Federico De Carolis, una vita al Corriere dello Sport, anche da inviato in Emilia: “Parma, non rinunciare a un pezzo del Regio. La crisi di una piccola Parigi, dal calcio alla lirica”.

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Federico De Carolis, oggi, a Silvi Marina, provincia di Pescara

(v.zagn.) E’ un’emozione ospitare un grande amico, Federico De Carolis, pescarese per una vita inviato del Corriere dello Sport-Stadio. Visto, salutato decine di volte, da Piacenza a Cesena. Da alcuni anni è in pensione, è il padre di Guido De Carolis, caposervizio al Corriere di Bologna. Credo sia tornato a vivere in Abruzzo, da grande firma mi regala un intervento sul Parma vicino al fallimento.

 

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Il Teatro Regio

Parma, le Coppe, gli Usa per vendere latte agli americani, la squadra più signorile del mondo. Da Ceresini a Tanzi che, forse non ha mai voluto vincere uno scudetto, che ha fatto di tutto e di più in negativo, ma non nel Parma .Ricordi che ti assalgono e ti riportano indietro nel tempo. Rivivi la tua gioventù con le ore che sembravano non scorressero mai, le avventure con i colleghi in ogni parte d’Europa, persino in Israele. Parma, la città che primeggia in tutti i settori dell’alimentare, che è ricca, che ha l’emblema della Barilla a riassumere le sue capacità e le sue potenzialità, non solo economiche, ma di intelligenza. Parma, la società sull’orlo del fallimento sembra che nessuno l’abbia a cuore. Non è così. Ricordo quei tifosi passionali al punto giusto, attaccati a quella maglia forse più degli altri ma anche più educati, mai in evidenza per episodi negativi. E poi, quella città silenziosa e signorile che aveva imparato a amare la sua squadra seppure con una scarsa partecipazione, certo con grande, silenziosa fierezza. Si svegliava e accorrevano al Tardini tutti insieme appassionatamente quasi come per una “prima”. No, al Parma che deve fallire e scomparire non posso e non voglio credere, ma non posso credere neppure a un signore qualsiasi che metta mano ai cordoni della propria borsa e tiri fuori 50 milioni per salvare il tutto. A meno che non si chiami Manenti che ci prova sempre aprendo il cuore alle speranze per turlupinare poi, tutti. Non c’è più il ricco scemo e come si dice da sempre: i soldi sono come il mal di pancia e chi ce li ha se li tiene. Ma deve essere davvero e solo così? Intanto si potrebbe creare una cordata di imprenditori che vadano in Banca e senza tirare fuori il becco d’un quattrino si impegnano, poi c’è solo da affidarsi alla Magistratura. Un Giudice bravo e sensibile può spianare la strada a nuovi soci e evitare il fallimento e la retrocessione in serie D. Un giudice bravo, bravissimo come quello che salvò il Bologna agli inizi degli anni ’90. Esaminò la situazione, compì gli atti giuridici necessari e il Bolgona finì nelle mani di Gazzoni Frascara che iniziò un ciclo, conclusosi già da qualche anno quando i nuovi hanno mostrato la propria incapacità. Il Bologna, ricordo benissimo, Gazzoni lo prese in serie C. Adesso potrebbe anche tornare a essere una grande squadra con gli americani e i canadesi. Il Parma, per di più, può essere preso in serie B. Basta presentarsi con estrema serietà a un Giudice illuminato, sono in molti disponibili a sentire la gente per tanti problemi figuriamoci per uno come questo, qualcuno ama anche lo sport e forse il calcio e il Parma in particolare, vedere cosa si nasconde nell’immane matassa di debiti. Soprattutto come si possa ripartire senza perdere il titolo e senza investire 50 milioni in niente. La situazione è intricata, non più però di quella del Bologna anche se lì, allora non c’erano 100 miliardi di deficit, ma appena 6. Gazzoni ripartì senza nessun giocatore, tranne quelli che, liberi, decisero di restare. A Parma si può fare lo stesso, o almeno si può tentare. E bisogna farlo perché il Parma se non era diventato come il Regio, rappresentava una gloria e uno dei punti di riferimento per la città e per tutte le sue categorie di cittadini.

Federico De Carolis

 

 

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