Il Giornale. Ghirardi dovrà giustificare i 200 milioni di debiti creati negli 8 anni di presidenza, a lungo rintuzzò solo le critiche.

 

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Tommaso Ghirardi

Vanni Zagnoli

Parma

Adesso qualcuno riprenderà a scherzare, su Tommaso Ghirardi, indagato ufficialmente anche se non ancora avvisato. Anni fa, per due volte, se la prese molto quando venne definito “tondo imprenditore del tondino”, in una circostanza fece chiedere un’intervista riparatoria su un’altra testata. Aveva l’abitudine di far scrivere o telefonare ai direttori dei giornali, quando leggeva critiche normali ma per lui fastidiose. O quando erano intervistati personaggi che non gli piacevano. Adesso l’ex presidente dovrà spiegare come ha creato la voragine milionaria nei conti, risponderà di bancarotta fraudolenta. Non è stato informato perchè ancora non ha bisogno di un legale, lo sarà appena verrà eventualmente effettuata una perquisizione, nella sua villa di Carpenedolo, oppure nella Leonessa, l’azienda della madre, Gabriella Pasotti, o magari quando servirà un sequestro preventivo di beni. Risponde per sms con un semplice “Crepi” al nostro “in bocca al lupo”. Perchè ne ha bisogno.

Il fascicolo di indagine non è più anonimo, probabilmente non lo era neppure due settimane fa, quando il procuratore Rustico non confermò nè smentì la presenza di indagati. Ghirardi aveva creato un debito di 200 milioni lordi, se la vide brutta e tre mesi fa lasciò a Taci. All’albanese probabilmente non raccontò tutta la verità e allora il petroliere se la vide altrettanto brutta e non pagò i 10 milioni pattuiti. L’imprenditore bresciano gli farà causa, ma intanto deve giustificare i 18 milioni di debiti con l’erario, i 48 nei confronti delle banche, al di là dell’udienza fallimentare in tribunale prevista senza di lui, il 19. Gli indagati sono numerosi, magari con ruoli e imputazioni marginali, i nomi verranno diffusi nel tempo, è però inevitabile pensare all’ex ad Pietro Leonardi, retrocesso a direttore generale, da dicembre, con i 4 presidenti che si sono succeduti, e dimessosi due sere fa. “E’ ricoverato in una clinica toscana – ci confessava il dt Antonello Preiti, sabato alla conferenza stampa di Donadoni -, per ipertensione e forte stress”. Colpa della retrocessione imminente, di nuovi proprietari che non appianano il buco e magari anche del timore di finire nei guai. Questo pensano i tifosi parmigiani.

Ghirardi è presidente dal 2007, sino al 2012 movimentava in media 81 tesserati a stagione, un numero ancora ragionevole, nelle ultime 3 era passato a 325 per campionato, secondo la strategia proprio di Leonardi. Saranno setacciate plusvalenze e spese sospette, percentuali di stipendi legati a diritti di immagine gonfiati, incentivi all’esodo (ovvero ad accettare le cessioni) ritardati o magari non pagati, approfittando della pazienza di calciatori riconoscenti alla piazza. Il lavoro è infinito, per finanza e procura, anche soltanto su quei 1382 contratti movimentati dal Parma di Ghirardi: già sono saltati i vertici provinciali delle fiamme gialle, l’indagine penale passa al tenente colonnello Carlo Pasquali, ex comando di Bologna, e i magistrati Dal Monte, Amara e Ausiello verificheranno se fondi siano stati distratti dalle casse emiliane.

Ieri, intanto è andata deserta l’asta per la panchina e gli armadietti usati dai crociati al Tardini e per gli oggetti portati via da Collecchio. Da Napoli, infine, il presidente del Coni Malagò ribadisce che, con questo Parma, il campionato è quantomeno anomalo. Come la condotta di Ghirardi.

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