Enordest.it. Adesso parliamo di cavalli. Andrea Orlandi ricorda

(enordest.it)

https://www.enordest.it/2023/10/01/adesso-parliamo-di-cavalli-andrea-orlandi-ricorda/

Vanni Zagnoli

Usciamo dal percorso degli sport consueti, che abbiamo raccontato su enordest.it, dal 2020, per una divagazione sul mondo dei cavalli. Con qualche storia nostra e alcuni video racconti che abbiamo raccolto negli anni.

Del giornalista Vittorio Feltri è nota la passione per i cavalli, a 80 anni ancora la coltiva, anche se non gareggia più da tempo la può ripercorrere.

Qui raccontavo un’iscritta al Cere, il circolo equitazione di Reggio Emilia. Aveva già gareggiato a Roma, al gran premio internazionale piazza di Siena. 

Questi è Arnaldo Bologni, classe 1960, di Novellara, il paese dei Nomadi, nella Bassa Reggiana, fu in nazionale nel ’92, alle olimpiadi, da riserva, e titolare nel ’96. Il figlio Filippo ha sposato Jessica Notaro, che ha perso un occhio, sfregiato da un ex fidanzato. Raccontiamo i segreti di chi ha successo nell’equitazione.

E questo è proprio il Cere, a Canali, dove ogni anno si raduna la Pallacanestro Reggiana

Con due cavallerizze, a Budrio, verso Correggio, narriamo il centro ippico. Di cui altri video sono su vannizagnoli.it. Trattiamo i grandi temi correlabili alla passione per gli equini.

A Padova c’è Alberto Zorzi, 35 anni, un ottimo elemento dell’equitazione, il migliore nella storia veneta. Dopo sette anni in Olanda, è rientrato nella città del Santo, nel febbraio del 2022. Era stato alla Stal Tops di Jan Tops, che a Zorzi ha offerto i migliori strumenti per valorizzare le sue purissime qualità di cavaliere, con vari successi sino al ‘18

Antonio di Carlo fece un post su facebook, durante il covid, per aiutare l’ippica. E’ l’ex esterno della Roma, giocò parecchio nell’anno del quasi scudetto con Sven Goran Eriksson, a sinistra. Ha un ristorante a Roma (Il Frantoio, con Roberto Pruzzo, il bomber) e una scuderia. 

Non troviamo foto, di Andrea 

Andrea Orlandi, ex ottimo fantino, nel trotto. Ha lavorato per anni di notte in una sala giochi a Reggio Emilia, venendo direttamente da Bologna, ogni sera, in particolare. Toscano, adesso nel capoluogo emiliano fa l’autista di autobus.

L’ex campione era là, dietro in cassa, un po’ nascosto, a pagare le vincite realizzate alle macchinette. Lavorava ogni notte dalle 22,30 alle 8, riposando solo il martedì. Era al Macao, una sala giochi di Reggio Emilia sempre aperta, e lì chiacchierammo a lungo, all’epoca. E’ una conversazione inedita.

Dal 2008 Andrea Orlandi, 59 anni, fiorentino, è sposato con Francesca Granzotto, insegnante veneziana, ha due figli: Lorenzo, diplomato all’istituto tecnico aeronautico di Bologna e già portiere nell’Anzolavino, e Leonardo.

Da guidatore Orlandi vanta oltre 400 vittorie, le più importanti a Padovanelle, con il record della pista di Trieste e altri primati stagionali su vari circuiti. Da allenatore si aggiudicò il Criterium dei 5 anni e svariate poule.

Orlandi disputò l’ultima gara nel 2009, a Pescara. E la prima?

“A 18 anni, a Montecatini Terme. Bastarono 6 mesi per passare professionista, il primo successo fu pure da appena maggiorenne, a Montegiorgio, Fermo”. 

Come si è avvicinato all’ippica?

“Grazie alla famiglia. Zio Orlando fu un buon preparatore, papà Sergio guidatore, entrambi sono morti di ictus. Come maestro ho avuto un grande dell’ippica mondiale, lo svedese Soren Nordin”.

Quando è iniziata la crisi del suo sport?

“All’inizio del millennio. Lo stato stanziò soldi, dirigenti impreparati arraffarono, anzichè investire: erano estranei al nostro mondo, eppure venivano sistematicamente incaricati”. 

Fu persino coinvolto il povero Giulio Andreotti.

“L’ex presidente del consiglio venne chiamato in causa fra gli anni ’80 e ’90, con Giorgio Berardelli all’Unire, fu la presidenza migliore. Poi furono sperperati tanti soldi: prevedevo questa catastrofe, era davvero impossibile essere ottimisti”.

Esiste il doping, fra i guidatori?

“C’è stato nel ciclismo, nel calcio, nelle grandi competizioni. Avessimo controlli effettuati in maniera seria e accurata, da personale qualificato, sarebbe stroncato”.

Ci sono i test antidoping per i cavalli?

