L’identificazione del giornalista con una squadra, una città, il pubblico

La firma inflazionata, il volto inflazionato. Il pubblico vuole vedere in tv personaggi esclusivi, in cui identificarsi. Così, nelle tv locali, il giornalista dev’essere di fatto comunque affezionato davvero, seguire quella squadra pressochè in esclusiva. Di testata, ma anche di passione, perchè essere trasversale a tutto, come voglio fare io, non va bene.

Dal giornalista veramente nazionale lo accetti, da me no. Se interviene il giornalista della Gazzetta dello Sport o di Sky, accetti il suo essere superpartes e magari la sua simpatia per la squadra della città dove interviene. Da me, invece, no.

“Vanni, tu tieni per troppe squadre”, mi disse un caro amico, pochi anni fa.

Io tengo per tutte le squadre che voglio, mi occupo di tutto ciò che voglio. La passione, ovviamente, è fraintesa. Ciascuno nella propria città, nel proprio alveo, seguendo il pensiero di editore, direttore, caporedattore, redazione, anche della società sportiva. Questo è l’ideale. il libero pensatore dà un enorme fastidio.

E quella voglia di far ridere, a tutti i costi, di strappare il consenso.

E quella presunzione che hanno alcuni opinionisti, persino di fare i politici, di insegnare politica e vita ai politici di professione.

Certo, anch’io ho le mie idee, ma il mio essere tuttologo mi fa pensare, sempre. “Facile criticare, io farei peggio, in tanti farebbero peggio”. O no?

 

 

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