Il mental coach Panicucci spiega il criterio delle sue pagelle e va oltre il mercato: “Meglio lavorare sui singoli, piuttosto che scambiare i giocatori”.

 

Diego Panicucci

Concentro la mia attenzione sugli aspetti che possono caratterizzare la performance del singolo giocatore e della squadra stessa, senza soffermarmi su aspetti tecnico/tattici che non fanno parte del mio lavoro.

Utilizzo la stessa dinamica e lo stesso modus operandi dalle società calcistiche del nostro campionato maggiore. Tutte sono in questo momento impegnate a tracciare un primo bilancio del campionato in corso e concentrandosi esclusivamente su aspetti numerici lasciano spazi aperti a valutazioni che meriterebbero maggiore attenzione.
Ritengo che la strategia possa essere anche diversa, avere più chiavi di lettura e quindi di sviluppo. Mi riferisco all’atteggiamento che le società adottano per migliorare la qualità della propria squadra, ovvero la resa sul campo, i risultati.
Tutte cercano di migliorarsi attraverso il mercato, sistema di vendita e acquisto di nuovi giocatori, sostituendo chi non ha reso come avrebbe dovuto e quindi investendo su nuovi e collaudati atleti che possano garantire un certo risultato in termini numerici.
Questo va a discapito magari di quei giocatori che hanno del talento ma in questa finestra di campionato, per qualche ragione, possono aver riscontrato difficoltà nell’esprimere il proprio valore totalmente, parlo per esempio dei giovani, sono molti, forse troppi quelli a cui non viene dato un tempo per crescere, per poter sperimentare e ampliare il proprio talento, le proprie capacità.
Questi ragazzi spesso si trovano nella condizione di dover dimostrare tutto e subito, senza poter avere a disposizione un tempo di maturazione del tutto normale. Facendo cosi chiaramente, esplode solo chi ha realmente un talento fuori dal comune, chi può realmente definirsi un top player, leggi Del Piero, Totti, Buffon, Maldini…

Ma per tutti gli altri, comunque ottimi giocatori non resta che, spesso, fare le valige e cercare di sviluppare le proprie capacità lontano da terreni di gioco cosi prestigiosi con, dato molto rilevante, spogliatoi fatti di campioni che con ogni probabilità potrebbero garantire una qualità di maturazione del tutto superiore rispetto alla squadra magari di serie inferiore che potrebbe tentare di investire sulla loro crescita. Quindi, un occhio al mercato è normale, ma lancio una provocazione, come e quanto potrebbe cambiare un giocatore se affrontasse seriamente un lavoro personalizzato sul proprio potenziale e sulle sue capacità?

Siamo proprio sicuri che convenga ancora seguire la strategia di spendere soldi solo e soltanto nel mercato e in maniera smisurata a volte senza pensare alla possibilità di fare un lavoro diverso e mirato sulle capacità di questi ragazzi?

 

 

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