“Le regole negli ultimi 30 anni sono diventate più ferree eppure è aumentato. Magari si proibisce un antidolorifico ma ci si sposta su un inibitore della fatica o un betabloccante. Non sono un veterinario, ma si vocifera dell’epo anche per gli equini, di pari passo ai ciclisti”. 

Quanti sono i medici, nel vostro mondo?

“I bravi sono pochi, come i guidatori”.

Chi è il dottor Michele Ferrari del settore?

“Sicuramente ci sarà. I casi di doping emersi erano sulla cinquantina l’anno. I regolamento per i guidatori era del 2006, con metodi non consoni”.

Lei con cosa si aiutava?

“Anche venti caffè dalle 5 di mattina e persino 3 pacchetti di sigarette al giorno. Sono stato nell’ippica dal 1982, il primo doping era grezzo, proprio il semplice abuso di caffeina”. 

E all’estero?

“Nei paesi più avanzati, nel nostro sport, ovvero Francia, Inghilterra e Stati Uniti, si usavano sostanze proibite, cocaina in particolare”.

Con quali rischi?

“Di parecchi ictus. La nostra professione corrode tanto, propone una vita stressante, con la pressione sempre alle stelle”.

E’ così impegnativa?

“Farla bene è difficile. La mattina lavori, cioè alleni i cavalli, il pomeriggio vai a correre e la notte rientri, per tanti chilometri in macchina. E il rapporto con i proprietari è sempre più difficile”.

Le bestie vengono maltrattate?

“Sino a una ventina d’anni fa c’era un uso eccessivo del frustino, anche fuori dalla gara, ultimamente non abbiamo più casi”.

E le scosse?

“Si vocifera che qualche guidatore abbia adoperato la pila elettrica per svegliare il cavallo: è una scossa blanda, come un pizzico, pari a una puntura di insetto, magari a pochi minuti dalla partenza”.

In pista esiste la sudditanza psicologica?

“Fra i membri di giuria. Usavano due pesi e due misure rispetto ai guidatori. La maggioranza non è qualificata, pur conoscendo il regolamento: dovrebbero essere ex guidatori a decidere fra danneggiamento e scorrettezza, poichè c’è differenza”. 

Quali ippodromi avevano chiuso?

“Milano, Napoli. A Padova era rimasto chiuso sino a febbraio, dal 2012, dopo che avevamo spostato il trotto all’interno della pista del galoppo, così era l’unica pista dove si correva in senso orario. A Livorno era rimasto solo il galoppo, la chiusura è durata 6 anni. Merano è andata vicino alla chiusura, resta la cattedrale degli ostacoli e allora privati lo salvano. L’ex presidente della Roma James Pallotta vorrebbe spostare l’ippica da Tor di Valle a Trigoria”.

Sa di scommesse illecite?

“Nel 1983 mi avvicinò un personaggio che era nell’ambiente da alcuni anni, mi offrì soldi per perdere una corsa in Toscana. Fu una proposta esplicita, eravamo da soli, rifiutai. “Guarda che sono tanti”, replicò quello. Un caso analogo l’anno dopo, con un’altra persona, più o meno per la stessa cifra. Non ci furono altre offerte perchè si sparse la voce che non ero interessato”.

Allora cosa c’è da salvare?

“In 27 anni di ippica, dico che l’ambiente è più pulito di quanto sembri, soprattutto se rapportato ad altre discipline. Le mele marce sono anche all’estero, guidatori importanti agirono in maniera non corretta.

Per gli organi competenti è molto difficile se un cavallo sbaglia di proposito, andando al galoppo, e se il cambio di passo è naturale. Chi trotta è soggetto all’errore, provare il dolo del guidatore è impossibile”.

Gli scommettitori hanno contatti con i driver?

“Questo faceva parte del fascino dell’ippica. Venivano all’ippodromo la mattina, a vedere muoversi i cavalli, tentavano di carpire informazioni, per valutarne la forma”.

Esistono sabotaggi?

“Quando un cavallo non rende o ha una flessione di forma clamorosa, viene il dubbio che qualcuno abbia manomesso qualcosa, restiamo nel campo delle ipotesi. All’estero piazzano telecamere nei box dove alloggiano i cavalli, perciò si vede se entra un estraneo”.

Donne hanno successo nell’equitazione, perchè non nell’ippica?

“Anni fa c’erano le corse per amazzoni, la toscana Agnese Palagi era bravissima, a Trieste c’era la Stenghel. Le ragazze in corsa hanno maggiore sensibilità, nei confronti della bestia, ma meno aggressività degli uomini”.

Qual è la sua ricetta per uscire dalla crisi?

“Servirebbe un ricambio generazionale fra i dirigenti, escludendo politici che non avevano dimestichezza. Poi veterinari e funzionari all’altezza. L’ippica va restituita agli addetti ai lavori, malgrado siano pochi, uno sguardo al passato aiuterebbe il futuro. Si dovrebbe approfittare della crisi per una ripartenza con azzeramento dei vertici del nostro mondo”.

