Il Gazzettino, Ariedo Braida: “Io, da Precenicco ad assessore agli esteri del Barcellona. Testimone della partita della storia, ma non sono entrato negli spogliatoi. Zico e Dal Cin, Mazza e Pozzo, l’Udinese e il Milan”

Ariedo Braida (alfredopedulla.com)

Vanni Zagnoli
Anche un friulano è artefice di quel 6-1 unico, la sola rimonta in Europa da 0-4 esterno. Ariedo Braida è nello staff di direzione del Barcellona.
Da Precenicco, Udine…
“Già, il mio paese è a 6 chilometri dall’autostrada, esco a Latisana. Conservo forse cugini, lì, e torno giusto per omaggiare i parenti defunti. Giocai nell’Udinese, mezzo secolo fa, fra serie B e C, e poi per una e mezza sono stato ds, con la presidenza Lamberto Mazza. Quando arrivò Pozzo, nell’86, avevo già seguito al Milan Adriano Galliani, con cui iniziai da ds al Monza”.
E Zico?
“Portato da Franco Dal Cin, goduto anche da me. L’ho sentito quando è tornato al Friuli, ero stato a casa sua, in Brasile, ora torno a Milano per qualche giorno. Ah, dimenticavo, sono stato a Udine per Italia-Spagna under 19, l’amichevole di sperimentazione della Var, a rappresentare il Barcellona: ero nel ristorante con paron Giampaolo Pozzo e il sindaco. Sono rimasto friulano, mai me lo toglierò dalla pelle”.
Come ha festeggiato la remuntada della storia?
“Andando a dormire alle 3 e mezza. Un gruppo di 15 professionisti italiani erano qui. E’ stata la serata di Marco Verratti, al di là della beffa finale, e del torinese Francesco Calvo, direttore marketing del Barça, ex Juve”.
La cui ex moglie, la modella turca Deniz Akalin, ha dato un figlio ad Andrea Agnelli, dopo che per due volte era diventato padre con la nobile Emma Winter.
Ma senta, Braida, ma ora Luis Enrique ci ripensa e non lascia, dopo 4 stagioni?
“No, se ha detto che lascia non torna indietro. Conoscendo il personaggio, ha una parola sola”.
Lei è stato in spogliatoio?
“Non stavolta, ogni tanto entro. E’ come fossi l’assessore internazionale blaugranata: abbiamo il segretario tecnico, il direttore dello sport Albert Soler, ex ministro dello sport spagnolo, mio referente, e poi Oscar Grau, ad del club”.
Il Barça è paragonabile a quale società italiana? E il Real?
“E’ un mondo diverso, è come Cina e India, sono altre culture. Io abito al quartiere 3 torres”.
In quei 3’ più 5’ di recupero cos’ha pensato?
“Che era difficile, ma non impossibile, avevamo questa opportunità. E anche negli uffici, per una settimana intera, si respirava quell’aria magica: “Tengo l’illusion”, dicevano tutti.
Se il San Paolo oggi tiene 56mila spettatori, il Camp Nou?
“C’erano 97mila paganti. Il motto è “Mes que un club”, abbiamo 150mila soci. Ero con Shevchenko, a Parigi vide il presidente Josep Maria Bertomeu, perdemmo 4-0 e qualcuno all’inizio pensava avesse portato male…”.
Ma quei due rigorini?
“Sono un dettaglio, le cose possono uscire imperfette, le magie restare nel taschino, ma se il calcio è fatto bene, con passione, i risultati arrivano”.
Adriano Galliani all’uscita dal ristorante di Milano: “Avevo preso Unai Emery”. Poi Berlusconi preferì Pippo Inzaghi…
“Non c’ero già più, lascai oltre tre anni fa”.
Ma adesso l’allenatore spagnolo del Psg va irriso?
“No, perchè il Barça ha grandi giocatori, aveva solo perso una partita. Sembrava che il nostro valore fosse sceso da 1000 a 10, per una semplice serata storta. Il calcio è alchimia totale, non solo colpi di
Iniesta, Messi e Neymar. Il brasiliano gioca come fosse scalzo, ragazzino. E Sergi Roberto, bocciato dal Parco dei Principi, incarna l’orgoglio catalano”.

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