Dal mensile dell’Aic, Riccardo Scirea ricorda il papà Gaetano, scomparso 25 anni fa: “Sarebbe diventato allenatore”

Riccardo Scirea
Sono passati 25 anni, da quel giorno che mi ha cambiato la vita. Ne avevo appena 12 e all’inizio non capii veramente quanto sarebbe successo: mio papá era morto.
Non lo avrei più visto, lui che era partito per la Polonia, per visionare il Gornik Zabrze, che la Juventus avrebbe dovuto incontrare due settimane dopo, in coppa Uefa.
Non ci credevo. Mi sembrava uno scherzo, non poteva essere vero tutto quello che stavo vivendo: mi pareva di essere in un brutto sogno, al risveglio tutto sarebbe finito con un suo abbraccio.
I ricordi più belli sono i trascorsi in famiglia: la vita quotidiana fatta di compiti da svolgere, le partite di tennis viste insieme in televisione; era tifoso del tedesco Boris Becker.
Ma la cosa a cui tenevo di più era quando mi veniva a vedere giocare a calcio: erano occasioni veramente rare, io ero sempre molto concentrato, consapevole che il suo giudizio a fine partita per me sarebbe stato molto importante. Lui, invece, sapendo quanto lo considerassi, non si è mai sbilanciato in giudizi negativi.
Da giocatore ricordo quando mi portava agli allenamenti della Juventus al campo Combi, per me erano giorni bellissimi. Quando Trapattoni fischiava la fine della seduta, papà mi chiamava e lì cominciava il vero divertimento, perchè giocavo a pallone con lui…
I ricordi della sua carriera sono custoditi a Morsasco, vicino ad Acqui Terme. E’ provincia di Alessandria, nella casa dei nonni materni, ne vado molto fiero. La domenica sera papá si rilassava lá, quell’ambiente gli restituiva tranquillità. Anche oggi, a distanza di anni, mi piace trascorrere giornate nella taverna: ci sono fotografie, articoli di giornale e le maglie che scambiava con gli altri giocatori.
Nel 25° anniversario della scomparsa, ho ricevuto tanti messaggi: da gente comune, ex compagni e pure nel mio ambito lavorativo. Mister Allegri e il suo staff mi hanno testimoniato la loro vicinanza a inizio settembre, in quei giorni particolari.
Ora sono sposato, ho due bellissimi bimbi e lavoro per la Juve, come responsabile dell’ufficio match analysis. Siamo in 4 e collaboriamo con lo staff dell’allenatore nello studio del calcio, dal punto di vista tecnico, tattico, fisico e statistico. Studiamo le partite della Juve e delle squadre avversarie.
Non so cosa avrei fatto se papà fosse sopravvissuto, magari il calciatore. Mi fermai in serie C, alla Pro Patria a 19 anni, dopo una sola stagione. Facevo l’esterno sinistro di centrocampo, alla Juventus avevo fatto il settore giovanile sino alla Berretti. Lasciai la società di busto Arsizio per studiare, mi sono laureato in scienze politiche.
Certamente papà sarebbe diventato un allenatore, incominciò affiancando Dino Zoff, l’amico di sempre, ma non credo sarebbe rimasto a vita come vice, anche se era alla Juve. Lo richiese la Reggina di Lillo Foti, lui preferì iniziare da secondo. Sono convinto che sarebbe diventato un grande tecnico, con il suo carisma.
Sono passati 25 anni. Lui per me è e sarà un modello che seguirò sempre. Mi ha insegnato tanto e continua a farlo, con il suo esempio.
testo raccolto da Vanni Zagnoli

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