Lei quanto ha guadagnato in carriera?

“Come montepremi oltre 5 milioni di euro, fra allenatore e guidatore”.

Perchè, allora, era finito a lavorare  di notte in una sala giochi e adesso sugli autobus?

“Perchè l’80% dei compensi va al proprietario del cavallo, il rimanente era diviso fra allenatore e guidatore, mentre negli ultimi anni la fetta per il driver è scesa anche al 5%. Ho guidato e allenato numerosi cavalli della scuderia veneta di Gina Biasuzzi, fra le più grandi in Europa: Zambesi Bi, Pecos Bi e la femmina Ruth Bi”.

Che idea si è fatto di Frankie Dettori quando venne trovato positivo alla cocaina?

“Ha vinto in tutto il mondo, nel galoppo, pagò a caro prezzo un errore, ma concentrazione e guida del genere non si debbono certo a uno stupefacente”.

In sella la droga è utile, per far viaggiare più forte il cavallo?

“No, sarebbe deleteria, è una leggenda. Bastano concentrazione e forza fisica”.

Allora come si diventa un grande guidatore?

“Con una buona dose di fortuna, un proprietario munifico e fiducioso nelle tue potenzialità”.

A quale sportivo è paragonabile?

“A un pugile, perchè dev’essere un grande incassatore. Quando si perde una corsa senza colpe, capita che il cavallo venga dato a un altro. Inoltre per i chilometri in autostrada per raggiungere gli ippodromi serve lo spirito di un maratoneta”.

Com’era la giornata base?

“Sveglia alle 5, in estate. Alle 5,50-6 controllo che in scuderia sia tutto a posto, fra le 11 e mezzogiorno doccia e pranzo. Magari per andare da Padova a Montecatini serve partire alle 15,30, sotto il sole, con il camion attrezzato per il trasporto cavalli. Il guidatore raggiunge il luogo della corsa per le 23, mentre il cavallo viaggia con l’artiere ippico”.

Esistono contratti, nel vostro mondo?

“Io avevo un biennale, con tacito accordo sulla parola. Con la signora Biasuzzi andammo avanti così per 17 anni, oggi molto è ancora di più basato sulla parola”.

Vari sportivi sono andati in pensione a 45 anni, a lei quando arriverà?

“A 65 anni, assommando i contributi da guidatore e allenatore e poi i due lavori più tradizionali”.

Un driver è molto ambito dalle donne?

“Il ruolo attirava parecchio, gli stessi proprietari erano sempre circondati da bellezze”.

Ai suoi figli regalerà un cavallo?

“No. Non sanno nemmeno come sia”. 

Qual è il fascino dell’ippica?

“La preparazione del cavallo, scoprirne i problemi, migliorarne le prestazioni”.

Li amava come figli?

“Il mestiere ti consuma, la famiglia ha bisogno di te. Danno soddisfazioni e anche ritorno economico”.

Il pubblico più vasto di fronte al quale si sia esibito?

“Alcune notti al gran premio di San Siro e a Roma ci furono 6-7mila spettatori”.

Ora l’ippica dove fa proseliti?

“Soprattutto a Dubai. Lo sceicco Al Maktoum compra i pezzi migliori nelle aste, per il galoppo”.

I guidatori possono scommettere?

“Assolutamente no”.

Affidano le scommesse ai parenti, come fa qualche calciatore?

“Non si potrebbe”.

Andrea Orlandi, si aggiudicò il Criterium europeo dei 5 anni, con Zambesi Bi, da allenatore. 

“Alla guida c’era il proprietario Mauro Biasuzzi, figlio di Gina, si portò a casa quasi 200 milioni di lire”.

Quando invecchia un guidatore?

“Quando perde le motivazioni, non c’è un limite anagrafico. Dopo i 50 anni non sei più reattivo ma hai esperienza”.

Nel galoppo girano più soldi?

“In Italia la tradizione e i premi del trotto sono sempre stati superiori, ora le cifre si equivalgono”.

Le è mai venuta voglia di correre il Palio di Siena?

“E’ un altro sport, proprio. Mi sarebbe piaciuto magari fare il calciatore”.

Rimpianti?

“Avrei potuto cambiare il mio temperamento, ovvero scendere a qualche compromesso, mi sarebbe convenuto. Ma sono orgoglioso di quel poco che ho fatto”.

In sala giochi fu il suo primo lavoro, extra corse?

“Iniziai a fare pratica con le slot machines. Ebbi la fortuna di conoscere il manager Beppe Iori, in un’agenzia ippica”.

“Mi sa che è la tua sera fortunata”, diceva per incitare a giocare. Ma come si comportava di fronte ai giocatori d’azzardo compulsivi?

“C’è un regolamento preciso, una nota informativa che ho il dovere di fare leggere. E poi, magari, faccio notare che è molto tardi…”.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

Related Posts

Leave a reply