Io, da ore bloccato in macchina, in mezzo alla strada, a Reggio: “Dal nostro inviato involontario in mezzo alla neve”

Niente paura, canta Ligabue. Massì, in fondo c’è di peggio. Penso a chi lavora per tenere la città in condizioni di agibilità.

Dunque, esco come spesso, la notte, leggo i giornali del giorno prima, mangio, raccolgo due belle esclusive, ma belle sul serio, ma intanto nevica. Vorrei andare a intervistare la polizia municipale: “Siamo solo in due, non le aprirei”.

Questo alle 3.

Va beh, finisco la registrazione, audio, l’intervistato vuole ascoltare, rientro a casa.

Allora sono in via fratelli Rosselli, alle porte di Reggio. Faccio per girare in via Mazzoli, la strada di casa mia. C’è un bel muretto di neve, azzardo. Niente. La mia Bmw 320 ha le gomme termiche, ha solo 4 anni, c’è una pianta in mezzo alla strada, non posso esagerare. Rovino intanto le gomme. Chiamo i vigili del fuoco: “Abbiamo 100 emergenze più importanti della sua”.

Carabinieri. Li avevo trovati pochi prima in sala giochi. Provano con le scarpe a farmi spazio, la neve è incastrata sotto la scocca.

Un’ora e passa così. Dai e dai, almeno esco dalla carreggiata principale, c’era il posteriore, c’era il rischio di finire investiti.

Avanzo di quel tanto sufficiente a immettermi nella strada di casa mia. La pianta è alla mia sinistra, non posso esagerare nell’accelerazione, aspetto che passino a fare la neve perchè non riesco a muovermi. Vado a casa a piedi, rischio distorsioni più volte, devo caricare il telefonino, mi manca il filo.

Vado in bagno, prendo un pizzico di betabloccante. Passano le ore, sono abituato a scrivere in macchina, vorrei anche dormire. C’era un vicino a presidiare la mia auto, chissà quando arriveranno.

Niente paura.

Cronaca epifaniche, mi viene in mente un libro di Francesco Guccini.

Passa una vicina civittuola, con un’utilitaria entra in contromano e credo abbia raggiunto casa, quel rettilineo di mezzo chilometro pare infinito. Io qua, con il mio macchinone, fermo. Le gomme quasi fumavano, i carabinieri hanno preferito non provare il cambio automatico.

Niente paura.

Sovvengono le immagini viste in diecimila film, citazione di Guccini. O meglio, dall’America. L’America era “life”, diceva il maestrone in Amerigo. Oggi mi sento un po’ così, Caboto, esploratore.

“Viaggiatori di media eclisse, spettatori sempre seduti”.

Chi sa le canzoni di Guccio a memoria mi capirà.

Scendo dalla macchina, mi metto per traverso per fermare due spazzaneve. Le priorità sono altre.

Va beh, ha ragione un mio vicino di casa, Nicola Magliulo: “Se non scrivi quel che sta succedendo ti levo il saluto”.

Va beh, certo, scrivo, ma poi mica è detto che mi pubblichino.

In fondo chissà quanti reggiani sono nelle mie condizioni.

“Arriviamo”.

Mi fanno compagnia la radio e i brani di Ivano Fossati.

Vorrei anche dormire. Va beh, posticiperò la sveglia.

Il diario del perfetto viaggiatore, del cronista d’assalto assaltato dalla neve proseguirà forse su qualche testata seria.

Chissà come finirà, poi.

Dal nostro inviato involontario in mezzo alla neve.

 

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