L’anarchia nella comunicazione resta la cosa più bella del mondo

Ho il numero, mi procuro il numero, faccio l’intervista. Direttamente con il personaggio, senza intermediazioni, senza chiedere permesso, concordare, impazzire.

Per me non è un problema di rimpiangere il passato. E’ che in genere il personaggio è disponibile, è chi ci gira intorno, chi lavora in un ufficio stampa, piccolo o grande che sia, crea falsi problemi. Il controllo su quanto esce, l’ascoltare quanto esce, l’impedire le interviste al telefono, se non al tal telefono, alla data ora, nel tal posto, nel tal contesto.

Nell’èra della comunicazione globale, qualsiasi personaggio che abbia un pizzico di interesse nazionale è in grado di distinguere l’importanza della testata, la qualità dell’interlocutore. Spesso trovo una barriera che trovo esagerata, a volte è proprio assurda.

Capita che un grande opinionista televisivo di sport tesserato per la tal società venga fermato anche quando non deve parlare della società dove lavora, magari in campo giovanile.

E comunque si può tranquillamente confezionare pezzi di qualità, di interesse, prescindendo dal colloquio con l’interlocutore.

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