimo Ugolini neanche dovrebbe servire il sollevamento popolare.

Di recente, Dela si era scagliato contro l’inviato di Sky durante una conferenza stampa di Walter Mazzarri, quando chiese il modulo per la difesa. “Che c…o te ne frega a te?”. E’ la teatralità, voluta, studiata, dell’uomo di cinema.

Ancora, suggerirei a tutte le redazioni di ruotare le firme, gli inviati. E’ vero che ci si specializza sulla stessa squadra, sullo stesso sport, però farebbe anche bene ruotare, appunto, a costo di qualche lapsus, di mancare notizie. L’alternanza, come in politica.

Aggiungo, gli uomini della sicurezza che accompagnano De Laurentiis dovrebbero fermare il presidente, scusarsi immediatamente, offrire soccorso, persino in senso fisico, cioè far rialzare, il professionista, magari di un service, che filma uno dei personaggi più influenti d’Italia mentre pubblicamente si comporta in maniera che va oltre l’immaginazione.

Ma il punto non sono la reazione e le parole, è l’idea in sè di entrare nelle scelte di un direttore, Federico Ferri. E l’idea che lo stesso direttore, secondo la confidenza di Aurelio de Laurentiis, l’abbia accontentato.

Sapete quante volte è accaduto? A Il Secolo Xix, Giuliano Gnecco seguiva il Genoa, il presidente di allora, Enrico Preziosi, ha ottenuto il suo avvicendamento e così dallo sport è passato in cronaca. Con Giampiero Timossi capo, il Genoa non concedeva interviste esclusive al quotidiano ligure. Quando Timo ha lasciato Genova, i rapporti fra il Decimonono e il vertice rossoblù sono migliorati. Curioso che poi Timossi sia stato chiamato a capo dell’ufficio comunicazione, proprio da Preziosi.

Persino il Brescello, 20 anni fa, ricusò un giornalista. Enrico Boni, a lungo pubblicista, firmava su Il Resto del Carlino, di Reggio Emilia, e su Gazzetta dello sport. Il ds dell’epoca, Doriano Tosi, certamente non a titolo personale, chiese a Carlino Reggio di cambiare interlocutore e, anche grazie a William Punghellini, poi presidente della Lega dilettanti, ebbe come cronista al seguito, in casa, il mite Giuseppe Montanari, che Punghellini apprezzò alla Bagnolese.

Va sottolineato che Boni si muoveva con grande puntiglio, trattando una società di serie D come fosse A, con il vicepresidente Fava, di Sant’Ilario d’Enza, il suo paese, come informatore di prima mano.

Boni proseguì sulla Gazzetta, dello sport, finchè il Brescello restò fra i professionisti e poi avrebbe vissuto stagioni di gloria in tv, a Teleducato Parma. Lì il suo essere controcorrente era esploso.

Dalla Gazzetta, un redattore chiave, del calcio, ci rivelò: “Abbiamo tanti corrispondenti tifosi, Boni è praticamente l’unico antisocietario”. Si riferiva al calcio allora di serie C1 e C2.

Una società sportiva può esprimere perplessità su un giornalista, le deve motivare, il direttore ha l’obbligo morale di ascoltare ma poi di fare la valutazione più obiettiva possibile, senza il classico che non si dice: “Per mantenere i migliori rapporti possibili, sono in ballo interessi commerciali comunque elevatissimi, con una top società, e allora per quieto vivere cambio”.

Tornando al Napoli, un decennio fa ottenemmo un’intervista per Libero, andiamo a memoria, con Riccardo Bigon o comunque con un tesserato del Napoli, grazie a Guido Baldari, il più alto fra gli uffici stampa d’Italia, in senso letterale. L’indomani ci chiese il pdf dell’articolo, da Libero, dalla redazione sportiva, si sorpresero, considerate le rassegne stampa che anche in serie B arrivano automaticamente ai club e poi il fatto che, naturalmente, Libero sia acquistabile in edicola in tutta Italia e che già ci fosse l’acquisto fattibiile online.

A margine di quell’intervista, Baldari ci rivelò: “Il Napoli riserva le interviste alle testate che condividono le sue battaglie, per esempio il Corriere dello sport”.

Rammentiamo un’altra uscita discutibile di de Laurentiis. Nel dicembre del 2019, presentò Ivan Gennaro Gattuso come sostituto di Carlo Ancelotti. Nessun giornalista avrebbe potuto rivolgere domande al presidente del Napoli, all’unica che gli arrivò De La rispose così. “Fammi fare la domanda da Bàrbano… Barbàno, come cazzo si chiama”. La stoccata era indirizzata al vicedirettore del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano.

Antonio Giordano, cronista del Corriere dello Sport, a De Laurentiis chiese di formulare una domanda “alla luce di 15 anni di conoscenza”. Storica firma del giornalismo sportivo campano, Giordano segue da tempo il Napoli, dopo essere cresciuto con la Pro Cavese, in serie B. 

De Laurentiis se la prese con il vicedirettore del Corriere dello Sport, poi diventato condirettore e ora passato a Il Riformista, come direttore. Gattuso si sorprese. E lui stesso quando non venne confermato, un anno e mezzo più tardi, non potè raccontare la sua verità. 

Allora il patron azzurro non digerì un passaggio in cui Barbano lo ha aveva paragonato a Claudio Lotito: “I due presidenti talvolta varcano il confine del buon gusto e sconfinano nel qualunquismo o, peggio, nel pregiudizio”. 

Vietate le critiche, insomma, e vietato stigmatizzare l’arroganza. Nello sport avviene spesso, in Italia avviene spesso, soprattutto nei confronti di collaboratori, di corrispondenti. Mancati accrediti stampa, levare la parola, non darla con la scusa di una domanda articolata. Ordine, assostampa e Ussi intervengono non abbastanza di frequente e in maniera non così risoluta, peccato.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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